Nuovo attacco sulle coppie di fatto del presidente Cei e arcivescovo di Genova. "Maggioranze vestite di democrazia possono diventare antidemocratiche"
Bagnasco: "Diciamo no ai Dico
come a incesto e pedofilia"
Secondo il numero uno dei vescovi difficile dire ’no’, "se cade il criterio antropologico dell’etica che è anzitutto un dato di natura e non di cultura" *
GENOVA - Perché dire no, oggi a forme di convivenza stabile alternative alla famiglia, ma domani alla legalizzazione dell’incesto o della pedofilia tra persone consenzienti? L’interrogativo, destinato a rinvigorire ulteriormente la polemica sui Dico, è stato posto dall’ arcivescovo di Genova e presidente della Cei, monsignor Bagnasco, durante un incontro nella serata di ieri con gli animatori della comunicazione della diocesi.
"Nel momento in cui si perde la concezione corretta autotrascendente della persona umana - ha affermato Bagnasco -, non vi è più un criterio di giudizio per valutare il bene e il male e quando viene a cadere un criterio oggettivo per giudicare il bene e il male, il vero e il falso, ma l’unico criterio o il criterio dominante è il criterio dell’opinione generale, o dell’opinione pubblica, o delle maggioranze vestite di democrazia - ma che possono diventare ampiamente e gravemente antidemocratiche, o meglio violente - allora è difficile dire dei no, è difficile porre dei paletti in ordine al bene".
"Perché - ha proseguito l’arcivescovo di Genova - dire di no a varie forme di convivenza stabile giuridicamente, di diritto pubblico, riconosciute e quindi creare figure alternative alla famiglia? Perché dire di no? Perché dire di no all’incesto come in Inghilterra dove un fratello e sorella hanno figli, vivono insieme e si vogliono bene? Perché dire di no al partito dei pedofili in Olanda se ci sono due libertà che si incontrano? E via discorrendo, perchè poi bisogna avere in mente queste aberrazioni secondo il senso comune e che sono già presenti almeno come germogli iniziali".
"Oggi ci scandalizziamo - ha concluso il presidente della Cei - ma, a pensarci bene, se viene a cadere il criterio antropologico dell’etica che riguarda la natura umana, che è anzitutto un dato di natura e non di cultura, è difficile dire ’no’. Perché dire no a questo a quello o a quell’altro. Se il criterio sommo del bene e del male è la libertà di ciascuno, come autodeterminazione, come scelta, allora se uno, due o più sono consenzienti, fanno quello che vogliono perché non esiste più un criterio oggettivo sul piano morale e questo criterio riguarda non più l’uomo nella sua libertà di scelta ma nel suo dato di natura".
* la Repubblica, 31 marzo 2007