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Dio è amore ("charitas"), non caro-prezzo ("caritas") né "mammona"!!! Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!

TEMPI NUOVI PER L’AVVENIRE DELLA CHIESA. Gianfranco Ravasi "rompe" gli indugi e prende le "distanze" dal Dio "caritas" e in accordo con Chateaubriand dichiara: «la vera felicità costa poco; se è cara, non è di buona qualità»!!! - a cura di Federico La Sala

MONSIGNOR RAVASI, MA NON E’ POSSIBILE FARE CHIAREZZA? DIO E’ AMORE ("Charitas") O MAMMONA ("Caritas")?! Ha dimenticato l’esortazione di Papa Wojtyla ("Se mi sbalio, mi coriggerete")?!
sabato 14 luglio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Aveva ragione un importante autore francese, François-René de Chateaubriand, quando affermava che «la vera felicità costa poco; se è cara, non è di buona qualità». Ritroviamo anche noi la limpidità, la lievità interiore, la luminosità serena e gusteremo la vera gioia [...]
GESU’ "CRISTO", GESU’ DI NAZARET. MA CHI ERA COSTUI?! CERTAMENTE IL FIGLIO DELL’AMORE ("CHARITAS") DI GIUSEPPE E DI MARIA!!! NON IL FIGLIO DEL "DIO" ("CARITAS") DELLA CHIESA AF-FARAONICA E COSTANTINIANA !!! (...)

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> TEMPI NUOVI PER L’AVVENIRE DELLA CHIESA. Gianfranco Ravasi "rompe" gli indugi e prende le "distanze" dal Dio "caritas" e in accordo con Chateaubriand dichiara: «la vera felicità costa poco; se è cara, non è di buona qualità»!!! - a cura di pfls

mercoledì 8 agosto 2007

RILETTURE

Canto del peccato e del pentimento, ma pure del perdono. Così la preghiera più nota del Salterio ha lasciato le sue tracce nell’arte

La gran gioia del Miserere

Da Agostino a Dante, dal Savonarola a Giovanna d’Arco e Dostoevskij, il salmo 51 ha plasmato la cultura occidentale

di Gianfranco Ravasi (Avvenire, 08.08.2007)

«Grazie, mio Dio, per averci dato questa divina preghiera del Miserere... Diciamo spesso questo Salmo, facciamone spesso la nostra preghiera! Esso racchiude il compendio di ogni nostra preghiera: adorazione, amore, offerta, ringraziamento, pentimento, domanda. Esso parte dalla considerazione di noi stessi e della vista dei nostri peccati e sale sino alla contemplazione di Dio passando attraverso il prossimo e pregando per la conversione di tutti gli uomini». Queste parole del mistico francese Charles de Foucauld esprimono l’adesione appassionata che la comunità cristiana ha riservato a questa supplica, certamente una delle più celebri di tutto il Salterio.

Un’adesione che è già implicita in alcune pagine del Vangelo di Luca sulla misericordia divina. Pensiamo solo alla confessione del figlio prodigo nel peccato davanti al padre prodigo d’amore nella parabola di Luca: «Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te, non sono più degno d’essere chiamato tuo figlio». Pensiamo alla supplica del pubblicano «giustificato»: «O Dio, abbi pietà di me peccatore!». Un salmo che è stato presente in filigrana nella grande riflessione di san Paolo sul peccato. Anzi, il versetto 6 viene esplicitamente citato dall’Apostolo nella Lettera ai Romani (3, 4). Il Miserere, divenuto sinonimo di peccato-pentimento-perdono, penetra nella tradizione dei Padri della Chiesa ove riceve un appassionato commento omiletico da parte di sant’Anselmo, diventa l’ossatura ideale delle Confessioni di sant’Agostino, viene amato e meditato da san Gregorio Magno. Il Miserere è il segnale di battaglia del Savonarola, critico severo del peccato e dell’ingiustizia, ma anche delicatissimo annunziatore del perdono divino. Il Miserere è stato anche una specie di motto per i soldati di Giovanna d’Arco: sulla scia della serenità dell’eroina, il soldato Dunois farà incidere nella cappella della santa di Beaugency le semplici parole Cor mundum crea in me, Deus, considerate le radici della forza e della fiducia di quella donna. Nella Divina Commedia è in assoluto il salmo più evocato, soprattutto nel suo avvio latino Miserere. Anzi, nel Purgatorio sono i negligenti nel pentirsi che cantano «Miserere a verso a verso».

Amato visceralmente da Lutero, che gli dedicherà pagine altissime indimenticabili, il salmo 51 (50 nella numerazione dell’antica versione greca e latina) è stato il silenzioso compagno di lacrime di tanti peccatori pentiti, è stata la segreta biografia di anime sensibili, è stato lo specchio della coscienza vivissima e lacerata di uomini come Dostoevskij, è stato l’atto d’accusa contro ogni forma di fariseismo ipocrita. Infatti, come scriveva il filosofo Max Scheler in Pentimento e rinascita, «più la colpa s’aggrava, più essa si cela agli occhi del peccatore; ma più cresce l’umiltà, più si diventa sensibili alla minima mancanza». Il salmo 51 è entrato anche nell’arte: emblematiche sono appunto le incisioni dedicate al Miserere da Georges Rouault.

Tra le innumerevoli letture musicali del salmo, divenuto d’altra parte un testo costante nelle liturgie penitenziali e funebri cristiane, citiamo solo il poco noto Miserere di Donizetti, composto dal musicista a 23 anni nel 1820. Rouault, introducendo la figura di Cristo in questo canto di pentimento e di perdono, evoca però soprattutto l’anima cristiana che ha pervaso il Miserere nell’uso tradizionale secolare di questa preghiera all’interno della liturgia ecclesiale e della pietà popolare. Nel salmo il protagonista ostile non è un nemico esterno ma il peccato personale, visto come un incubo e come la persecuzione più terribile per l’uomo. Il senso del peccato è vivissimo, come intensa è la coscienza che la riconciliazione è dono di Dio e non creazione delle mani dell’uomo. Tutti i moduli e gli schemi della supplica per la liberazione da un nemico sono allora trasformati e divengono quelli del «sacramento» della riconciliazione. Lo squallore della prova si muta in confessione del peccato, l’implorazione di aiuto diventa domanda di perdono, il desiderio di eliminazione dell’avversario si cambia in supplica di cancellazione del peccato e di ritorno alla grazia, la promessa di sacrificio al tempio si trasforma in impegno di testimonianza missionaria. Solo con questo forte senso del peccato si comprende la grande gioia che traspare dall’uomo perdonato. Ma anche è solo con un vivo senso della misericordia di Dio che si può comprendere il male del peccato.

Scriveva san Bonaventura nella Legenda Maior che «san Francesco in ognuna delle creature, come in altrettante derivazioni, intravedeva con straordinaria pietà il brillare unico della misericordia divina». La via perfetta e decisiva per conoscere il peccato è, allora, l’amore di Dio che - nella visione cristiana, esaltata appunto da Rouault - ci salva nel Figlio fatto nostro fratello in senso pieno, varcando anche le frontiere «invalicabili» da parte di un Dio, cioè quelle del male, del dolore e della morte: «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore» (2 Corinzi 5, 21).

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la mostra

Ad Ancona le 58 tavole di Rouault *

Si inaugura questa sera alla Mole Vanvitelliana di Ancona «Georges Rouault. Miserere», mostra delle 58 tavole originali che il grande artista francese pubblicò 59 anni or sono, La rassegna, aperta fino al 18 novembre, è curata da Flavio Arensi e Giancarlo Galeazzi; quest’ultimo nel catalogo (da cui traiamo stralci dell’analisi teologica del salmo 51 firmata da Gianfranco Ravasi) racconta il rapporto tra Rouault - scomparso 50 anni fa - e l’amico filosofo Jacques Maritain. La mostra è inserita negli eventi previsti per l’«Agorà dei Giovani» in occasione della visita del Papa a Loreto; oggi alle 21 spettacolo di Giovanni Lindo Ferretti (parole e canto) con Ezio Bonicelli al violino.

* Avvenire, 08.08.2007


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