Gaudí oggi parla giapponese
«In tutta la sua vita non ha mai scritto un libro, ha trasmesso tutto ai discepoli e i discepoli poi lo hanno imitato. Diceva che gli uomini non creano niente. L’uomo può solamente scoprire, dentro la natura, ciò che può fare. L’ultima frase di Gaudí fu: "Un piccolo contributo dato alle parole di Dio". L’uomo può dare il suo contributo, ma non può creare»«C’era un unico spazio, nella Sagrada Familia, ultimato da Gaudì prima della morte, ed è stato distrutto nella guerra civile spagnola. Vi erano nascosti tutti i disegni, perciò ora non abbiamo più nessun originale. Mi hanno chiesto di restaurare questa parte e l’ho fatto. Ho realizzato una scultura di 52 centimetri, che raffigura una persona con una bomba»
di Etsuro Sotoo *
Sono circa trent’anni che lavoro alla Sagrada Familia. Ho studiato in una scuola pubblica di Kyoto, nel mio Giappone. Dopo l’università ho insegnato per un anno, ma desideravo venire in Europa perché sapevo che qui c’erano le vere pietre; volevo conoscere l’anima delle pietre. Così mi sono imbattuto nella Sagrada Familia. Trent’anni fa non si capiva se la stessero costruendo o distruggendo. Trent’anni fa c’erano solo dieci operai, ora siamo in duecento e arrivano due milioni e mezzo di visitatori ogni anno.
Quando ho cominciato a lavorare alla cattedrale volevo conoscere il progetto di Gaudí. Per prima cosa ho realizzato le gemme di piante, per rendere l’idea che questo edificio, di 175 metri d’altezza, sarebbe ancora cresciuto. Tuttavia non sapevo dove mettere le foglie. Secondo i miei calcoli la parte finale di una colonna aveva lo spessore di un centimetro. Una pietra spessa un centimetro è molto debole, non dura più di cento o duecento anni.
Mi domandavo allora perché Gaudí avesse pensato a una struttura così debole. Per realizzare le foglie bisognava fare i calcoli, ma dove andavano collocate? Ci ho riflettuto a lungo, anche perché non c’erano indicazioni lasciate dal grande architetto. Un giorno pensai che mettendo una scultura in un punto debole l’avrei rafforzato. Quindi ho collocato le foglie nei punti più sottili della pietra. Così facendo, mi è sembrato di incontrare Gaudí per la prima volta. Ho pensato che intendesse realizzare strutture deboli pensando di rafforzarle con una scultura.
In seguito ho messo vicino al rosone duecento pietre scolpite a forma di frutto. Non riuscivo, però, a capirne il significato. Non c’era materiale scritto! Mi chiesi perché dovessero esserci frutti e foglie sopra le grandi vetrate. Al di là dei rosoni e delle vetrate, nella chiesa, si pronunciano parole come "Dio" e "Bibbia". Cosa c’entrano i frutti? Nessuno me lo sapeva spiegare.
Il mio essere giapponese mi è stato d’aiuto, perché nella nostra lingua "parola" si scrive con due ideogrammi che significano rispettivamente "foglia" e "che dice, che parla". Se scrivo "sto parlando" è come se scrivessi "sto dicendo foglie". Ecco svelato il significato: le migliaia di foglie sono le parole di Dio e le nostre anime sono i frutti che maturano nel tempo. Il nostro corpo può disgregarsi, ma l’anima è destinata al Paradiso. Questo è simboleggiato dai frutti, realizzati in vetro di Murano e pesanti quindici tonnellate ciascuno. I frutti della primavera sono sulla parte orientale, dove sorge il sole, mentre sulla parte occidentale sono collocati i frutti autunnali.
Gaudí voleva dire che l’uomo ascolta molte parole e legge molti libri, quindi coltiva i frutti, riesce a far maturare i frutti. Nessuno aveva capito che le foglie rappresentavano le parole. All’inizio del Vangelo secondo Giovanni si legge: «In principio era il Verbo», il verbo, la parola, ha energia, quella forza che permette all’uomo di realizzare la propria vita. Perché Gaudí cercava di trasmettere messaggi con elementi naturali come frutti o foglie? In tutta la sua vita non ha mai scritto un libro, ha trasmesso tutto ai discepoli e i discepoli poi lo hanno imitato. Diceva che gli uomini non creano niente. L’uomo può solamente scoprire, dentro la natura, ciò che può fare. L’ultima frase di Gaudí fu: «Un piccolo contributo dato alle parole di Dio». L’uomo può dare il suo contributo, ma non può creare.
Molti mi chiedono: «Dove sono le tue sculture?». Ne ho realizzate tante, in Giappone e in Spagna, al di fuori della Sagrada Familia, ma sono tutte opere che provengono da ciò che ho imparato da Gaudí. Io non ho niente di originale e, se anche Gaudí ha imparato dalla natura, cosa c’è di originale in Gaudí? Eppure tutti visitiamo la Sagrada Familia, tutti andiamo a vedere i monumenti di Gaudí, colui che considerava il suo lavoro come un piccolo contributo alla creazione divina. Noi pensiamo che l’uomo possa creare qualunque cosa, ma non è vero. Abbiamo smesso di imparare dalla natura e questo ci conduce alla rovina.
Gaudí era un architetto. Per lungo tempo l’architettura si è contrapposta alla legge di gravità, grazie alla quale possiamo stare seduti. Se non ci fosse, galleggeremmo nell’aria. Quindi la gravità è una grande forza, eppure si pensava che l’architettura ne fosse disturbata. Gaudí diceva, invece, che il vero problema è la mancanza d’intelligenza nell’architetto. Ci sono edifici che stanno in piedi grazie alla gravità e altri che la gravità tenta di distruggere.
Le Twin Towers di New York erano alte trecento metri e, subito dopo la loro distruzione, c’era già il progetto per un albergo alto trecento metri. Invece Gaudí con la Sagrada Familia si è fermato a un’altezza di 175 metri, perché di fianco c’è una collina di 180 metri. Gaudí non voleva costruire un edificio più alto di ciò che Dio aveva costruito. Questa è saggezza. La scienza progredisce in modo ordinato, ma non dobbiamo dimenticarci del cuore, ossia dell’umiltà. Sarà l’umiltà a proteggere l’uomo e la razza umana.
Diceva Gaudí: «Se volete fare un buon lavoro dovete avere prima di tutto l’amore, e poi la tecnologia, l’abilità». Non c’è prima la techne, l’abilità, la competenza e poi i soldi; prima di tutto, all’inizio, ci deve essere l’amore, che è assoluto. Poi vengono la tecnologia e i soldi. Se volete fare un buon lavoro dovete avere amore. Se si osserva la pianta della Sagrada Familia si nota che la distanza tra le colonne è di 7,5 metri. Si pensava, in Catalogna come in Giappone e in Italia, che un passo umano misurasse 75 centimetri. Dieci passi sono 7,5 metri: questo costituisce un modulo. Il doppio sono 15 metri, come l’altezza minima delle colonne. Le colonne più alte misurano 22,5 metri, cioè tre volte il modulo di 7,5 metri, e il tetto è sette volte il modulo: 52 metri. Quindi la Sagrada Familia è costruita in base a moduli di 7,5 metri ciascuno. Ci sono 90 metri dall’ingresso fino in fondo, cioè dodici volte 7,5 metri. Gaudí ha usato questo sistema come linguagg io architettonico, ma non ha mai dimenticato il cuore.
C’era un unico spazio, nella Sagrada Familia, ultimato da Gaudí prima della morte, ed è stato distrutto nella guerra civile spagnola. Vi erano nascosti tutti i disegni, perciò ora non abbiamo più nessun originale. Mi hanno chiesto di restaurare questa parte e l’ho fatto. Ho realizzato una scultura di 52 centimetri, che raffigura una persona con una bomba. A causa di quella bomba morirono venti persone. Gaudí sosteneva che l’uomo non è perfetto, ma con l’umiltà e l’amore si può salvare dalla distruzione. Aveva detto: «Vorrei che, quando farai esplodere la bomba, tu vedessi Dio». Questo è il messaggio scritto sulla scultura. Dall’altra parte c’è una ragazzina che vuole soldi per aiutare il malato che le è a fianco: è l’amore di una ragazza che si prostituisce per salvare qualcun altro. Il messaggio di Gaudí è il seguente: quando una persona è sicura di avere completamente ragione, è in quel momento che il diavolo si insinua in lei. È questo il terrorismo: la completa sicurezza di se stessi.
L’architetto eremita
Nato a Reus, vicino a Tarragona, nel 1852, cresciuto in una famiglia di artigiani, Antoni Gaudí si diploma nel 1878 alla Scuola Superiore di Architettura di Barcellona. Nello stesso anno, a Parigi, durante l’Esposizione Universale, incontra l’industriale Eusebi Güell i Bacigalupi, che diventa il suo principale mecenate commissionandogli alcune delle sue opere più famose. Nel 1884, appena trentunenne, ottiene dall’Associazione dei Devoti di san Giuseppe l’incarico di completare la costruzione della nuova cattedrale di Barcellona. Lavora a quest’immensa costruzione con tutte le sue energie e, negli ultimi dodici anni della sua vita, in modo esclusivo, senza accettare altri lavori. Fino a fare di in un cantuccio del cantiere la sua dimora.
La Sagrada Familia doveva essere (e fra vent’anni circa sarà) un gigantesco "libro da leggere", interpretando le simbologie architettoniche: dodici colossali guglie rappresenteranno gli Apostoli e una cupola parabolica di 170 metri di altezza svetterà sulle altre illuminando con dei riflettori la città (l’umanità); quattro portali (Natività, Carità, Passione e Gloria) decorati con scene della vita di Cristo, introdurranno i fedeli in una chiesa dalle dimensioni gigantesche dove la massima importanza sarà data alla liturgia. Gaudí, nel 1926 durante una delle sue solite passeggiate, venne travolto da un tram. Sul selciato nessuno dei suoi concittadini lo riconobbe e nessuno lo aiutò. Ricoverato all’ospedale, a chi lo voleva trasferire in una camera singola rispose: «Il mio posto è qui, tra i poveri». Tre giorni dopo spirò. Con il consenso del Papa, fu tumulato nella cripta della sua incompleta cattedrale. Il 12 aprile del 2000 il cardinale Ricardo María Carles Gordó, arcivescovo di Barcellona, ha presieduto la solenne apertura del processo di beatificazione.
Il testo
Pubblichiamo una parte dell’intervento «Il Gaudí dal Sol Levante», di Etsuro Sotoo, che uscirà martedì su Luoghi dell’Infinito. Sotoo, scultore giapponese, è colui che ha raccolto l’eredità del cantiere della chiesa "più medievale" d’Europa, la Sagrada Familia di Barcellona. Nato a Fukuoka nel 1953, laureato all’università di Belle Arti di Kyoto, è giunto alla Sagrada Familia nel 1978. Dopo essere passato attraverso il buddhismo, lo scintoismo, nel 1991 ha chiesto il battesimo.
Il testo pubblicato fa parte di una conferenza tenuta nelle settimane scorse al Centro Culturale di Milano.
Oggi, a quasi centotrenta anni dalla posa della prima pietra, la Sagrada Familia è ancora un grande cantiere. Eppure è il monumento spagnolo più visitato: ogni anno accoglie due milioni e mezzo di persone. «La bellezza è lo splendore della verità - ripeteva Gaudí - Siccome l’arte è bellezza, senza verità non c’è arte. Per conoscere la verità si devono conoscere bene gli esseri del mondo creato». Nel tormento vitale delle sue pietre si trova rappresentato tutto ciò che sta sotto il cielo. Dragoni, salamandre, serpenti sono abbarbicati sulle pareti esterne. Foglie di palma e segni zodiacali ornano muri e soffitti, guglie e doccioni. Sulle pareti si trova un’inusitata ricostruzione di episodi biblici perché Gaudí voleva non solo un luogo di preghiera bensì una vera bibbia «aperta al bacio del sole».
* Avvenire, 03.06.2007