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IL BUON MESSAGGIO (Eu-angelo, ev-angelo, non ... vangelo, il gelo dell’inferno!). In principio era la Parola del Dio Amore ("Deus Charitas") - non il "logo" di "Mammasantissima" e di "Mammona" ("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006)!!!

PIRANDELLO E LA BUONA-NOVELLA. DALL’ITALIA, DALLA SICILIA, DA AGRIGENTO, DA BONN, DA ROMA, DA MILANO, DA NAPOLI, DA SAN GIOVANNI IN FIORE, E DA GERUSALEMME: UN "URLO" MAGISTRALE PER BENEDETTO XV ... E BENEDETTO XVI - a c. di Federico La Sala

LA NOTTE DI NATALE. Basta con la vecchia, zoppa e cieca, famiglia cattolico-romana, camuffata da "sacra famiglia"!!!
giovedì 13 settembre 2012 di Emiliano Morrone
[...] Venuta la notte di Natale, appena il signor Pietro Ambrini con la figlia e i nipotini e tutta la servitù si recarono in chiesa per la messa di mezzanotte, il signor Daniele Catellani entrò tutto fremente d’una gioia quasi pazzesca nella stanza del presepe: tolse via in fretta e furia i re Magi e i cammelli, le pecorelle e i somarelli, i pastorelli del cacio raviggiolo e dei panieri d’uova e delle fiscelle di ricotta - personaggi e offerte al buon Gesù, che il suo demonio non aveva (...)

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> PIRANDELLO E LA BUONA-NOVELLA: UN "URLO" MAGISTRALE --- GUARIRE LA NOSTRA TERRA. Il Papa in Asia. All’Annuncio serve il «dialetto» perché non ne siamo padroni (di Maurizio Patriciello).

sabato 23 novembre 2019

Il Papa in Asia

All’Annuncio serve il «dialetto» perché non ne siamo padroni

di Maurizio Patriciello (Avvenire, sabato 23 novembre 2019)

La paura paralizza la libertà, tarpa le aspirazioni, impedisce di guardare oltre l’orizzonte. Dio è amore, libertà, verità. Amarlo vuol dire annunciare la ’sua’ Parola, non la nostra camuffata. In ogni discorso di papa Francesco in Thailandia - come del resto dappertutto - riecheggia il Vangelo che da due millenni impregna le nostre terre. Ogni uomo traduce in immagini le parole che giungono ai suoi orecchi. La parola ’pane’, per esempio, richiama alla mia mente un mondo che ha il sapore della casa, degli affetti, del camino acceso e delle carezze della mamma. Non posso, e non mi permetto, di pretendere che le stesse sensazioni le provi un cinese, o un islandese.

Il rispetto per la persona umana, quando è vero, deve passare attraverso il rispetto della sua cultura, della sua storia, della sua lingua, del suo mondo interiore. Al Papa stanno a cuore le persone, tutte, quelle non credenti e quelle di diverse religioni; e quelle che, come lui, hanno scommesso su Gesù la loro vita. Francesco sa che il grano della Parola che salva può e deve essere separato dalla crusca.

Siamo legati alle nostre tradizioni, è un bene? Si, se riconosciamo che sono ’nostre’, appartengono a noi, alla nostra storia. Via San Gregorio Armeno è un vicolo della vecchia Napoli, che nei giorni di Natale diventa un solo, grande mercato di presepi. Qui, folkrore, fede, tradizione, affari si confondono. Ebbene, credo che proprio il presepe napoletano, nella sua ingenuità, possa assurgere ad esegesi delle parole del Papa. Il mondo che rappresenta, infatti, non è quello di Betlemme dove nacque Gesù ma la Napoli del Settecento. I napoletani lo hanno sempre saputo e non se ne sono mai scadalizzati. Al contrario.

In quelle scenografie in miniatura, oltre alla capanna con la Sacra famiglia, c’è di tutto, e altro si può aggiungere, secondo la fantasia di ognuno. Oggi diremmo che il presepe napoletano è inclusivo. Le bancarelle dei pescivendoli, i negozietti dei merciai e dei macellai, li puoi trovare ancora oggi a Porta Nolana, ai Vergini, ai Quartieri spagnoli. Le massaie sorridenti, con gli zigomi rossi fuoco e i grembiuli che servivano anche come borse per la spesa, sono le nostre bisnonne. Gli zampognari sono scesi dai monti dell’Irpinia e del Molise, per suonare, dietro una piccola offerta, la ninna nanna a Gesù davanti alle nostre case.

«Il Signore non ci ha chiamati per mandarci nel mondo a imporre alle persone carichi più pesanti di quelli che già hanno, ma a condividere una gioia, un orizzonte bello, nuovo e sorprendente» ha detto Francesco in Asia ai religiosi cattolici. Perciò «non bisogna aver paura di cercare nuove forme, simboli, immagini e musiche per inculturare sempre di più il vangelo e ridestare il desiderio di conoscere il Signore».
-  Il Papa invita poi i cristiani di tutto il mondo a confessare la fede «in dialetto» alla maniera in cui una mamma canta la ninna nanna al suo bambino. Bellissimo. Proprio come ha fatto Maria.
-  Il Papa come il grande sant’Alfonso Maria de’ Liguori.

Da più di duecento anni, la notte di Natale, nelle nostre chiese, risuona il suo Quann nascette Ninno. In dialetto, appunto. Dobbiamo impegnarci di più per imparare meglio ad annunciare Cristo «in dialetto», facendoci, cioè, «tutto a tutti». Senza tentennamenti, senza paure, senza sentirci padroni di niente. Coscienti di essere solo «servi inutili» che hanno avuto la grazia immensa di averlo conosciuto.


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