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Poesia della settimana

Lo avrai camerata Kesselring il monumento che pretendi da noi italiani - di Piero Calamandrei

mercoledì 25 aprile 2007 di Vincenzo Tiano
Epigrafe di PIERO CALAMANDREI *
Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio dei torturati
Più duro (...)

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> Lo avrai camerata Kesselring il monumento che pretendi da noi italiani ---- La recita di un codardo che merita solo l’oblio (di Stefano Jesurum)

venerdì 18 ottobre 2013

La recita di un codardo che merita solo l’oblio

di Stefano Jesurum (Corriere della Sera, 18 ottobre 2013)

E adesso anche il video-testamento. Diciamolo: tutto ciò che è accaduto dopo la morte di Erich Priebke e intorno a quella salma è l’ultimo obbrobrio compiuto dal boia delle Fosse Ardeatine e dai suoi compari, a cominciare da Paolo Giachini. Un «avvocato», Giachini, che nella registrazione del centenario ergastolano e nostalgicamente intitolata Vae victis, Guai ai vinti, presenta il capitano delle SS secondo i più triti canoni del negazionismo come un soldato tedesco di stanza a Roma «con compiti di antiterrorismo e lotta alla guerriglia». L’intero copione è stato preparato con puntiglioso rigore e con la collaborazione del moribondo.

Ogni passaggio della macabra pagliacciata ricorda troppo la «banalità del male» che i grandi processi della Storia ci hanno insegnato. Per questo ho orrore per Priebke e per i suoi compari. Perché hanno fatto vincere ancora una volta l’odio, risvegliandolo. Quel carro funebre preso a calci dalla disperazione della Memoria, quelle braccia alzate nel saluto romano, il pianto dei sopravvissuti chiamati ancora una volta a ricordare, le domande dei nostri figli, dei nostri nipoti. Il sale di nuovo versato sulle ferite di chi, come noi, ha avuto pezzi di famiglia passati per i camini; di chi, come molti, ha avuto un parente o un amico torturato e ucciso perché antifascista; di chi ha ascoltato la sera i racconti su quel prete buono fucilato insieme ai suoi parrocchiani.

Le immagini e le parole del video-testamento sono le immagini e le parole di un vigliacco che accusa della strage delle Fosse Ardeatine i gappisti dell’attentato a via Rasella e i superiori che hanno impartito gli ordini. Non una volta che si sia preso le proprie responsabilità. Dice Giachini che Priebke si sarebbe pentito. Ad ascoltarlo non sembra proprio. E comunque non ci interessa. Il «pentimento» sarebbe servito a lui e alla sua coscienza, non alle persone che non torneranno a noi. Che scompaia nell’oblio.

Guardo il video e sento l’urlo muto di Primo Levi: «Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore stando in casa andando per via, coricandovi, alzandovi. Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi»


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