Don Gino Gallo: «La Chiesa non sia arrogante. Ma ho fiducia in Bagnasco» Roberto Monteforte *
«È l’ora della speranza. Il tempo del partito di Dio, dell’era ruiniana è finito. Ci vorrà del tempo, ma la linea di monsignor Bagnasco è quella di una Chiesa più pastorale e collegiale». Parla don Gino Gallo, prete da 48 anni. L’uomo di Chiesa che non ha timore di dire la sua. Di esprimere il suo dissenso. Lo ha fatto nei tempi del divorzio. Ora vive il disagio della Nota Cei sui Dico. Ma è fiducioso.
Perché la preoccupa quel pronunciamento?
«Parlo come uno che ama la sua Chiesa. Negare la pluralità dei valori presenti anche in una società secolarizzata o non cristiana, significa contraddire l’insegnamento evangelico. Già il Concilio Vaticano II aveva sottolineato la distinzione tra le competenze della religione e della società politica, ribadita da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI. Papa Ratzinger lo dice chiaramente: la Chiesa non deve imporre ai non credenti una prospettiva di fede o modi di comportamento che appartengono ad essa. La Chiesa non si può porre come gruppo di pressione, che si presenta con intransigenza arrogante, in contrapposizione a una società giudicata malsana e priva di valori. Non è con questo giudizio di disprezzo dell’altro, ritenuto incapace di etica, o misconoscendo la pluralità dei valori presenti anche nella società non cristiana, che si può stare nella storia. La Chiesa ha assolutamente il diritto di intervenire e ribadire i suoi principi. Il problema è quello del modo, dello stile che sembrano alimentare lo scontro tra clericali e anticlericali. Deve difendere la famiglia, ma non fomentare inimicizie, né tanto meno farsi percepire lontana nella misericordia a quanti percorrono sentieri difficili nella ricerca dell’amore. E mostrare attenzione alla sofferenza degli uomini e far risultare l’amore e il bene presenti anche in situazioni giudicate moralmente non conformi all’etica cattolica e dare testimonianza a tutti della “Buona notizia”».
Come giudica il richiamo della Cei ai politici cattolici?
«I vescovi devono mostrare fiducia nei deputati cattolici. Non umiliarli o tenerli sotto tutela. Si parla di libertà di coscienza e si dice che in nome di questa libertà non bisogna votare questo o quello. Ma questa è dittatura di coscienza. È la dittatura del principio di soggettività. Così il deputato non si fa carico di alcuna responsabilità collettiva. La politica è mediazione. Una coscienza che non assuma nessuna responsabilità sociale è un po’ troppo ristretta per essere retta a principio della decisione. Se poi alle sue spalle vi è l’obbedienza a principi posti come vincolanti dalle autorità religiose, allora si giunge a quella autolimitazione della responsabilità conosciuta da quelli della mia età in epoca dittatoriale».
Quei vincoli vengono posti...
«Ma è Benedetto XVI a dirlo: la Chiesa si deve fermare al pre-politico e al pre-economico. Solo così la profezia si fa ispiratrice di soluzioni tecniche che spettano ai cittadini, cristiani e non cristiani, tutti chiamati a pari titolo con gli stessi diritti e doveri a concorrere alla costruzione della Polis. Il 12 maggio si celebra la festa della famiglia che è il culmine dell’amore, negando i diritti di tanti altri, di un pluralismo etico. È possibile?».
Lo chiedono i vescovi...
«La Nota sui Dico annunciata da Ruini era cosa già fatta. La si è potuta solo moderare nei toni. Ma per la Chiesa sono felice. Con monsignor Bagnasco vi sono segnali nuovi. Nella lettera che gli ha inviato il segretario di Stato cardinale Bertone, vi era la richiesta di maggiore collegialità,pastoralità e meno politica. Sono punti chiave che esplicitano tutto il mal contento che si respirava sotto la cappa di quel riuniano “partito di Dio”, del cattolico intransigente e arrogante, crociato di valori”. Alla Cei si chiede di essere un organismo vivo, meno burocratico, collegiale. Sono sollecitazioni che Bagnasco è pronto a recepire. È una svolta attesa da tanti cattolici costretti al silenzio, all’anonimato. Sono teologi, preti, religiosi. Siamo davanti ad un impoverimento del cattolicesimo italiano che non può non preoccupare i vescovi. Bagnasco lo ho conosciuto da giovane prete. Ha preparazione, profondità e spiritualità che mi ricordano quella di Papa Luciani. Mi dà fiducia. Non è certo per una Chiesa lobby, potente nelle finanze, schierata con il centrodestra, sempre pronta agli irriducibili scontri frontali. È la fine dell’era Ruini».
* l’Unità, Pubblicato il: 30.03.07, Modificato il: 30.03.07 alle ore 8.23