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Editoriale

In memoria di Peppino Impastato, morto il 9 maggio. E a San Giovanni in Fiore si mobilitano le "Brigate rotte"

mercoledì 9 maggio 2007 di Emiliano Morrone
Peppino Impastato era un ribelle. Come Luigi Tenco. Morì ucciso in modo brutale dalla mafia. Tenco si suicidò. E tanto bastò a chiudere la vicenda. Peppino fu dimenticato dallo Stato italiano. Nello stesso giorno, l’omicidio di Aldo Moro, a opera di illusi, folli, fanatici.
Peppino lottò contro l’illegalità in un posto, Cinisi, simile a San Giovanni in Fiore.
Tutto, lì, era controllato dall’altro Stato: pensieri, parole, azioni.
Tutto era deciso dall’altro Stato.
Peppino si oppose con (...)

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giovedì 10 maggio 2007

Tutti i morti ammazzati di quel 9 maggio ’78 *

...quanti morti, quel 9 maggio del ’78... non solo Aldo Moro, di cui ieri, colpevolmente, abbiamo scritto solo un breve epitaffio, ma anche Peppino Impastato, il giovane idealista ammazzato dalla mafia perchè blaterava troppo. Ieri quasi TUTTI ci siamo scordati di lui. Colpevolmente, perchè la nostra attenzione era concentrata tutta, o quasi, sulla lettera ad Augias di un “Uomo Qualunque”. Ci scusiamo con la famiglia Impastato, e cerchiamo, sia pur tardivamente, di emendarci.

Giuseppe Impastato nasce a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa (il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso con una Giulietta al tritolo nel 1963).

Ancora ragazzo rompe con il padre, che lo caccia via di casa, e avvia un’attività politico-culturale antimafiosa. Nel 1965 fonda il giornalino L’Idea Socialista e aderisce al PSIUP. Dal 1968 in poi partecipa, con ruolo dirigente, alle attività dei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati.

Nel 1975 costituisce il gruppo Musica e Cultura; nel 1976 fonda Radio Aut, radio libera autofinanziata, con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, e in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell’aeroporto. Il programma più seguito era Onda pazza, trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici.

Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Viene assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia. Gli elettori di Cinisi votano il suo nome, riuscendo ad eleggerlo al Consiglio comunale.

Stampa, forze dell’ordine e magistratura parlano di atto terroristico di cui l’attentatore sarebbe rimasto vittima e, dopo la scoperta di una lettera scritta molti mesi prima, di suicidio.

Grazie all’attività del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta Impastato, che rompono pubblicamente con la parentela mafiosa, dei compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione di Palermo, nato nel 1977 e che nel 1980 si sarebbe intitolato proprio a Giuseppe Impastato, viene individuata la matrice mafiosa del delitto e sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta l’inchiesta giudiziaria.

Nel maggio del 1984 l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che aveva avviato il lavoro del primo pool antimafia ed era stato assassinato nel luglio del 1983, emette una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti. Il Centro Impastato pubblica nel 1986 la storia di vita della madre di Giuseppe Impastato, nel volume La mafia in casa mia, e il dossier Notissimi ignoti, indicando come mandante del delitto il boss Gaetano Badalamenti, nel frattempo condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo alla Pizza Connection.

Nel gennaio 1988, il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l’archiviazione del caso Impastato, ribadendo la matrice mafiosa del delitto, ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei corleonesi.

Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un’istanza per la riapertura dell’inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi. Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto.

Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell’omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l’inchiesta viene formalmente riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Il 10 marzo 1999 si svolge l’udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata.

Nell’udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza. Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell’Ordine dei giornalisti.

Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso Impastato e il 6 dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini. Il 5 marzo 2001 la Corte d’assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione. L’11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all’ergastolo.

Per onorare la vita di Peppino ha fatto di più Marco Tullio Giordana, col suo film “I cento passi”, di quanto non abbiano fatto le istituzioni. Il film è una ricostruzione abbastanza libera dell’attività di Peppino; i "cento passi" erano quelli che metaforicamente separavano casa sua da quella del boss Tano Badalamenti, mandante dell’assassinio.

Il materiale fotografico e bibliografico è tratto ed elaborato da Wikipedia e dal sito dedicato a Giuseppe Impastato. Alle elezioni politiche del ’94, in un collegio di Palermo, la sinistra candida Antonino Caponnetto, Forza Italia candida Gianfranco Micciché. Vince Gianfranco Micciché.

* Il Tafanus 2007-05-10


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