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DANTE E LA "MONARCHIA" DI AMORE. L’Arca dell’Alleanza, il Logos, e l’ordine di Melchisedech...

DANTE ALIGHIERI (1265-1321)!!! LA LINGUA D’AMORE: UNA NUOVA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO. CON MARX E FREUD. Una "ipotesi di rilettura della DIVINA COMMEDIA" di Federico La Sala (in un "quaderno" della Rivista "Il dialogo"), con prefazione di Riccardo Pozzo.

AL DI LÀ DELL’EDIPO E DEI VECCHI HEGEL HEIDEGGER HABERMAS E RATZINGER. Nel 200° anniversario della pubblicazione della "Fenomenologia dello Spirito" di Hegel (1807)
martedì 23 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
L’Arca dell’Alleanza del Logos e il codice di Melchisedech
La Fenomenologia dello Spirito... dei “Due Soli”. Ipotesi di rilettura della “Divina Commedia”.
di Federico La Sala
IL DIALOGO/Quaderni di teologia, Martedì, 24 luglio 2007

VIRGILIO A DANTE: "«[...]Dunque: che è? perché, perché restai?/perché tanta viltà nel core allette?/perché ardire e franchezza non hai?/poscia che tai tre donne benedette/curan di (...)

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> DANTE ALIGHIERI (1265-1321)!!! LA LINGUA D’AMORE: UNA NUOVA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO. --- Dante Alighieri: uno scrittore medioevale del Novecento (di Corrado Bologna - "La Ricerca", 2012).

giovedì 25 marzo 2021

      • continuazione del post precedente e fine

Dante Alighieri: uno scrittore medioevale del Novecento

La storia della fortuna critica della Commedia è la dimostrazione che si può considerare Dante uno scrittore essenzialmente “moderno”, forse l’unico capace di penetrare il senso profondo delle tragedie del nostro Novecento.

di Corrado Bologna (La ricerca, 27 Giugno 2012)

      • [...]

In quel luogo estremo l’umanità riconosce la propria finitudine, la propria irreparabile debolezza. Dante è stato il più acuto interprete di questa frale natura.
-  Nel XXX canto del Purgatorio, nell’istante in cui incontra nuovamente Beatrice dopo una siderale assenza (dalla metà della Vita nova in poi è assente nell’opera dantesca), Dante perde Virgilio, che è già ammutolito dall’ultimo verso del canto XXVII, in cui ha incoronato la nuova maturità umana e poetica dell’allievo. Lo svanire di Virgilio è la scomparsa della madre per il bimbo spaventato (“volsimi a la sinistra col respitto / col quale il fantolin corre a la mamma / quando ha paura o quando elli è afflitto”: Purg., XXX 37-45).
-  In tutta la Commedia Dante ha paura, trema, cerca una mamma. Non ha alcun pudore di dirci: come voi, ho paura; però seguìtemi, e ci riscatteremo insieme.
-  In vetta al Paradiso, nel momento in cui sta rappresentando le più alte, difficili, ineffabili verità, Dante torna ad essere un bambino piccolissimo, allattato al seno materno: “Omai sarà più corta mia favella, / pur a quel ch’io ricordo, che d’un fante / che bagni ancor la lingua a la mammella” (Par., XXXIII 106-108). Mandel’štam, da poeta, per primo ha sentito che in questo cadere, in questo esser vinto dalla paura (“...esta selva selvaggia e aspra e forte / che nel pensier rinova la paura!”), risiede la natura più umana di Dante, la sua forza, il suo coraggio di condividere con tutti gli uomini il più fragile degli affetti, e io credo anche il più moderno: la tenerezza, limite emozionale della vita.
-  L’infante e il balbuziente, chi inciampa nelle parole e chi non sa ancora trovarle, sono per Mandel’štam, e per noi tutti dietro a lui, l’emblema di una ricerca che non si appaga nell’illusione del sublime e della sua conquista, ma accetta le difficoltà e i rischi, la perdita e l’annientamento:

      • mi pare che Dante abbia studiato con attenzione tutte le pronunce difettose: che abbia ascoltato accuratamente i balbuzienti, i biascicanti, quelli che non pronunciano certe lettere o parlano nel naso, imparando qualcosa da ciascuno. Si vorrebbe parlare a lungo del colorito sonoro dell’Inferno. Una tipica musica labiale - abbo, gabbo, tebbe, rebbe, converrebbe - come se la fonetica fosse stata creata con l’aiuto di una balia.

La memoria, la scrittura, così come la cura di un oblio che aiuti a ricostruire senza dimenticare, una difficile quanto necessaria ars oblivionis che selezioni e orienti “l’uomo a sopravvivere all’uomo”, divengono una necessità della vita, le restituiscono il dinamismo e la forza fluttuante che strappa dall’oblio e dalla stasi. “La cultura, memoria iniziatrice, che restituisce iniziativa e movimento”: così Ernst Robert Curtius concludeva, citando il poeta Vjačeslav Ivanov vissuto in Russia ai tempi di Mandel’štam e morto in Italia, nell’Epilogo di Letteratura europea e Medio Evo latino, dopo un grande capitolo su Dante.

“Nella odierna situazione spirituale”, scriveva Curtius nel 1948 (ma credo che potremo ribadire l’idea anche nella situazione spirituale dei nostri giorni), “non v’è alcuna esigenza che appaia tanto imperiosa come quella di ristabilire la “memoria”. [...] Il dimenticare è, in taluni casi, altrettanto necessario del ricordare. Occorre saper dimenticare molte cose, se si vuole custodire ciò che è essenziale”.
-  Si può dimenticare tutto, ma non Dante. La domanda fondamentale, di fronte al gesto di Mandel’štam e di Levi, che con la rete slabbrata della memoria, per sospendere nell’oblio il presente assurdo del campo di concentramento, combattono per richiamare alla vita i versi della Commedia, è dunque: come e perché questo libro immenso e di altissimo ingegno, in cui forma e contenuto si rispecchiano in una perfezione di struttura e d’idea, sembra naturalmente instaurare, più di qualsiasi altro, soprattutto una relazione diretta con la vita e con la morte, con le loro radici affondate nel destino umano, nel punto più profondo della nostra esistenza?

La Commedia, ora che ne abbiamo scoperto e accettato l’inattualità di libro medioevale, ci appare il più moderno dei libri, il più novecentesco. Ci sembra che abbia immagazzinato e metabolizzato tutti i libri che lo hanno preceduto, tutta la tradizione, per offrircela rinnovata. E soprattutto ci pare che contenga, più di qualsiasi altro libro, un’idea di perfezione esatta e dinamica, di compiutezza logica e di geometrica quadratura delle passioni, ma anche di salvezza e di felicità per l’uomo: per ogni singolo uomo e per tutta l’umanità.
-  Ormai possiamo leggere la Commedia come il cielo stellato in cui proiettiamo i nostri sogni. Fatichiamo a decrittare i disegni che noi stessi vi abbiamo riconosciuto e deposto, ma come bambini a bocca aperta leggiamo questo libro pieno di stelle, che al modo dei sogni si manifestano chiedendo comprensione, invitandoci a capirli al nostro risveglio. Quei sogni, quelle stelle, quel libro, sono stati creati per risvegliarci.

Corrado Bologna. Professore Ordinario di Letterature romanze medioevali e moderne presso la Scuola Normale Superiore di Pisa..


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