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Memoria dell’"Alleanza di fuoco"

A QUANDO L’AFRICA? Joseph Ki-Zerbo (Toma, Alto Volta, 1922 - Ouagadougou, Burkina Faso, 2006). Il più grande storico dell’"Africa nera" nel ricordo di Eugenio Melandri - a cura di pfls

«La coscienza è la responsabilità. È la guida che governa il focolare incandescente dello spirito umano».
sabato 31 marzo 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Un uomo che ha creduto fino in fondo all’unita’ africana. "Un proverbio burkinabe’ dice: ’i legni bruciano solo quando stanno vicini’. Noi ora siamo divisi e nessun paese da solo puo’ farcela ad uscire dalla crisi. Dobbiamo unirci per accendere il fuoco. Solo allora potremo dare un colore nuovo all’arcobaleno".
[...]
Wikipedia

EUGENIO MELANDRI RICORDA JOSEPH KI-ZERBO * (...)

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> A QUANDO L’AFRICA? Joseph Ki-Zerbo (Toma, Alto Volta, 1922 - Ouagadougou, Burkina Faso, 2006). Il più grande storico dell’"Africa nera" nel ricordo di Eugenio Melandri - a cura di pfls

domenica 1 aprile 2007

JOSEPH KI-ZERBO: CI HANNO RUBATO L’INDIPENDENZA *

E’ l’Africa della fame. Delle guerre infinite. Del debito. Dei bambini soldato. Dello sfruttamento dei minori. Della maledizione dei diamanti e dell’oro. Di multinazionali senza scrupoli. Delle medicine che mancano. Dei dirigenti politici legati solo al potere. Dell’informazione negata. Ma e’ anche l’Africa della speranza, del sogno per un domani migliore.

E’ l’Africa per cui, oggi, tanti intellettuali, politici e missionari continuano a sostenere che l’unica soluzione al problema sia una nuova colonizzazione. Joseph Ki-Zerbo, storico del Burkina Faso, sposta il tiro e dice senza mezzi termini: "Altro che nuova colonizzazione, qui ci hanno rubato l’indipendenza".

Per parlare dell’Africa bisogna conoscerla. Bisogna esserci nati. Bisogna conoscerne a fondo i problemi e la loro origine.

Ecco che, allora, quando si incontrano persone come Ki-Zerbo, non si puo’ rimanere insensibili al suo modo di raccontare i problemi dell’Africa. Un continente senza segreti. Almeno per uno come lui.

-  "Solidarieta’ internazionale": Tutti dicono che l’Africa ha grandi problemi. soprattutto di convivenza; c’e’ stata la guerra dei Grandi Laghi, quella tra Etiopia ed Eritrea, c’e’ la situazione del Sudan, c’e’ la guerra civile in Sierra Leone; perche’ succedono tutte queste cose?

-  Joseph Ki-Zerbo: Ritengo che in primo luogo sia per via di una situazione che e’ stata gestita male sin dall’inizio. Tutto cio’ che accade oggi era prevedibile. Si puo’ dire che la decolonizzazione e’ stata fatta male o per niente. Il peccato originale risale al momento dell’indipendenza africana. Ci si e’ accontentati delle apparenze dell’indipendenza, ovvero dei segni esterni come lo sviluppo macroeconomico, la democrazia tramite le istituzioni, le assemblee, le elezioni e i partiti multipli. I problemi dell’Africa non sono stati posti in profondita’ in modo sostanziale. E non e’ sorprendente raccogliere questi frutto oggi. Dunque, non bisogna credere che tutto cio’ accade per caso e, soprattutto, non bisogna trasferire le colpe attuali alle presunte incapacita’ congenite degli africani, della "razza" e di non so quali inattitudini fondamentali. Penso ai conflitti e penso alla pace. La pace e’ qualcosa di fondamentale che ha un ruolo su tutti gli altri aspetti, dallo sviluppo alla democrazia.

-  "Solidarieta’ internazionale": Quando ci fu l’indipendenza negli anni ’60, c’erano in Africa grandi uomini come Lumumba, Kenyatta, Nyerere; cosa e’ successo? Perche’ la presenza di questi personaggi non ha significato un’evoluzione positiva della democrazia?

-  Joseph Ki-Zerbo: Molto spesso gli uomini piu’ grandi sono stati contrastati. Non li hanno lasciati agire nella loro ricerca dell’unita’, che ritengo sia un’altra condizione fondamentale per lo sviluppo africano.

-  "Solidarieta’ internazionale": Perche’ l’unita’ non e’ riuscita?

-  Joseph Ki-Zerbo: Faccio un riferimento storico. Prima del referendum del settembre 1958 che doveva sancire, in Guinea, la scelta tra l’indipendenza immediata e la nascita di una comunita’ franco-africana, De Gaulle disse ai cittadini queste precise parole: "se volete l’indipendenza prendetevela, la Francia non fara’ nessuna opposizione". Ebbene, quando gli abitanti della Guinea hanno scelto l’indipendenza, la Francia ha reagito e li ha puniti. Come? Togliendo tutta l’assistenza tecnica francese da un giorno all’altro. Tutti gli insegnanti, tutti gli ingegneri, i medici, gli amministratori. Tutto.

-  "Solidarieta’ internazionale": Cosa significava?

-  Joseph Ki-Zerbo: Che si voleva uccidere l’indipendenza. Cio’ ci fa capire che non c’era sincerita’ ma ipocrisia. E, come oggi, c’e’ l’ipocrisia nell’aiuto, anche umanitario. Io stesso, insieme ad altri tecnici africani, siamo andati in Guinea per sostituire le persone tolte. Per fare questo ho dovuto abbandonare la mia carriera di insegnante a Dakar. Ci avevano chiesto aiuto per dimostrare che l’Africa poteva camminare con le proprie gambe e si meritava l’indipendenza. Ma dietro c’era una grande inganno. Al momento di lasciare le nostre terre - lasciare per rimanere - gli europei avevano smantellato le strutture federali che avevano installato durante la colonizzazione. Erano le uniche strutture che avrebbero permesso ai Paesi africani di essere vivibili, validi e credibili.

-  "Solidarieta’ internazionale": Perche’ gli europei hanno distrutto cio’ che ritenevano necessario mentre loro stessi stavano li’?

-  Joseph Ki-Zerbo: Porto ad esempio un fatto che ho vissuto in prima persona. Ho assistito, nel 1964, alla distruzione del muro che simboleggiava la frontiera tra il Ghana e l’Alto Volta. Distruggere questo muro significava abolire le barriere. Per tutta risposta, i francesi hanno minacciato che non volevano questa unione tra due stati africani. Era loro interesse dividere i popoli. Se prendiamo la mappa dell’Africa, vediamo che ci sono tanti popoli cosi’ tanto mescolati e senza barriere. Perche’? I popoli sono sempre vissuti cosi’ gli uni con gli altri. Con molti matrimoni misti, con molte guerre e conflitti ma c’era un equilibrio permanente che ha consentito di attraversare i secoli. Ci sono state guerre, ovviamente, ma non erano distruttive come quelle di oggi con le armi che ci sono adesso. Non solo i kalashnikov ma armi piu’ terribili, comprese le bombe anti-persona. Oggi mancano sia l’equilibrio che l’unita’.

-  "Solidarieta’ internazionale": Che senso ha lo Stato in Africa?

-  Joseph Ki-Zerbo: No, non ci sono ancora dei veri e propri stati. In qualche posto ci sono degli inizi, delle approssimazioni di stato. Per stato va inteso un bene comune superiore. Lo stato ha bisogno di un certo spazio, di una certa capacita’ di sostenersi materialmente e fisicamente. Si parla sempre di stato nazionale; lo stato non e’ una struttura puramente fisica che si puo’ impiantare con tranquillita’ dall’Europa all’Africa come un organo. C’erano degli stati tradizionali in Africa che hanno attraversato i secoli. Ad esempio, lo stato Moussi nel Burkina Faso, che e’ presente dal XV secolo con continuita’. E se oggi lo stato nel Burkina Faso dovesse sparire, posso garantire che lo stato Moussi continuera’ a vivere. Il grosso problema in Africa e’ la presenza dello stato illegittimo, dello stato che non e’ bene comune. Un bene comune che e’ diventato rapidamente il bene dei poteri forti. Ci sono delle direzioni di stati africani che sono delle vere e proprie organizzazioni mafiose: vendono armi per raccogliere diamanti, oro e droga. Lo stato legittimo e’ il bene del popolo. Chi e’ il popolo? E’ l’etnia, e’ la nazione, la micronazione.

-  "Solidarieta’ internazionale": Qual e’ il concetto di etnia in Africa?

-  Joseph Ki-Zerbo: E’ un concetto manipolato dagli europei. I colonizzatori hanno costruito delle etnie per i loro interessi laddove non esistevano etnie. Basta pensare che il Ruanda e il Burundi, prima della colonizzazione, erano due stati-nazione in preparazione. Quando c’era una guerra tra il Burundi e il Ruanda, i tutsi e gli hutu ruandesi lottavano insieme contro i tutsi e gli hutu burundesi. Quindi, questi due stati-nazione in preparazione trascendevano dal riferimento alle etnie. Invece, gli europei hanno seminato il seme per aizzare gli hutu contro i tutsi che avevano convissuto per ben quattro secoli, dimostrando di poter essere stabili tra loro. Nel loro equilibrio e’ stato trapiantato il paradigma della gerarchia delle razze. I belgi sono venuti con questo concetto: prima ci sono i bianchi, dopo i tutsi, poi gli hutu e i batwa. Cio’ ha fatto prendere una coscienza infelice tra gli hutu e un complesso di superiorita’ tra i tutsi, i quali erano gli unici scelti per ricoprire incarichi di vescovi, ufficiali nell’esercito e amministratori. Ecco il punto. Penso che le realizzazioni pre-coloniali, che avevano i loro difetti, sono state distrutte o messe da parte. I colonizzatori hanno voluto ricostruire da zero facendo tabula rasa, come se l’Africa non avesse realizzato nulla prima. Adesso e’ tardi. Perche’ a un capo di stato che ha imparato ad essere onorato come un dio e’ difficile fargli cambiare idea.

-  "Solidarieta’ internazionale": Qualcuno dice che tutte le ricchezze, i diamanti, l’oro, ecc., siano una maledizione per l’Africa...

-  Joseph Ki-Zerbo: Si’, tutto dipende dall’uso che se ne fa. Le risorse naturali sono delle risorse ma non delle ricchezze. La ricchezza e’ gia’ un riferimento all’essere umano. Non ci sono ricchezze di per se’. Il problema si pone quando tutte le risorse naturali vengono accaparrate da un’unica persona e vanno considerate quindi delle ricchezze personali. Ho sempre detto che bisogna trasformare le risorse naturali in ricchezza nazionale.

-  "Solidarieta’ internazionale": Allora il problema e’ trasformare la risorsa in ricchezza?

-  Joseph Ki-Zerbo: Si’. Ma vede, ad esempio, e’ cio’ che diciamo spesso durante le conferenze: e’ il Consiglio di sicurezza che ha nominato un comitato per fare un rapporto sulle armi nella Sierra Leone, nella Liberia, e abbiamo trovato tracce delle azioni di Compaore’. Quando si vedono cose del genere bisogna fare qualcosa ma l’Unione Europea continua ad agire inosenso contrario. Appena un militare prende il potere non si riconosce lo stato, ma non appena ci sono alcuni mesi di stabilita’ lo stesso stato viene riconosciuto. E’ una commedia. Non si dovrebbero accettare queste cose, ma oggi Compaore’ viene messo quasi sullo stesso piano di Nelson Mandela. E’ assurdo. Si parla di risorse e di ricchezze quando Compaore’ riceve armi provenienti dall’Europa centrale e da trafficanti francesi o americani. Armi che poi vengono convogliate in Liberia e in Sierra Leone e in cambio si ricevono diamanti. Cittadini del Burkina Faso, mandati a combattere in Liberia a fianco di Charles Taylor, hanno scritto in un volantino diffuso a Ougadougou: abbiamo lottato la’ e ci hanno promesso denaro in cambio ma non abbiamo riscosso il nostro stipendio; abbiamo incontrato Taylor e ci ha detto di aver rispettato il contratto dando i diamanti a Compaore’. Ebbene, non posso garantire che sia la verita’ totale ma, come si dice, non c’e’ fumo senza arrosto. Purtoppo, e’ la trasformazione delle risorse in armi per la distruzione del popolo, della nazione e dello stato. Prima va definito lo sviluppo. E prima ancora bisogna porre il problema dell’identita’. Chi siamo? Non abbiamo risposta a questa domanda. Se fosse stata posta all’inizio, forse si poteva fare qualcosa. Se lo sviluppo e’ endogeno si vedrebbe bene che non si puo’ sviluppare senza un minimo di spazio. Nel mondo, oggi, non si puo’ fare un’economia industriale senza un minimo di spazio, di popolazione. Dieci milioni di cittadini del Burkina Faso corrispondono a 100.000 italiani in termini di potere di acquisto. Con 100.000 persone e’ conveniente edificare un’industria? Per questo le nostre industrie funzionano al venti per cento. In piu’ va detto che una grande multinazionale produce piu’ di dieci-quindici paesi africani. Le multinazionali, in Africa, stanno rappresentando il potere. Ad esempio, il direttore generale della Elf a Brazaville conta piu’ di un console.

-  "Solidarieta’ internazionale": Quindi il minimo di spazio significa che bisogna superare gli stati che ci sono adesso...

-  Joseph Ki-Zerbo: Non distruggere gli stati ma federarli. Aiutarli a capire che bisogna negoziare insieme, ossia avere un piano federale di sviluppo e comprendere che occorre una divisione intra-africana del lavoro industriale, agricolo e di ricerca scientifica. Su quest’ultimo aspetto gli africani non possono inventare nulla. E’ sulla divisione del lavoro che si puo’ fare molto nel rapporto con l’esterno, L’Africa deve essere in grado di individuare quale spazio potra’ prendere sul mercato mondiale, ma dopo aver fatto una divisione interna del lavoro economico, seguendo i vantaggi comparativi di ogni singolo paese. C’e’ lavoro per tutti in Africa ma occorre dividerlo per essere efficaci e competitivi.

-  "Solidarieta’ internazionale": Quindi per prima cosa c’e’ il minimo di spazio come condizione per lo sviluppo?

-  Joseph Ki-Zerbo: Si’. Poi c’e’ il minimo di conoscenza e di sapere. Cito un dato allarmante: in Burkina Faso c’e’ il settanta per cento di analfabeti. Si dice che la vera risorsa e’ la conoscenza. Tanto per capire, quelli che usufruiscono dei diamanti sono coloro che detengono la conoscenza. Quando si parla di minimo di conoscenza, bisogna spiegare questo concetto e spiegarlo nei particolari. Il minimo di conoscenza e’ usare la lingua africana per l’alfabetizzazione.

-  "Solidarieta’ internazionale": Ma le lingue africane sono numerose...

-  Joseph Ki-Zerbo: Non e’ una questione di numero, l’importante e’ l’apprendimento. Prendete ogni lingua a parte. In questa specifica lingua c’e’ abbastanza gente che puo’ insegnare agli altri a leggere e scrivere. Perche’ si usa il francese? Con quale diritto nel mio paese si usa il francese per insegnare a leggere e scrivere?

-  "Solidarieta’ internazionale": Si’, ma in uno stesso paese ci sono piu’ lingue e quindi e’ difficile esprimersi gli uni con gli altri...

-  Joseph Ki-Zerbo: Anche in Europa ci sono paesi con piu’ lingue. Comunque, voglio sottolineare che non sono contro il francese. Racconto una mia esperienza. Dirigevo l’educazione nazionale nel mio paese e abbiamo voluto introdurre le lingue africane all’inizio di un programma di educazione. Due, tre anni, come fanno gli anglofoni nel Ghana e nella Nigeria. In questi paesi c’e’ piu’ alfabetizzazione rispetto a quelli francofoni perche’ la gente comunica con le lingue africane. Nella lettura e nella scrittura ci sono tre elementi: suono, segno e senso. Se venite con il francese nel mio paese, dove nessuno parla questa lingua, e volete insegnare alla gente a leggere e scrivere, bisogna affrontare tre difficolta’, appunto. Ad esempio, per la parola "padre", la gente non conosce ne’ il suono, ne’ il segno, ne’ il senso. Nella lingua locale padre si dice "di"; si conosce il suono e il senso, rimane da imparare solo il segno. E’ tutto piu’ rapido. Apprendere le cose in questo modo non esclude lo studio del francese. I bambini riescono ad imparare due-tre lingue in fretta ma cosi’ vengono costretti a una lingua estranea. Risultato: poca gente apprende il francese e tutti gli altri non sanno ne’ leggere ne’ scrivere. Anche nella mia famiglia ci sono persone analfabete. Non e’ possibile. Se avessimo usato la lingua africana la situazione sarebbe diversa. I nostri fratelli del Ghana stanno meglio di noi e si svilupperanno piu’ in fretta.

-  "Solidarieta’ internazionale": Qual e’ la sua lingua?

-  Joseph Ki-Zerbo: Si chiama il San ma a me hanno vietato di impararla. Cosi’ parlo bene il francese ma quando parlo nella mia regione mi vergogno del mio livello di conoscenza, elementare, della lingua materna.

-  "Solidarieta’ internazionale": Ha parlato di Compaore’ e di tutte quelle attivita’ legate alle armi e ai dimanti, e ha detto che l’Unione Europea fa come se niente fosse. Allora, a partire dai nostri politici, cosa deve fare l’Unione?

-  Joseph Ki-Zerbo: C’e’ un approccio repressivo e uno positivo. Il primo e’ quello di essere inflessibili sulla questione dei diritti umani. Quando le tv dicono che ci sono popoli interi che vengono presi in ostaggio dai signori della guerra, bisogna essere categorici e dire che il diritto di ingerenza e’ stato applicato male. Bisogna studiare un po’ meglio questo diritto di ingerenza, cioe’ la controparte della non assistenza ai popoli. Spesso, quando si danno sanzioni non si e’ giusti e non si punisce allo stesso modo. E’ certo che gli Stati Uniti applicano le sanzioni in modo iniquo e unilaterale. Con Israele, ad esempio, non si agisce come si e’ fatto con l’Iraq.

*

[Dal sito www.cipsi.it riprendiamo la seguente intervista a Joseph Ki-Zerbo a cura di Eugenio Melandri e Alessandro Cerreoni apparsa nella rivista del Cipsi "Solidarieta’ internazionale" (mancano ulteriori indicazioni).

-  Eugenio Melandri, religioso saveriano, giornalista, gia’ parlamentare europeo, impegnato nei movimenti di pace, di solidarieta’, contro il razzismo, per la nonviolenza; e’ tra i principali animatori di "Chiama l’Africa". Opere di Eugenio Melandri: segnaliamo almeno I protagonisti, Emi, Bologna 1984. Un ricordo di Ki-Zerbo scritto da Eugenio Melandri e’ nel n. 45 di queste "Minime".
-  Alessandro Cerreoni, giornalista d’impegno civile, si occupa di difesa dell’ambiente, diritti umani e dei popoli, solidarieta’ internazionale]

* LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA.

Supplemento domenicale de "La nonviolenza e’ in cammino". Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it Numero 105 del primo aprile 2007


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