FANGO E GRIDA DAVANTI ALLA MORTE È UN’ITALIA CHE NON MI APPARTIENE
di DON PAOLO FARINELLA
Ringraziamo don Paolo Farinella per averci messo a disposizione questo suo articolo pubblicato su la Repubblica Ed. Genova del 11-02-2009 Pagina 14 *
Come credente e prete cattolico amo la morte con la stessa passione con cui celebro la vita. Anzi, la desidero. Seduto ai bordi del sepolcro dove avevano seppellito il Signore per piangere la sua morte, un angelo mi ha detto: Perché cerchi tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto! (cf Lc 24,5-6).
So bene che se Cristo non fosse risorto, futile sarebbe la fede mia (cf 1Cor 15,17). Per me credente, la morte è la soglia, il velo che separa dalla visione, dall’amplesso d’amore con il Dio che evoca la vita e chiama alla morte. Crediamo nella risurrezione, inneggiamo a Cristo risorto e fuggiamo dalla morte come se fosse una tragedia infausta. Non siamo credenti, siamo solo materialisti verniciati esteriormente con una mano di religione scadente e scaduta che, assumendo il volto di circostanza e le grisaglie luttuose, si nutre del rito vuoto delle «condoglianze».
Ogni giorno ringrazio il mio Dio in anticipo perché potrebbe essere l’ultimo giorno e gli rendo lodi previe in caso non avessi la possibilità di farlo con coscienza. Amo «sorella morte» che aspetto come il culmine della mia vita, l’atto supremo che svelerà la pienezza della mia umanità. Ho visto morire mia mamma, ridotta a un urlo di dolore così atroce da non potere più essere nutrita nemmeno col Pane disceso dal cielo per alleviare le piaghe che avevano devastato la bocca; e due tumori come una tenaglia l’hanno stritolata in una morsa indicibile. Impotente davanti a lei, avevo solo la forza di pregare e supplicare che morisse, e subito. Chi potrebbe dire che volevo togliermi un fastidio? Volevo che mia mamma morisse perché l’amavo con tutto il cuore e oltre la parvenza di vita, oltre «i principi» che erano maciullati in quella bocca che non poteva avere una goccia di acqua refrigerante. Chi potrebbe accusarmi di averla fatta morire di fame e di sete?
Ho rivissuto la morte di mia mamma nella morte di Eluana. Anche questa, come quella, alla fine si è trasformata in un magistero di vita, svelando le pieghe nascoste della falsità e della strumentalizzazione. Il proprietario del governo che tiene al guinzaglio il parlamento si è accreditato come paladino della vita e ha accusato i suoi avversari politici di essere propugnatori di morte. Ha aggiunto che la «Costituzione è ispirata a quella sovietica».
Spregiudicato e amorale più del solito, ha usato la solenne austerità della morte e il dolore di una famiglia per incrinare gli assetti istituzionali dello Stato, cercando di scaricare sul Presidente della Repubblica la responsabilità della morte. Le bugie però hanno le gambe corte. Viene resa pubblica una lettera speditagli dalla famiglia Englaro nel 2004 per chiedere l’intervento della politica. Lui nega, come suo solito, anche di fronte alla ricevuta postale di ritorno. Per cinque anni non gli è interessato nulla di Eluana e quella lettera non ha avuto risposta.
Ora all’improvviso contingenta il parlamento per una decretazione d’urgenza, da spendere come viatico per una nuova e intima alleanza con mondo clericale, trasformare il sodalizio già consistente in un «patto d’acciaio», usando come una clava il corpo inerte e crocifisso di Eluana. I preti cadono nel tranello, sapendo di cadervi e si trovarono sul banco degli accusatori della Presidenza della Repubblica. Troppo ghiotta è l’occasione per allargare l’influenza confessionale su uno Stato che per volontà del suo governo è diventato un parterre di sacrestia. Don Sturzo si rivolta nella tomba. Intanto la sua tv non interrompe il "Grande fratello", lupanare di sentina, perché il guadagno e la pubblicità vengono prima della morte di Eluana. Un gesto politico di grande coerenza.
Chi ha gridato «assassino» allo sventurato padre di Eluana che, muto per amore di sua figlia riceve anche questo fango, sono gli stessi che urlano contro gli immigrati che vorrebbero rimandare indietro nei loro paesi di morte a morire di fame e di sete. Sono gli stessi che gridano contro le moschee nelle nostre città, uccidendo così la preghiera e la fede di chi ha diritto di credere e pregare nel proprio Dio. Sono gli stessi che hanno partecipato convinti ad una guerra preventiva (Iraq), sapendo di non averne diritto e sapendo che avrebbero ucciso e sarebbero stati uccisi. Non esiste coerenza senza verità e non esiste verità senza coerenza.
Come cittadino mi sento estraneo in questa patria alla deriva; come prete mi sento fuori da una casta clericale che supplisce la perdita di autorevolezza e di consensi con alleanze diaboliche di potere tra potenti; come credente aspetto con gioia la miaora, dichiarando find’ora che nessuno, per nessun motivo e con qualsiasi mezzo deve ritardare il mio incontro col Signore. La morte è per me l’atto più umano della vita umana e il vertice della mia solitudine. La profondità del mistero della vita.