«La giovinezza non è più una condizione anagrafica, è una categoria dello spirito: i figli diminuiscono, ma i vecchietti che vogliono mantenersi giovani crescono. Essere giovani è costoso (fin da bambini ormai): però mantenersi giovani lo è ancora di più. È scoccata l’ora della desublimazione: l’ultima frontiera del freudismo alla rovescia.
Essere giovani significa poter godere sessualmente, in qualsiasi forma: senza cura per la generazione e senza fatica dell’uso di parole. Essere se stessi, come si dice, senza orpelli ideologici. Un piccolo passo per un adolescente, ma, come si dice, un grande balzo per l’umanità.
Sulla soglia di questa regressione, per «rimanere giovani» a loro volta, si affollano pateticamente gli adulti (anche quelli apparentemente più pensosi).
L’ultimo atto (prima dell’abbandono dell’uomo senza età al mito dell’orda primitiva) è l’incorporazione del concepimento fra le variabili del desiderio di godimento (a certe condizioni «si rimane giovani» e ci si sente «adolescenti onnipotenti», anche «facendo» un figlio; e persino facendoselo fare).
Quando si dice non farsi mancare niente, pur di realizzarsi pienamente . L’estrapolazione della giovinezza dalla transitorietà della sequenza della storia individua le si è saldata con la sua sovrapposizione all’idea lità dell’umano emancipato, liberato, felice e signore di sé. [...] Nell’adolescenza prolungata, la deriva verso il narcisismo sistemico si cronicizza socialmente.» (Pierangelo SEQUERI, Contro gli idoli del postmoderno, Lindau, Torino 2011)