La visita del Papa ad Aparecida e gli indios
Risposta del presidente della Conferenza Episcopale dell’Equador
(trad. sintetica di fausto m.)
Un commento
Chissà! Forse Bartolomeo de las Casas si rivolta nella tomba a sentire certe dichiarazioni ufficiali, le quali, invece di "aggiustare il danno", ne fanno uno più grande. Perché non chiedere il parere agli interessati, magari ai 15 milioni di indios sterminati con la spada e con la croce, in soli vent’anni di "evangelizzazione" (1560-1580)? *
APARECIDA, 21.5.2007 (ZENIT.org).- La Chiesa cattolica è stata protagonista della liberazione degli indigeni in America Latina, dice il presidente della Conferenza Episcopale Equadoriana, in risposta alle critiche contro Benedetto XVI.
Mons. Nestor Herrera, vescovo di Machala - secondo l’Agenzia Zenit - fa riemergere la verità storica, rispondendo alle accuse rivolte al papa da Humberto Cholango, presidente della Confederazione dei Popoli della Nazione Kichwa, dell’Equador, che afferma: «Rigettiamo energicamente le dichiarazioni fatte dal sommo Pontefice per quello che si riferisce alla nostra spiritualità ancestrale».
Il papa aveva detto nel discorso di inaugurazione del Celam: «l’utopia di tornare a rivitalizzare le religioni pre-colombiane, separandole da Cristo e dalla Chiesa universale, non sarebbe un progresso, ma un retrocesso. In realtà sarebbe un’involuzione verso un momento storico ancorato al passato». E anche: «La sapienza dei popoli aborigeni li ha felicemente condotti a formare una sintesi tra le loro culture e la fede cristiana che i missionari gli hanno offerto. Da lì è nata una ricca e profonda religiosità popolare, nella quale si evidenzia l’anima dei popoli latino-americani».
Cholango ha approfittato per esprimere la sua solidarietà ai presidenti Evo Morales, della Bolívia, Fidel Castro, di Cuba e Hugo Chávez, del Venezuela. Mons. Nestor replica: questa dichiarazione «non mi stupisce, data l’alienazione politica di questi leaders indigeni. Mi da l’impressione che si pretende dimenticare che la Chiesa cattolica è stata una forza propulsiva della loro liberazione. Questo è molto chiaro in Equador e non solo perché molti membri della Chiesa difendono, con Mons Leônidas Proaño (1910-1988), il diritto dei popoli indigeni di essere padroni del loro destino, ma anche perché gli attuali dirigenti sociali e politici degli indigeni sono stati educati dalla Chiesa. E sono stati appoggiati con lealtà in occasione dei cinquecento anni della loro resistenza. Il Santo Padre parlava ai vescovi da una prospettiva profonda della storia, su un piano teologico, che non trascura di ponderare l’importanza delle "ricche tradizioni religiose" degli antepassati indigeni. Il papa fa risaltare che non c’è stata "l’imposizione di una cultura straniera", perché nessuno può arrivare alla fede attraverso l’imposizione e il vangelo è al sopra delle culture. Lo stesso Santo Padre ha deplorato molte volte le ombre e le ingiustizie del passato. Ma non possiamo vedere soltanto le ombre. Ci sono più luci che ombre, fin dall’inizio dell’evangelizzazione in America, dove l’autentico sentimento cristiano di molti è stato il primo e constante difensore degli indigeni".
* IL DIALOGO, Mercoledì, 23 maggio 2007