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MEMORIA DELLA BUONA-ALLEANZA. Testimonianze cristiane del Terzo Millennio dopo Cristo, contro il cattolicesimo-romano!!!

CRISTIANESIMO, CATTOLICESIMO E BERLUSCONISMO. Don Paolo Farinella, prete di Genova, scrive all’Arcivescovo di Genova e al Presidente della CEI, Mons. Bagnasco. Nessuna risposta, né dall’Uomo né dall’Arcivescovo né dal Presidente della CEI. Che dire?! Chi tace ... "acconsente"!!! - a cura di Federico La Sala

IL SONNO DELLA RAGIONE, EVANGELICA E COSTITUZIONALE, GENERA MOSTRI, ATEI E DEVOTI. il "CODICE" CATTOLICO-ROMANO E’ PRE-CRISTIANO E MAFIOSO.
mercoledì 6 giugno 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] «Care Amiche e amici,
invio questa lettera spedita al mio vescovo, nonché Presidente della Cei prima privatamente e dando una settimana di tempo per un eventuale incontro di approfondimento. Non ho avuto alcun riscontro per cui mi sento libero di renderla pubblica. Molte altre cose avrei voluto dire, ma dovevo restare entro una pagina. Sarà per la prossima lettera d’amore [...] - Genova 14 maggio 2007
[...] SENZA LA PROFEZIA, RIMANE LA COMPLICITÀ*
Egregio sig. Cardinale,
viviamo (...)

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> CRISTIANESIMO, CATTOLICESIMO E BERLUSCONISMO. --- FANGO E GRIDA DAVANTI ALLA MORTE È UN’ITALIA CHE NON MI APPARTIENE (di don Paolo Farinella).

mercoledì 11 febbraio 2009

FANGO E GRIDA DAVANTI ALLA MORTE È UN’ITALIA CHE NON MI APPARTIENE

di DON PAOLO FARINELLA

Ringraziamo don Paolo Farinella per averci messo a disposizione questo suo articolo pubblicato su la Repubblica Ed. Genova del 11-02-2009 Pagina 14 *

Come credente e prete cattolico amo la morte con la stessa passione con cui celebro la vita. Anzi, la desidero. Seduto ai bordi del sepolcro dove avevano seppellito il Signore per piangere la sua morte, un angelo mi ha detto: Perché cerchi tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto! (cf Lc 24,5-6).

So bene che se Cristo non fosse risorto, futile sarebbe la fede mia (cf 1Cor 15,17). Per me credente, la morte è la soglia, il velo che separa dalla visione, dall’amplesso d’amore con il Dio che evoca la vita e chiama alla morte. Credia­mo nella risurrezione, inneggiamo a Cristo risorto e fuggiamo dalla morte come se fosse una tragedia infausta. Non siamo credenti, siamo solo mate­rialisti verniciati esteriormente con una mano di religione scadente e scaduta che, assumendo il volto di cir­costanza e le grisaglie luttuose, si nutre del rito vuoto delle «condo­glianze».

Ogni giorno ringrazio il mio Dio in anticipo perché potrebbe essere l’ultimo giorno e gli rendo lodi pre­vie in caso non avessi la possibilità di farlo con coscienza. Amo «sorella morte» che aspetto come il culmine della mia vita, l’atto supremo che svelerà la pienezza della mia umanità. Ho visto morire mia mamma, ridotta a un urlo di dolore così atro­ce da non potere più essere nutrita nemmeno col Pane disceso dal cie­lo per alleviare le piaghe che aveva­no devastato la bocca; e due tumori come una tenaglia l’hanno stritola­ta in una morsa indicibile. Impo­tente davanti a lei, avevo solo la for­za di pregare e supplicare che mo­risse, e subito. Chi potrebbe dire che volevo togliermi un fastidio? Volevo che mia mamma morisse perché l’amavo con tutto il cuore e oltre la parvenza di vita, oltre «i principi» che erano maciullati in quella boc­ca che non poteva avere una goccia di acqua refrigerante. Chi potrebbe accusarmi di averla fatta morire di fame e di sete?

Ho rivissuto la morte di mia mamma nella morte di Eluana. An­che questa, come quella, alla fine si è trasformata in un magistero di vi­ta, svelando le pieghe nascoste del­la falsità e della strumentalizzazio­ne. Il proprietario del governo che tiene al guinzaglio il parlamento si è accreditato come paladino della vi­ta e ha accusato i suoi avversari po­litici di essere propugnatori di mor­te. Ha aggiunto che la «Costituzione è ispirata a quella sovietica».

Spregiudicato e amorale più del solito, ha usato la solenne austerità della morte e il dolore di una famiglia per incrinare gli assetti istituzionali dello Stato, cercando di scaricare sul Presidente della Repubblica la re­sponsabilità della morte. Le bugie però hanno le gambe corte. Viene resa pubblica una lettera speditagli dalla famiglia Englaro nel 2004 per chiedere l’intervento della politica. Lui nega, come suo solito, anche di fronte alla ricevuta postale di ritorno. Per cinque anni non gli è inte­ressato nulla di Eluana e quella let­tera non ha avuto risposta.

Ora all’improvviso contingenta il parlamento per una decretazione d’urgenza, da spendere come viati­co per una nuova e intima alleanza con mondo clericale, trasformare il sodalizio già consistente in un «pat­to d’acciaio», usando come una clava il corpo inerte e crocifisso di Eluana. I preti cadono nel tranello, sa­pendo di cadervi e si trovarono sul banco degli accusatori della Presi­denza della Repubblica. Troppo ghiotta è l’occasione per allargare l’influenza confessionale su uno Stato che per volontà del suo gover­no è diventato un parterre di sacre­stia. Don Sturzo si rivolta nella tom­ba. Intanto la sua tv non interrompe il "Grande fratello", lupanare di sentina, perché il guadagno e la pubblicità vengono prima della morte di Eluana. Un gesto politico di grande coerenza.

Chi ha gridato «assassino» allo sventurato padre di Eluana che, muto per amore di sua figlia riceve anche questo fango, sono gli stessi che urlano contro gli immigrati che vorrebbero rimandare indietro nei loro paesi di morte a morire di fame e di sete. Sono gli stessi che gridano contro le moschee nelle nostre città, uccidendo così la preghiera e la fede di chi ha diritto di credere e pregare nel proprio Dio. Sono gli stessi che hanno partecipato convinti ad una guerra preventiva (Iraq), sapendo di non averne diritto e sapendo che avrebbero ucciso e sarebbero stati uccisi. Non esiste coerenza senza verità e non esiste verità senza coe­renza.

Come cittadino mi sento estraneo in questa patria alla deriva; come prete mi sento fuori da una casta clericale che supplisce la perdita di autorevolezza e di consensi con alleanze diaboliche di potere tra po­tenti; come credente aspetto con gioia la miaora, dichiarando find’ora che nessuno, per nessun motivo e con qualsiasi mezzo deve ritarda­re il mio incontro col Signore. La morte è per me l’atto più umano della vita umana e il vertice della mia solitudine. La profondità del mistero della vita.

* Il dialogo, Mercoledì 11 Febbraio,2009 Ore: 14:13


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