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In principio era il Logos, non il "logo" ...

DIO, MONDO, UOMO - OLTRE!!! BASTA CON LE ROBINSONATE. A partire da due, e non da uno!!! Una nota su una polemica tra "esportatori di democrazia" e di "libertà" (Giovanni Sartori e Gian Maria Vian) e la proposta di una Fenomenologia dello Spirito di "Due Soli" - di Federico La Sala

Con Rousseau, Kant, Marx, Freud e Dante, oltre Hegel, per una seconda rivoluzione copernicana
sabato 30 giugno 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] È elementare, ma è così - come scriveva l’oscuro di Efeso, Eraclito: "bisogna seguire ciò che è comune: e ciò che è comune è il Logos" - la Costituzione, prima di ogni calcolo, per ragionare bene. La Costituzione è il fondamento, il principio, e la bilancia!!! Questo è il problema: la cima dell’iceberg davanti ai nostri occhi, e il punto più profondo sotto i nostri stessi piedi!!! E se non vogliamo permanere nella "preistoria" e, anzi, vogliamo uscirne, dobbiamo stare attenti e (...)

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> Basta con le robinsonate - laiche e religiose! ... Il motto della democrazia dovrebbe essere: “Rispetta il prossimo tuo come te stesso” (G. Zagrebelsky).

lunedì 7 maggio 2007

EDUCAZIONE ALLA DEMOCRAZIA

di Gustavo Zagrebelsky *

Tutti i regimi politici hanno sempre curato l’educazione politica dei propri soggetti o gruppi dirigenti. Si pensi, per la trattatistica monarchica, alla Ciropedia di Senofonte; per quella repubblicana classica, al De officiis ciceroniano; per il despota rinascimentale, al Principe di Machiavelli; per il signor cortese, al Cortegiano di Baldesar Castiglione; per la monarchia controriformista del Seicento, alla Politica estratta dalle proprie parole della Sacra Scrittura di Bossuet. Montesquieu dedica un libro intero dello Spirito delle leggi, il quarto, all’educazione secondo le diverse forme di governo, compresa la democrazia.

Le élite politiche, poi, da sempre hanno le loro scuole e i loro maestri separati, a iniziare dai sofisti greci: scuole speciali, anche oggi in grande voga ed espansione per la formazione di oligarchie, spesso familiari, della cultura, della tecnica, del danaro. La democrazia è il regime dove il governo è aperto a tutti e anche la democrazia ha avuto la sua pedagogia.

Ricordiamo i Catechismi costituzionali e i popolari Manuali dei diritti e dei doveri dei cittadini dell’epoca giacobina. Dopo quei tentativi, che oggi appaiono di un razionalismo semplicistico disarmante, un’autentica pedagogia democratica, tuttavia, è mancata. Le scuole di educazione popolare promosse nell’Ottocento dal movimento socialista e cattolico, a parte la loro limitata diffusione, erano strumenti di emancipazione delle classi subalterne; dunque altra cosa, anche se concorrevano ad allargare le basi della vita politica. Né l’educazione civica, a parte la sua emarginazione de facto dall’insegnamento della nostra scuola, ha mai preteso di essere molto di più che un’informazione sulle istituzioni e, dove ha tentato di andare oltre, in appoggio della democrazia, è stata più un’apologetica e una propaganda che non una pedagogia.

Hanno dilagato invece politologi e costituzionalisti, ma non bastano. Il loro compito è studiare e spiegare regole fredde ma ciò che qui importa, e manca, è il fattore spirituale che loro normalmente sfugge. Nel momento della massima diffusione della democrazia, si potrebbe dire della sua vittoria su ogni altro tipo di sistema di governo, sembra dunque essere venuta meno l’esigenza di insegnarne lo spirito. Che spiegazione dare?

È pur vero che, negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, la scienza politica americana si è occupata di qualcosa come l’educazione alla cittadinanza, ma non pare aver lasciato traccia, almeno da noi. Doveva essere strumento di affermazione e consolidamento della democrazia nei Paesi che si erano messi nelle mani di dittature totalitarie col consenso della maggioranza della popolazione, abituata a tenere atteggiamenti di passiva e acritica sottomissione (in Germania) o di scettica sfiducia (in Italia), nei confronti dello Stato.

In generale, nella migliore delle ipotesi, è prevalso un topos dell’ideologia democratica: che sia necessario e sufficiente diffondere i diritti di partecipazione democratica, i diritti politici e, innanzitutto, il diritto di voto, affinché lo spirito democratico si radichi, si alimenti e si diffonda da sé. In altre parole la virtù democratica, che nella sua essenza consiste in amore per la cosa pubblica e disponibilità a dedicarvi le proprie energie e a mettere in comune una parte delle proprie risorse, si svilupperebbe da sola, causa ed effetto della democrazia stessa: tanto più la democrazia cresce, tanto più lo spirito democratico si sviluppa e questo sviluppo fa ulteriormente crescere la democrazia.

Questa sua meravigliosa caratteristica circolare farebbe della democrazia una forma di governo diversa da tutte le altre, perché, essa sola, sarebbe perfettamente autosufficiente, rispetto a ciò che Montesquieu denominava il suo principio o ressort, la sua molla spirituale. Questa fede era alimentata dall’idea che esseri umani per lungo tempo esclusi dalla partecipazione alla vita politica, costretti a una visione dell’esistenza esclusivamente ripiegata su se stessa e limitata ai concreti e impellenti bisogni personali o familiari della vita quotidiana, come erano coloro che formavano le masse operaie e contadine, avrebbero tratto motivo di innalzamento civile dal coinvolgimento in procedure (come quella elettorale: da cui la richiesta del suffragio universale) e, oggi diremmo, in contesti comunicativi, idonei a promuovere il senso di responsabilità verso gli altri e capaci di far loro altamente apprezzare l’importanza della dimensione politica dell’esistenza. In breve: la credenza era che la democrazia avrebbe per propria intrinseca virtù trasformato i sudditi in cittadini e così si sarebbe essa stessa immunizzata dai pericoli di involuzioni antidemocratiche. L’espressione corrente: “la democrazia in pericolo si difende con più democrazia” è una delle convinzioni che derivano da quella premessa e da quella fede.

Tuttavia, la diffusione crescente dell’indifferenza politica nelle nostre democrazie mature ha indotto a una nuova riflessione. Si è parlato di “democrazia per assuefazione” e l’assuefazione può portare alla noia e perfino alla nausea e al rigetto, tanto più in quanto compaia qualcuno - e qualcuno compare sempre a riempire un vuoto di iniziativa politica
-  che promette di più, più facilmente e rapidamente di quanto non possa ottenersi tramite le complesse e faticose regole della democrazia. Un’opinione pubblica consapevole svolge una funzione essenziale in democrazia. A differenza di tutte le altre forme di governo, le quali non solo possono ma devono farne a meno, in democrazia, essa è una conditio sine qua non.

La domanda è se si possa insegnare non la democrazia ma l’adesione alla democrazia: se si possa insegnare non che cosa è la democrazia ma ad essere democratici, cioè ad assumere nella propria condotta la democrazia come ideale, come virtù da onorare e tradurre in pratica. In breve, si tratta di sapere se gli ideali, le virtù, e in particolare la virtù politica, si possano insegnare oppure no.

Inoltre, qualsiasi altro sistema di governo, ma non la democrazia, può far uso di propaganda. In ogni propaganda è implicita una pressione, una violenza alla libertà delle altrui convinzioni. La democrazia è dialogo paritario e il dialogo paritario si fa deponendo ogni strumento di pressione: innanzitutto di pressione materiale, quella che viene dalla violenza, dalle armi e dalla corruzione del denaro, ma anche di pressione morale, come quella che può essere esercitata nel rapporto asimmetrico di autorità-soggezione che si trova talora, quando degenera in autoritarismo, tra padre e figli, maestro e allievo; un rapporto che manca di rispetto e contraddice la libertà senza la quale non c’è democrazia.

Ogni società ha un modo di governarsi e ogni modo di governarsi ha un suo ethos che deve informare lo spirito degli individui che governano, senza il quale è destinato a corrompersi e a scomparire. Il problema dell’insegnamento della democrazia è qui, nell’identificazione e nella specificazione dell’ethos che le corrisponde e che deve essere diffuso tra tutti, conformemente all’ideale democratico di una comunità di individui politicamente attivi.

Pensando e ripensando, per promuovere l’adesione alla democrazia, non se ne trova altro fondamento che questo: il rispetto di sé. La democrazia è l’unica forma di reggimento politico che rispetta la mia dignità, mi riconosce capace di discutere e decidere sulla vita pubblica. Tutti gli altri regimi non mi prestano questo riconoscimento, mi considerano indegno di autonomia fuori dalla cerchia delle mie relazioni puramente private e familiari. La democrazia è, tra tutti, l’unico regime che si basa sulla mia dignità in questa sfera più ampia. Ma non basta il rispetto di sé, occorre anche il rispetto, negli altri, della dignità che riconosciamo in noi. Il motto della democrazia dovrebbe essere: “Rispetta il prossimo tuo come te stesso”. Infatti, il rispetto solo di se stessi e il disprezzo degli altri porterebbero non alla democrazia ma alla lotta per l’affermazione della propria autocrazia, onde evitare la necessità e la limitazione del coordinamento reciproco.

* Fonte: L’arte di fotografare il dolore degli altri di Gustavo Zagrebelsky (La domenica di Repubblica, 06.05.2007, pp.38-39)

L’editore Utet pubblica un’imponente opera dedicata al tema dei diritti umani L’impresa, affidata alla direzione di Marcello Flores, si articola in cinque moduli: un Dizionario in due volumi, di 1.500 pagine complessive (dal quale è tratta la voce Educazione alla democrazia di Gustavo Zagrebelsky che pubblichiamo in queste pagine); un Atlante, pure in due volumi; un libro di documenti e letture; un modulo multimediale costituito da due dvd e un cd-rom; infine un’antologia completa della fotografia impegnata intitolata I Custodi dei Fratelli e realizzata da Contrasto, a cura di Alessandra Mauro (320 pagine, 45 euro, in libreria dal 24 maggio), dalla quale sono tratte tutte le foto pubblicate in queste pagine. L’opera si può acquistare nelle Agenzie Utet . Sabato 12 maggio a partire dalle 17,30 alla Fiera del libro di Torino si terrà una tavola rotonda sui diritti umani. Per informazioni: www.dirittiumani.utet.it


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