Morto Chavez, l’accusa del vice Maduro
“E’ stato avvelenato come Arafat”
Nel Venezuela sale la tensione,
espulsi dal paese 2 funzionari Usa
di Giordano Stabile *
«Abbiamo ricevuto la dura e tragica notizia che il comandante Hugo Chavez è morto». A Caracas erano le 16 e 25. L’annuncio, laconico, del delfino del leader venezuelano, Nicolas Maduro è arrivato dopo una giornata convulsa, piena di colpi di scena. Una giornata segnata da una lotta contro la realtà che avanzava irrevocabile, nonostante la resistenza disperata dell’entourage dell’ex colonnello dei paracaduti divenuto l’eroe del Sudamerica, il «bolivariano» antagonista degli Stati Uniti, amico del popolo, di Cuba e di Castro.
«È un momento di profondo dolore», è riuscito ad aggiungere Maduro, interrompendosi fra i singhiozzi, mentre i militari intorno a lui gridavano «lunga vita a Chavez». Era il suo secondo discorso alla nazione in diretta tv. Il primo, poche ore prima, era servito ad annunciare un «attacco esterno del nemico imperialista», un complotto per «infettare» il presidente, farlo ammalare a morte», come era successo con Arafat. «Abbiamo seri sospetti su un attacco dei nemici della Rivoluzione al nostro caro leader. Abbiamo raccolte prove, ci sono diverse piste. La malattia che lo ha colpito è stata provocata dai nostri nemici», aveva scandito Maduro.
Ma nel denunciare il complotto per la prima volta aveva ammesso che le condizioni di Chavez era disperate. «Sta vivendo le sue ore più difficili». Erano anche le ultime. Intanto partivano le rappresaglie contro il nemico di sempre, gli Stati Uniti. Due funzionari dell’ambasciata, addetti militari, venivano espulsi. Uno, David Del Monaco, addetto militare aeronautico, a detta del governo venezuelano «stava cospirando contro la stabilità della patria, si è voluto riunire con nostri militari, le Forze Armate vanno rispettate, ha 24 ore di tempo per andarsene».
Ma lo stesso Maduro, fino ad una settimana fa, sosteneva che Chavez stava lottando energicamente per battere il tumore, che lo aveva colpito quasi due anni fa. Il ritorno a Caracas, una settimana fa, aveva riacceso le speranze, ma nell’aria, ovunque, c’era un clima già di lutto. Per molti, Chavez era addirittura già morto da giorni e il governo stava valutando qual era il momento migliore per annunciare la notizia. Si parlava, negli ambienti dell’opposizioni, di un annuncio «già pronto per Pasqua», durante le vacanze, il che avrebbe facilitato il controllo dell’ordine pubblico. Speculazioni spazzate via dalle parole e dalle lacrime di Maduro. Per il Venezuela, e per il Sudamerica, finisce un’epoca aperta nel 1998 e si spalanca un futuro incerto.
* La Stampa, 05/03/2013