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Piani di Zervo...

ITALIA. ABUSI SESSUALI: UN SACERDOTE NELLA BUFERA. Don Gelmini, il fondatore della Comunità Incontro, indagato dalla procura di Terni. Lo accusano diversi ex ospiti della sua comunità. AN e "Forza Italia" lo difendono: il 15 agosto in Aspromonte il "Don Gelmini day" - a cura di pfls

lunedì 6 agosto 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Sembra che le dichiarazioni di accusa siano molte e abbastanza concordanti. I racconti, alla fin fine, sono sempre gli stessi. Ruotano attorno a una comunità chiusa dove c’è una figura di enorme carisma che non si limiterebbe a prendersi cura delle anime. Così sarebbe successo in alcuni casi, almeno, a giudicare dai verbali che si sono accumulati nei fascicoli della procura. Su questo aspetto segreto della vita comunitaria al Mulino Silla sono stati interrogati anche molti volontari (...)

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> ITALIA. ABUSI SESSUALI: UN SACERDOTE NELLA BUFERA. Don Gelmini, il fondatore della Comunità Incontro, indagato dalla procura di Terni. Lo accusano diversi ex ospiti della sua comunità. AN e "Forza Italia" lo difendono: il 15 agosto in Aspromonte il "Don Gelmini day" - a cura di pfls

domenica 5 agosto 2007


-  Si accende la polemica politica sull’azione dei pm di Terni che indagano sul sacerdote
-  Il ministero della Giustizia: "Il Guardasigilli non ha manifestato l’intenzione di interferire"

-  Don Gelmini, inchiesta sulla fuga di notizie
-  Il sacerdote: "Non attacco gli ebrei"

-  La comunità ebraica chiede le scuse dopo le accuse di lobbismo
-  Il religioso: "Mi sono espresso male, non parlavo di ebrei ma di massoni"
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TERNI - La Procura di Terni ha aperto un’indagine sulla fuga di notizie relativa all’inchiesta sui presunti abusi sessuali che coinvolge don Pierino Gelmini. Ma sono proprio le ultime esternazioni sulla stampa del sacerdote a far discutere. E che lo costringono ad una repentina retromarcia. Dopo aver puntato l’indice contro una presunta lobby ebraica e radical-chic, oggi precisa: "Volevo dire lobby massonica radical chic. Chiedo scusa agli ebrei perché per loro io ho molto rispetto e considerazione".

Parole che tuttavia non placano la reazione della comunità ebraica. "Accuse farneticanti - dice Riccardo Pacifici, vicepresidente e portavoce - forse dovute allo stress del momento e anche al caldo. Le respingiamo e restiamo in attesa di scuse. Don Gelmini ha utilizzato uno stereotipo che per duemila anni è stato usato dalla Chiesa e che poi è stato fatto proprio dalla politica e quindi dal nazismo. Sappiamo bene quanti lutti e dolori ha causato tutto questo".

Nel frattempo l’ufficio stampa del ministero della Giustizia sottolinea che il Guardasigilli Clemente Mastella "non ha manifestato l’intenzione di interferire nell’inchiesta", accusando la stampa di strumentalizzazioni. Ieri Mastella aveva detto di voler essere "vigile per evitare scivolature e aspetti fuorvianti e strumentalizzazioni "di carattere anticlericale".

"Agli scienziati del diritto e del ’rovescio’, che ogni volta intervengono - sottolinea oggi l’ufficio stampa - ricordiamo che il ministro ha sempre preso posizione a favore del rispetto della persona, chiunque essa sia, e che su questo ha sempre vigilato e vigilerà senza mai mettere in discussione l’indipendente esercizio del potere di indagine della magistratura, come dimostra un intero anno della sua azione di governo".

La stessa Procura di Terni - sottolinea l’ufficio stampa - "ha aperto un’indagine sulla fuga di notizie e il potere di vigilanza del Guardasigilli è strettamente funzionale al buon andamento dell’amministrazione della giustizia, ciò che costituisce comune interesse del ministro, della magistratura inquirente e di tutti i cittadini".

Al chiarimento di via Arenula fanno da contraltare le prese di posizione degli esponenti politici che chiedono l’intervento di Mastella, preoccupati dal clamore suscitato dall’inchiesta. "Oggi serve più presenza su don Gelmini - dice il segretario della Dc per le Autonomie, Gianfranco Rotondi - chiediamo al ministro di riferire in Parlamento. Quei giudici non hanno esitato a mettere a rischio progetti di recupero di tanti, che magari ora si fermano". "Da laico, difendo don Gelmini con piena convinzione - osserva Daniele Capezzone della Rosa nel Pugno - il punto, ed è il vero dramma della cosiddetta ’giustizia’ italiana, è la fuga di notizie e la criminalizzazione di un cittadino prim’ancora che il vero e proprio percorso giudiziario sia iniziato".

E ancora: Egidio Pedrini, parlamentare dell’Idv, è convinto che "il ministro della Giustizia dovrebbe intervenire organicamente nel disporre iniziative su alcune Procure, e non di volta in volta al verificarsi di un fenomeno, perché di fronte a un fatto reso noto ve ne sono molti altri che non hanno notorietà. L’intervento organico è necessario per impedire che alcuni magistrati, magari troppo sensibili alla politica o alla visibilità mediatica, minino la credibilità dell’intera magistratura".

(la Repubblica, 5 agosto 2007)


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-  Reggio Calabria, col sacerdote fra i ragazzi della comunità:
-  "Chi pensava di trovarmi impiccato si sbagliava

-  La rabbia del prete antidroga
-  "Offensiva ebraico radical-chic"

dal nostro inviato GIULIANO FOSCHINI *

ZERVO’- All’inizio di questa settimana - "non sono qui perché sono scappato, sono arrivato quando ancora doveva cominciare questa storiaccia" - lo hanno accolto con la banda del paese. "Bentornato papà", firmato "I tuoi figli dell’amore", è scritto nel cartellone appeso all’ingresso della comunità di Zervò, un vecchio sanatorio a più di mille metri d’altezza, fra cascate e boschi. Don Gelmini è seduto in un prato inglese tra ortensie, faggi e pioppi, sotto una pianta enorme che lui chiama "l’albero di Giobbe". Intorno, seduti in cerchio, una cinquantina di ospiti della comunità. Tutti ex tossicodipendenti pronti a difenderlo dalle accuse di "delinquenti e infami".

"Chi pensava di trovarmi appeso impiccato a un albero come è successo al povero Marco Agostini, il parroco di Latina accusato di pedofilia, si sbagliava. Io sono qui, più tosto di prima, accanto ai miei ragazzi che mi danno forza".

Le accuse sono pesanti.

"Il mio accusatore è un pregiudicato barese, uno che viene da una famiglia di boss. Vuole ricattarmi. La prima volta mi ha denunciato due, tre anni fa, ma non gli credettero. Ad agosto dell’anno scorso anno tornò in comunità dopo l’indulto. Mi chiese scusa e io gli trovai un lavoro. Conservo ancora una lettera: mi scriveva che "la miglior vendetta è il perdono". Ritrattò la denuncia e a Natale tornò in comunità e si scusò pubblicamente, sul palco (ndr, i ragazzi seduti a terra annuiscono). Ma forse voleva di più: soldi. Io l’ho mandato via e lui ha rifatto la denuncia".

Non è l’unico accusatore, e gli altri?

"Ce n’è un altro che questo barese avrà reclutato in carcere. E poi ci sono cinque miei ex ospiti che io avevo denunciato perché derubarono una mia collaboratrice".

Una cospirazione?

"Mo fratello, padre Eligio, pensa ci sia un movimento politico contro di me perché sono schierato da una parte precisa".

Si sente il prete del Polo?

"A mettere in giro la voce è stato don Mazzi che per accreditarsi ha detto che lui è il cappellano del centrosinistra e io quello del centrodestra. Sono sciocchezze, io rispondo solo al signore. Voto, certamente, e Berlusconi è un mio amico. Ma questa storia non c’entra niente con tutto questo".

E dunque che idea si è fatta?

"Probabilmente i miei accusatori hanno trovato qualche giudice anticlericale".

Si sente un martire della magistratura?

"Non ho fiducia incondizionata. Certo, ho incontrato giudici splendidi, ma ci sono anche giudici mascalzoni che pur di finire in prima pagina fanno soffrire ad arte la gente. C’è chi ti obbliga a mantenere il riserbo su un interrogatorio, come è successo a me, e poi sei mesi dopo ti fanno finire sui giornali con delle menzogne. Contatterò presto il professor Coppi, pretendo da chi sta dicendo stupidaggini milioni di euro".

A cosa fa riferimento?

"Questa storia della stanza del silenzio con la moquette e le poltroncine rosse dove io avrei molestato i ragazzi. Come la raccontano sembra quella roba del Grande Fratello...".

Cioè?

"Sembra una stanza a luci rosse. E invece è un posto con le vetrate, le panche delle chiese, un camino acceso da trent’anni dove io, insieme con i miei collaboratori, incontro i ragazzi insieme con le loro famiglie. Alla fine di questa storia scriverò un libro: "Il serpente nella stanza dei magistrati"".

Ha visto quante reazioni ha scatenato. Si considera un potente?

"Non sono certo una testa di cavolo, ho centri in tutto il mondo. Non sono come quei giudici che sono dietro a una scrivania perché non sono diventati grandi avvocati".

Attacca ancora i magistrati?

"Io sono tranquillo, con loro non vado più a parlare salvo non mi arrestino. Siamo alla gogna. Una volta mentre dormivo, anni fa, mi chiama la mia segretaria e mi dice: "Ma allora non l’hanno arrestata per un traffico di bambini con la Thailandia!". Lo dicevano i telegiornali".

Visto quello che è successo negli Stati Uniti, secondo lei esiste un problema pedofilia nella Chiesa?

"È una montatura, hanno tirato fuori cose di 50 anni fa. Secondo me il Vaticano ha sbagliato a pagare gli indennizzi, quelle sono responsabilità personali. La verità è che, partendo dagli Stati Uniti, è in atto un’offensiva ebraico-radical chic che mira a screditare la chiesa cattolica. I pedofili sono ovunque nella società".

Chi l’ha chiamata per esprimerle solidarietà?

"Silvio, subito: "Dimmi Don, sono a disposizione". Ci ha già dato 100 miliardi di lire, è pronto a darmene 200, 300 alla faccia di chi mi vuole fermare. Cossiga mi ha detto che è pronto a dire di tutto in mia difesa. Mi ha chiamato anche il generale Speciale, ha studiato dai salesiani, è un buon cristiano. C’è Pier Ferdinando che mi cerca".

Hanno telefonato soltanto politici del Polo?

"No, anche Lusetti e la Belillo. E pure Amedeo Minghi. E molti arcivescovi".

Cosa vuole dire ai suoi accusatori?

"Nessun messaggio. Li ho perdonati, ma sappiano che raccoglieranno quello che hanno seminato. Io ho fatto quello che potevo: una bella iattura...".

(la Repubblica, 5 agosto 2007)


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