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COSTITUZIONE E ... "FAMILY DAY"?! Intervento di Aldo Moro all’Assemblea Costituente sul tema famiglia, ripreso da Carlo Loiodice - a cura di pfls

lunedì 30 aprile 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] alla luce di quel che oggi tutti noi vediamo, come imbarbarimento del dibattito politico, non posso non rievocare lo slancio costruttivo e la visione di prospettiva di cui le forze antifasciste erano portatrici e che ebbero modo di manifestare durante la discussione all’Assemblea Costituente. L’esempio che sto per documentare ha del meraviglioso e dell’incredibile. Un giovanissimo Aldo Moro prende la parola a proposito di ciò che si sarebbe poi concretizzato nell’Art. 29 della (...)

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> COSTITUZIONE E ... "FAMILY DAY"?! ---- Aldo Moro, Via Fani, le Br: sei lustri di trame oscure... Lo fecero passare per ingrato, per pazzo, per inconsapevole (di Malcom Pagani).

lunedì 16 marzo 2009

Aldo Moro, Via Fani, le Br: sei lustri di trame oscure

di Malcom Pagani (l’Unità, 16.03.2009)

Il fioraio in Via Fani non giunse mai. Amava la puntualità ma quel giorno, trovo le gomme del suo camioncino tagliate, imprecò e non si recò al lavoro. Un testimone in meno. Qualcuno vide dalla finestra, qualcun altro ascoltò la radio, il colonnello del Sismi Camillo Guglielmi che era nelle vicinanze, raccontò di essere stato invitato a pranzo (sic) quando ancora la brina sostava sulle auto in sosta. Poi fu storia. I primi collegamenti televisivi dal colle di Montemario, la voce affannata di Paolo Frajese impegnata tra bossoli e sangue a raccontare l’inimmaginabile.

La mattina del 16 marzo 1978, Giulio Andreotti avrebbe dovuto recarsi alla Camera per ottenere la fiducia. Le Brigate Rosse non agirono casualmente. Alle nove meno un quarto Aldo Moro salutò la moglie, prese le borse, scese le scale e salutò gli uomini della scorta. La macchina di Stato si mise in moto e dopo pochi metri, venne fermata da una pioggia di fuoco. Gli undici terroristi (alcuni travestiti da piloti Alitalia), spuntarono da dietro le siepi e colpirono con armi automatiche. Novantuno colpi con cui sterminarono i due carabinieri a bordo dell’auto di Moro ( Ricci e Leonardi) e i tre poliziotti che la seguivano (Jozzino, Rivera e Zizzi).

Poi fecero scendere il Presidente della Dc: "Mi lascino andare, cosa vogliono da me"?" Lo caricarono su un’altra automobile e, dopo un rapido cambio di vettura, scivolarono in un anonimo appartamento della Magliana. In Via Montalcini, al numero 8, ogni cosa era pronta. "La prigione del popolo", pochissimi metri occultati dietro una parete, un drappo rosso con la stella a cinque punte, un tavolino e una branda, furono approntati per tempo. Da quell’angolo sotto la luce del Neon, Moro scrisse moltissimo, ancor di più pregò. Venne ripetutamente interrogato, spiegò, si illuse, accusò, cercò di smuovere le acque prima di essere risucchiato dal gorgo e morire, crivellato dai colpi e dall’indifferenza, 55 giorni più tardi.

"Chi è Aldo Moro è presto detto: dopo il suo degno compare De Gasperi, è stato fino a oggi il gerarca più autorevole, il "teorico" e lo "stratega" indiscusso di questo regime democristiano che da trenta anni opprime il popolo italiano". Il primo comunicato brigatista indicò la direzione. Poi ne vennero altri (di cui uno, redatto dal falsario Tony Chicchiarelli, quello della finta esecuzione al Lago della Duchessa, palesemente apocrifo). Sul suo corpo, sul passato, sull’appartenenza alla Dc e sui futuri scenari della politica italiana (anche in chiave anti Pci) si giocarono i destini di una partita a scacchi, piena di sottoinsiemi di non semplice definizione.

Nelle ottantasei lettere scritte dalla prigione, Moro disegnò scenari chiari, lanciò messaggi che agitarono il quadro, spaventò i possibili salvatori e nelle parole fatte scivolare attraverso le pareti e dirette ai familiari: "Mia dolcissima Noretta" , lasciò l’ennesima grande, disperata lezione di umanità. Più duro fu nei confronti del partito che era stata la sua casa per un trentennio e che nonostante i tormenti dell’amico Zaccagnini, non trovò soluzioni apprezzabili per tirarlo fuori dalla secche. "Resta, in questo momento supremo-scrisse l’8 aprile- la mia profonda amarezza personale. Non si è trovato nessuno che si dissociasse? Nessuno si è pentito di avermi spinto a questo passo che io chiaramente non volevo? E zaccagnini? Come può rimanere tranquillo al suo posto? E Cossiga che non ha saputo immaginare nessuna difesa? Il mio sangue ricadrà su di loro".

Lo fecero passare per ingrato, per pazzo, per inconsapevole. Demolirono da fuori l’unica possibilità che gli rimanesse. Quelle lettere, considerate "Non moralmente autentiche", rappresentarono l’inizio della fine. Una trattativa verosimile, venne avviata solo negli ultimi giorni. Dopo la strana scoperta eterodiretta di covi brigatisti sulla Cassia, inutili parate di forza sulle montagne tra Lazio e Abruzzo e appelli, mai troppo convinti, dal soglio pontificio o dalle colonne di un giornale. "Per quanto riguarda la nostra proposta di uno scambio tra prigionieri politici perchè venisse sospesa la condanna e Aldo Moro venisse rilasciato, dobbiamo soltanto registrare il chiaro rifiuto della Dc. Concludiamo quindi la battaglia iniziata il 16 marzo, eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato". Il comunicato numero nove chiuse la porta in faccia alle chimere. Moro venne fatto alzare alle sei di mattina, fatto entrare nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, giustiziato e poi portato in Via Caetani, a metà strada tra Piazza del Gesù e Via delle Botteghe Oscure, crocevia simbolico delle due più grandi scuole politiche nazionali. Alle 12.30 del 9 maggio 1978, il volto ieratico di Moro, spuntò dal retro dell’auto e il paese intero, si bloccò.

In molti ipotizzarono, a partire dal fratello di Moro, che il politico salentino in realtà non fosse rimasto in Via Montalcini che lo stretto indispensabile. Che fosse rimasto nel ghetto, a due passi da Via Caetani, in un appartamento nei pressi di Piazza Paganica o sul litorale romano, come alcuni frammenti sotto le scarpe e la sabbia ritrovata nei risvolti dei pantaloni, avrebbero spinto a pensare. Ma tra un depistaggio e l’altro, una riunione tra Pieckzenick e Cossiga, un’informativa del Sisde, le profezie di Pecorelli, gli States, ( la moglie rivelò anni dopo che nel viaggio americano Moro era stato minacciato, forse da Kissinger in persona : "O lasci perdere la tua linea politica o la pagherai cara", la P2 e il ruolo del grande vecchio, sullo sfondo, da sempre, tutte le ipotesi apparvero come pulviscolo impalpabile. Materia non afferrabile. Sentieri di nidi di ragno senza via d’uscita. Ragnatele non scioglibili.


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