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LA "PAROLA". Eu-angelo (Buona-notizia) o ... van-gelo ?!

IL POTERE DELLA PAROLA. «Ci sono solo due modi di fare letteratura». «Fare letteratura o costruire spilli per inculare le mosche». Una riflessione di Roberto Saviano - a cura di pfls

La criminalità dell’ex Urss: Roberto Saviano lo ha indagato con l’aiuto di un infiltrato speciale, Nicolai Lilin.
giovedì 3 maggio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Quando ero ragazzino scrissi un racconto metafisico e surrealista e lo inviai a Goffredo Fofi. Dopo qualche giorno mi arrivò un foglio di poche righe in una busta di carta riciclata: "Mi piace come scrivi, peccato che scrivi idiozie, ho visto da dove mi hai spedito la lettera. Affacciati alla finestra e raccontami cosa vedi, scendi giù, attraversa cosa vedi. Poi rispediscimi tutto, e ne riparliamo". Da allora affacciarsi e attraversare le cose mi sembrò l’unico modo per poter (...)

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> IL POTERE DELLA PAROLA. --- Salman Rusdhie, "Joseph Anton": racconta la storia dell’autore e il dramma della sua condanna a morte decretata nell’89 da Khomeini.

martedì 18 settembre 2012

FURIA ISLAMICA - LO SCRITTORE NEL MIRINO

Rushdie: la mia vita in fuga dall’Islam

Esce oggi in tutto il mondo "Joseph Anton": racconta la storia dell’autore e il dramma della sua condanna a morte decretata nell’89 da Khomeini

-  ANDREA MALAGUTI
-  corrispondente da Londra (La Stampa,18/09/2012)

Bloomsbury, quartiere centrale di Londra. E’ lì che il 12 settembre, a poche ore dall’assalto all’ambasciata Usa a Bengasi, Salman Rusdhie dà appuntamento a La Stampa per raccontare il suo nuovo libro, "Joseph Anton", che esce oggi in tutto il mondo (in Italia è pubblicato da Mondadori). E’ un’autobiografia. Parla della sua famiglia, di suo padre, degli studi, del rapporto con l’Islam, ma sopratutto di come, il 14 febbraio del 1989, una fatwa dell’Ayatollah Khomeini, leader spirituale dell’Iran, cambiò radicalmente la sua vita.

Condannato a morte. E’ una giornalista della BBC che glielo comunica. "Signor Rushdie, come commenta la fatwa?". Lui, indiano naturalizzato britannico, cade dalle nuvole. Impallidisce. Balbetta una risposta confusa. "Pensai immediatamente: sono un cadavere che cammina". La sua colpa? Avere scritto un romanzo - I Versi Satanici - considerato blasfemo. Empio. Sacrilego. Da quel momento in avanti "ogni buon musulmano è autorizzato a prendersi la sua vita". Una storia di ventitré anni fa che continua oggi e che - come dimostrano le violenze in Libia o in Tunisia - non è più solo una questione personale, ma è diventata un’onda globale fuori controllo. "La mia storia non innescò questo scontro gigantesco, ne fu solo il prologo.

Il primo passo che portò poi al disastro dell’11 settembre". Per oltre dieci anni è costretto a nascondersi. A fuggire. Cambia casa continuamente, vede raramente i suoi figli, la sua esistenza va in frantumi. E’ scortato giorno e notte da quattro poliziotti. Poi un intervento di Bill Clinton porta a un accordo tra Londra e Teheran. La fatwa non viene ritirata, ma il governo iraniano dice che lo scrittore non è più un obiettivo priortiario. Si è mai pentito di avere scritto I Versi Satanici?: "Sono 23 anni che rispondo allo stesso modo. No. Credo anzi che sia uno dei miei libri migliori". Oggi Salman Rushdie spiega di essere un uomo sereno. E persino di sentirsi libero. Eppure meno di 72 ore fa una fondazione iraniana ha aumentato di altri 500 mila dollari la taglia sulla sua testa. Tre milioni e trecentomila dollari per chi gli farà la pelle.


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