epistolario
Oltre 200 missive tra don Mazzolari e Maria di Campello rivelano l’amicizia a distanza dei due grandi della Chiesa
Il Primo e la Minore, lettere dell’anima
Un carteggio specchio di cattolicesimo inquieto, per nulla conformista, lontano da ogni zelo fazioso e da apparati di potere. Dal suo eremo la sorella seppe raggiungere personaggi come Albert Schweitzer, Dorothy Day, Gandhi e fu vicina allo scomunicato Ernesto Buonaiuti per non tradire la sua coscienza
DI MARCO RONCALLI (Avvenire, 15.03.2008)
C’ è la storia di un’amicizia epistolare salda, nella comune passione per l’uomo immagine di Dio. C’è un lungo colloquio, intessuto di ricerca spirituale e di radicale riferimento al Vangelo. C’è un diffuso senso del sacro, che avvolge creato e creature, i gigli del campo come le stelle della sera. E c’è una comunione che ci parla di cose sante, di pace e preghiera, che indica cieli aperti e orizzonti senza confini. Ecco cosa c’è nel carteggio tra Maria di Campello e Primo Mazzolari, vent’anni di lettere fra il celebre parroco di Bozzolo e la religiosa che alle falde del Clitunno ha dato vita a una comunità fra l’eremo e il chiostro, lettere ora raccolte da Mariangela Maraviglia.
Questo epistolario, come nota Enzo Bianchi nella prefazione, palesa la «trasparenza e la pacatezza che solo gli umili di fronte a Dio posseggono», come pure «le attese, le speranze e le sofferenze di una Chiesa che non desidera altro che farsi più prossima al Vangelo e agli uomini tutti». Non solo. Aperto con una chiave più «storica », lo scrigno di questa corrispondenza rivela oltre a tante tessere preziose nella ricostruzione dei profili «asimmetrici » dei corrispondenti, anche lo specchio di un cattolicesimo inquieto, per nulla incline al conformismo e all’unanimismo, lontano da ogni zelo fazioso politico o ecclesiastico, distante da ogni apparato di potere. Un cattolicesimo aperto per sensibilità interreligiosa e attenzione ai poveri, talvolta guardato con sospetto o emarginato, eppure tanto autentico e vivo, specie agli albori del risveglio liturgico e della riscoperta biblica, del cammino ecumenico e del rinnovamento monastico.
Il carteggio prende avvio nel 1925, quando le sorelle ancora non vivono nell’eremo ma risiedono in una vecchia villa non lontano da Campello, dove si trasferiranno l’anno seguente. Al «Reverendo Don Mazzolari», Maria chiede se conosce «una giovinetta di buona volontà» disposta a entrare nel suo «piccolo gruppo di terziarie francescane secolari» dove si sta «insieme, come sorelle, lavorando per vivere», «offrendo ospitalità a chi ha bisogno di venir a trovare pace in questa solitudine». Quasi due mesi più tardi la risposta, non positiva, del parroco di Bozzolo che comunque conclude la sua lettera «se il Signore vorrà...». Dopo questo primo approccio il carteggio ricomincia nel ’39, anno che vede l’unico incontro de visu tra Maria e don Primo, nel frattempo divenuto apprezzato scrittore e predicatore: proseguirà - alimentandosi di continuo - per arrestarsi solo nel ’59 con la morte di Mazzolari.
149 le missive di Maria: per lo più dettate, frutto di una «consuetudine disciplinata » (come impastare il pane) e firmate «la Minore», avvertendo come propria tale condizione («Novizia sono sempre nella via del Signore, e sempre egualmente indigente nello spirito e nel corpo»: così in una lette- ra del ’46). Novanta le epistole di don Primo, alias «frate Ignazio» - come impara a firmare dal ’41, quando si lega idealmente all’eremo pur non risiedendovi mai (con riferimento al vescovo martire di Antiochia, «frumento di Cristo»). Uno scambio rarefatto solo per la guerra e quando l’antifascista Mazzolari vive in clandestinità. Uno scambio, ancora, che rende conto di situazioni vissute dal prete cremonese, note o inedite. «Quello che ho sofferto a Camaldoli, tra quell’aridità insopportabile di schemi e di cuori, non ve lo scrivo. Ho reagito sino all’importunità » (3 settembre 1941). Oppure: «Sono stato a Napoli per il Congresso degli scrittori, ma la stanchezza del cuore mi ha fatto fretta nel ritorno. Non mi so più ritrovare in certe riunioni, ove finisco per disturbare troppa gente...» (14 ottobre 1954).
Ma se i testi mazzolariani sono prevedibili, quelli di Maria, figura ancor da scoprire dal largo pubblico (nonostante i carteggi editi o i libri di Roberto Morozzo Della Rocca e di Mariano Borgognoni), appaiono talora di forza sorprendente: «Ignazio, io sono pancristiana (...). Considero che le diverse Chiese Cristiane o i membri coscienti di queste Chiese sono chiamati a dare un loro contributo allo spirito ecumenico, gettando sale nelle acque malsane o insipide della nostra Cattolicità romana» (12 aprile 1951).
Forti e sorprendenti sono anche relazioni, incontri, contatti al centro di questa rete. Con Maria in rapporto con Albert Schweitzer e Gandhi, Giovanni Vannucci e David Turoldo, don Orione ed Ernesto Buonaiuti, don Tartaglia e don Michele Do, Brizio Casciola e Giorgio La Pira, Adelaide Coari e Dorothy Day, eccetera. Non a caso aveva fondato la sua famiglia mossa da «bisogno di più ampio respiro» - come documenta una sua lettera del ’42 a Pio XII. Nella stessa la Minore ammette di comprendere le diffidenze dell’autorità ecclesiastica nei suoi confronti, ma spiega la necessità che a Campello si possa celebrare la messa e rivela il vincolo con lo scomunicato Buonaiuti alias fra Ginepro.
Riferendo a papa Pacelli di aver resistito - in un momento di malattia - alla richiesta presentatale dal confessore: l’abiura dell’amicizia con Buonaiuti per avere l’assoluzione. «Ho sempre cercato di non tradire la mia coscienza. Non potrei farlo in quest’ora estrema», fu la risposta di Maria. La Minore comunicherà a Mazzolari il silenzio del Papa dopo la lettera. E fra Ignazio le scriverà: «Che Vi rispondano o no, questo ha poca importanza. Noi non ci facciamo molte illusioni (...) ci basta conoscere il nostro dovere e pregare Iddio». Ci sarà però più tardi una lettera di Montini, allora sostituto alla Segreteria di Stato, a trasmettere benedizione papale e una somma per l’eremo.
Sorella Maria di Campello - Primo Mazzolari
L’INEFFABILE FRATERNITÀ
Qiqajon. Pagine 378. Euro 23,00.