L’uomo è antiquato? Günther Anders e la scena attuale *
Siamo tutti “umani”
di Pier Aldo Rovatti (Aut Aut, 14 marzo 2023, pp. 98-99)
Sulla scia del libro di Günther Anders (1956!), se dobbiamo ancora cercare di rispondere alla domanda se l’“uomo è antiquato” (alla quale reagiamo al tempo stesso con un sì e con un no), significa che non riusciamo a prenderla sul serio, forse perché può sembrarci troppo vaga. Credo che un modo per non scivolare in considerazioni generiche - per quanto “filosoficamente” attrezzate - sarebbe quello di entrarci dalla porta del linguaggio, cioè lavorando storicamente e criticamente sul senso da attribuire alla parola “uomo”. Ma se il sostantivo resta ovviamente decisivo (che cosa voleva dire in passato, cosa può indicarci nel nostro presente), potrebbe essere più utile cominciare da quell’aggettivo “umano” che adoperiamo comunemente.
La parola “uomo” potremmo addirittura scriverla con l’iniziale maiuscola e maneggiarla spostandola, come ormai accade nei discorsi che vogliono essere più “tecnici”, nell’equivalente anthropos (ancor più che nel latino homo) che preleviamo dal greco antico, come avviene per esempio nel caso della parola antropologia. Così ci sembra di correggere la vaghezza del termine con qualcosa di più preciso e specifico che ci dà l’illusione di restare nel mondo dei fenomeni visibili e studiarli senza fughe nella genericità.
L’uso corrente dell’aggettivo “umano” ha solo una debole parentela con la cultura dell’Umanesimo, alla quale torniamo molto spesso con grande interesse e anche nostalgia, come si verifica nella caratterizzazione (non solo universitaria) dei cosiddetti studi umanistici. Indicare un gesto come umano, inoltre, non significa neppure chiamare ogni volta in causa l’idea complessiva di umanità. Semmai è quest’ultimo termine che viene abbassato a un comportamento gentile opposto specularmente al suo contrario, cioè alla disumanità di un atto quotidiano.
Propongo allora di indebolire le accezioni alte di Uomo, sia scientifiche sia di rilevante impatto storico-culturale, tutte centrate sull’affermatività di un concetto generale ed eventualmente sulla sua perdita di valore, o magari sulle varianti attraverso cui ne riaffermiamo l’attualità.
Ricordate Fracchia, il personaggio comico creato da Paolo Villaggio, che si rivolge al suo capoufficio dicendogli: “Come è umano lei”? Proviamo a compararlo con le serissime e decisive pratiche “umanitarie” di cui leggiamo e sentiamo ogni giorno a proposito dei gesti che si contrappongono alle nequizie dello scenario
storico contemporaneo (razzismo e guerre in primis, ma sono tante e spuntano di continuo attorno a ciascuno di noi). Questo umanitarismo ha molta importanza, non possiamo chiudere gli occhi
o girarci dall’altra parte perché ci siamo dentro tutti: considerando
la questione da questa prospettiva, l’uomo è tutt’altro che antiquato, anzi è presso di noi, nessuno escluso, ogni momento.
Talmente poco invecchiato che la soglia di umanità di ogni
gesto resta un indicatore fondamentale del nostro esser-ci (per
dirla con Heidegger). E qui, però, iniziano le differenze e le
distinzioni, qui si collocano anche atteggiamenti ipocriti e variamente furbi per attribuire a sé e agli altri discutibili patenti di
umanità.
Ecco perché mi sono permesso di ricordare la battuta di Villaggio, la quale innesca un problema che forse ci fa capire meglio quale sia l’elemento che oggi può rendere oscillante l’idea di uomo, non nell’ipotetica fase del suo tramonto, piuttosto nella comprovata dinamica delle sue funzioni. Abbiamo più che mai bisogno di essere umani e umanitari, cioè “buoni” verso gli altri e quindi premianti verso noi stessi: è una delle molle vitali che ci tiene in piedi. Ma questa esperienza, da cui nessuno sembra potersi sottrarre, può essere giocata e manipolata in molti modi.
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L’uomo è antiquato? Günther Anders e la scena attuale
a cura di Micaela Latini e Vallori Rasini
Vallori Rasini Uomo e mondo in Günther Anders
Micaela Latini Le persone e le cose. Anders lettore di Rodin
Natascia Mattucci Il potere delle parole. Lingua e politica
Rossella Bonito Oliva Il dislivello prometeico e l’elaborazione estetica del lutto
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Fabio Polidori Distanze
Francesca R. Recchia Luciani Alfabetizzazione sentimentale e immaginazione empatica: Günther Anders e Hannah Arendt
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