IL SACERDOTE NELLA BUFERA
Abusi, don Gelmini indagato
Alcuni ragazzi della comunità contro il prete anti-droga: molestati sessualmente
di FRANCESCO GRIGNETTI (La Stampa, 3/8/2007 - 7:42)
TERNI. L’indagine è segretissima e non c’è da meravigliarsi: dipende dall’altisonanza del nome coinvolto. Don Gelmini, il carismatico sacerdote antidroga, il mitico «don Pierino» che compare spesso e volentieri alla televisione a discettare dei valori che una volta c’erano e che ora non ci sono più, guru di tanti uomini politici, fondatore della Comunità Incontro, è indagato per abusi sessuali.
Lo accusano diversi ex ospiti della sua comunità. Per le strutture di Amelia, al Mulino Silla, in quasi trent’anni sono passati migliaia di giovani tossicodipendenti alla ricerca di una nuova vita. Molti ce l’hanno fatta. Il metodo spesso funziona. Ma secondo quanto risulta alla procura di Terni, non è tutto oro quel che luccica. Dietro il carisma di don Pierino, ci sarebbe un lato oscuro. Un’indicibile linea d’ombra che il sacerdote avrebbe oltrepassato ai danni di alcuni tra i più deboli (psicologicamente e fisicamente) e che ora sono diventati Grandi Accusatori.
C’è imbarazzo, però, negli uffici di giustizia ternani, retti dal procuratore capo Carlo Maria Scipio, a parlare di questa storia. Di più: c’è estrema cautela. E nessuna voglia di cavalcare il caso. Innanzitutto perché è evidente che quest’inchiesta che sporca il nome di don Gelmini si porterà dietro una valanga di polemiche politiche: il sacerdote è un eroe per il centrodestra, un’icona, un punto di riferimento per Berlusconi, Casini, Fini e tanti altri. Secondo, perché si tocca un mostro sacro per tante famiglie italiane, un campione della lotta alla droga, uno che viene addirittura osannato da chi è stato beneficiato. Non soltanto in Italia, peraltro. Il suo metodo comunitario è stato esportato in mezzo mondo. D’altra parte la piaga della droga colpisce dappertutto. E il suo metodo, appunto, funziona.
Terzo elemento di prudenza, che non sfugge alla valutazione dei pm: chi accusa don Pierino sono giovani che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con le droghe, insomma sono testimoni non propriamente granitici, qualcuno è anche scivolato nella delinquenza. C’è chi si trova in carcere per piccoli reati e il suo racconto è stato verbalizzato in un parlatorio. Brutto segno per un eventuale dibattimento. E ci si interroga. Magari ci potrebbero essere motivi di risentimento. Transfer psicologici da ben ponderare. Passioni che si sono trasformate in odio. Reazioni inconsulte contro un prete che pretendere il rispetto delle sue regole.
E’ un fatto, però, che l’indagine penale è in corso da diversi mesi. E finora non è stata archiviata. Anzi. Sono oltre sei mesi che si ascoltano testimoni, si ricostruiscono vicende piccole e grandi, si cercano riscontri. E’ stato sentito anche l’indagato. Don Pierino, ottant’anni suonati, uno che nella sua vita ne ha viste tante, e ultimamente si sta spendendo per i bambini diseredati del Terzo Mondo, in Brasile o in Thailandia, s’è dovuto trovare un avvocato e con l’assistenza del legale ha subito a Terni un lungo, drammatico interrogatorio. Ora, che sia un sacerdote di polso, dal carattere fumino, e dalla battuta pronta, è noto anche al grande pubblico. Figurarsi la sua reazione quando gli sono stati contestati questi e quei racconti, certe accuse infamanti, questioni pruriginose, sesso estorto. Ma tant’è.
Sembra che le dichiarazioni di accusa siano molte e abbastanza concordanti. I racconti, alla fin fine, sono sempre gli stessi. Ruotano attorno a una comunità chiusa dove c’è una figura di enorme carisma che non si limiterebbe a prendersi cura delle anime. Così sarebbe successo in alcuni casi, almeno, a giudicare dai verbali che si sono accumulati nei fascicoli della procura. Su questo aspetto segreto della vita comunitaria al Mulino Silla sono stati interrogati anche molti volontari che bazzicano la comunità, e collaboratori di don Pierino, e sacerdoti, e diversi ex ospiti. Ma su questo capitolo il segreto istruttorio è ferreo e non se ne sa nulla.
Nel sito, e sul tema, nel forum di un articolo dedicato a VATICANO E PEDOFILIA, una testimonianza di "Massimo" - del 13 luglio 2007 (a commento-risposta di un intervento del 17 aprile)
Tutti i giornali parlano di lui, ma il fondatore della Comunità Incontro si sente "tranquillo" e "fortificato" per la solidarietà ricevuta in queste ore
Don Gelmini: "Contro di me un disegno
Volevano dei soldi per ritrattare"
Mastella: "Vigilerò di persona per evitare strumentalizzazioni e cose fuorvianti"
An e Fi organizzano il "Gelmini day" per il 15 agosto in Aspromonte *
ROMA - Dietro le accuse che mi sono state rivolte "credo che si sia un disegno, è chiusa l’indagine, come è possibile che queste notizie siano uscite?". Don Pierino Gelmini, ai microfoni della Radio Vaticana, commenta così le notizie relative all’indagine aperta dalla procura di Terni in base alle accuse fatte da alcuni ragazzi che in passato sono stati ospiti della "Comunità incontro" e che hanno affermato di aver subito molestie sessuali da parte del sacerdote. "Io li ho anche perdonati. Sono persone che nella vita hanno sofferto e molte volte addebitano la loro sofferenza agli altri. E’ evidente che io devo accettare la mia croce", dice il sacerdote. Secondo il quale dietro le accuse c’è un tentativo di estorsione: "Proprio la mattina in cui dovevo andare per essere interrogato ho ricevuto una telefonata estorsiva". Soldi per ritrattare le accuse, è la tesi del sacerdote.
Che, però, sta ricevendo numerose attestazioni di solidarietà. A partire da quella di Silvio Berlusconi: "’Mi ha detto: ’Ti sono vicino, conta su di me. Qualsiasi cosa. Sai, io sono un antesignano di denunce’".
Quanto all’azione che stanno svolgendo i magistrati e alla fiducia nei loro confronti, don Gelmini aggiunge: "Io ho conosciuto giudici splendidi, però ho conosciuto anche persone che hanno fatto soffrire ingiustamente molta gente. Qualche volta, per avere notorietà, non esitano a creare situazioni come questa, che è una gogna mediatica". Infine la promessa: "’Non mi fermero’ di fronte a questo e sull’esempio di don Orione, don Zeno e anche padre Pio, devo accettare questo momento. Come dice, mi pare, san Francesco, non sempre chi ti copre di lordure ti fa del male". E ancora: "Se Cristo tra i Dodici ha trovato chi lo ha rinnegato e chi lo ha tradito, noi che abbiamo gli occhi fissi a Colui che è il punto di riferimento della nostra vita, Cristo, dobbiamo saper accettare tutto per amor suo".
La vigilanza di Mastella - Il ministro Mastella, che ribadisce la sua "inalterata amicizia" al sacerdote, ha fatto sapere che "vigilerà di persona per evitare scivolature e cose fuorvianti" nell’inchiesta a partire da strumentalizzazioni "di carattere anticlericale". Il Guardasigilli ha sottolineato che "ogni volta che qualcosa sfiora qualcuno che ha un rilievo mediatico fuori dalla portata comune, si rischia la gogna. In realtà non bisogna arrivare all’equazione indagato-colpevole o, addirittura, intercettato-colpevole".
Il 15 agosto Don Gelmini day - Il primo a lanciare la convocazione è stato Maurizio Gasparri. A seguire poi tutti gli altri, An e Forza Italia: il 15 agosto tutti a Piani di Zervo, in Aspromonte, a trovare don Pierino. La solidarietà è trasversale. L’Udc di Casini e Giovanardi, lo stato maggiore di Forza Italia ("solidarietà per accuse infamanti" dice Fabrizio Cicchitto), Selva e Gasparri che invitano la magistratura a fare chiarezza entro il 15 agosto, "un tempo più che sufficiente" per capire come siano andate le cose. Solidarietà anche da sinistra. Giuseppe Giulietti, parlamentare dell’Ulivo e portavoce di Articolo 21, invita alla cautela per evitare "sentenze anticipate e lingiaggi mediatici". Giulietti, eletto in Umbria, ha incontrato più volte il fondatore della Comunità Incontro dedicata al recuperto dei tossicodipendenti. "In molte occasioni non ho condiviso le sue prese di posizione - racconta Giulietti - e spesso è stato al centro di polemiche. Mai e poi mai, tuttavia ho sentito un solo sussurro malevolo che riguardasse la sua vita privata ed il rapporto con i ragazzi. Neppure i suoi più acerrimi nemici si sono abbandonati a simili nefandezze". L’invito è a non abbandonarsi a "strumentalizzazioni partitiche" e a reclamare tutti insieme "una rapida ed immediata conclusione della vicenda".
La giornata - Sveglia presto, come al solito, poi le preghiere e, in mattinata, una passeggiata nel giardino zoologico realizzato nella struttura della Comunità Incontro sui Piani di Zervò, nel cuore dell’Aspromonte. I collaboratori parlano di un uomo sereno, nonostante "la gogna mediatica" - come l’ha definita lui stesso - e le accuse di cinque suoi ex ragazzi che lo accusano di molestie sessuali. Oltre a visitare lo zoo, dove animali di ogni specie sono affidati alle cure dei ragazzi che nel lavoro hanno trovato la migliore terapia per uscire dal vuoto delle droghe, don Gelmini lavora al corso di formazione per educatori e volontari della comunità. Secondo il filosofo Meluzzi, suo grande amico, "questo mese di agosto di fatica e di croce" arricchirà le pagine di un libro sulla Cristoterapia a cui don Pierino sta lavorando da tempo.
L’interrogatorio - "Ma di che cosa mi devo difendere se non ho fatto niente?". Così rispondeva al sostituto procuratore Barbara Mazzullo don Pierino Gelmini nell’interrogatorio avvenuto mesi fa negli uffici della procura alla presenza da due funzionari della squadra mobile di Terni. Lo racconta il difensore del sacerdote, l’avvocato Lanfranco Frezza. "Praticamente ha parlato solo don Pierino", spiega l’avvocato, "era pomeriggio ed è durato qualche ora ma le domande sono state poche e gran parte dell’ interrogatorio è stato dedicato alle spiegazioni del sacerdote". Ma chi accusa don Gelmini? "Sono ragazzi ma non dei fiorellini - dice il legale - con esperienze di droga e di altro tipo terribili. Uno di loro, una specie di coordinatore, ha poi trascinato anche altri per avere di più da Don Pierino".
* la Repubblica, 4 agosto 2007
SCHEDA
Il sacerdote è nato il 20 gennaio 1925 in provincia di Milano
Don Gelmini fondatore di Comunità incontro
Assistenza a drogati, alcolisti, anziani, portatori di handicap, emarginati, abbandonati o in particolari condizioni di necessità *
Don Pierino Gelmini è il fondatore di Comunità Incontro. Nata il 27 settembre 1979 in un vecchio frantoio abbandonato (molino Silla) presso Amelia, in Umbria, la Comunità si è sviluppata in molte nazioni con 164 sedi residenziali in Italia e 74 sedi residenziali all’estero. Solo in Italia può fare riferimento a 180 gruppi d’appoggio. Nel suo statuto all’articolo 2, la Comunità «ha per scopo sociale l’assistenza ai tossicodipendenti, alcolisti, anziani, portatori di menomazioni psichiche e fisiche e a quanti siano emarginati, abbandonati o in particolari condizioni di necessità».
Si tratta di centri di pre-accoglienza, di accoglienza, di formazione, scolastici, spirituali, sanitari, professionali, artigianali, agricoli, zootecnici, di attività marinara, per adolescenti, per bambini, per famiglie, per bambini di strada. In oltre 40 anni di attività si calcola che siano passate attraverso i suoi centri, sia per un intero programma come per un periodo di qualche giorno, circa 300 mila persone.
Don Pierino è nato il 20 gennaio 1925 (in realtà il giorno prima, ma registrato il 20) a Pozzuolo Martesana, in provincia di Milano. Collabora alla resistenza per aiutare gli amici a sfuggire ai rastrellamenti tedeschi e dei miliziani della Repubblica di Salò. Alla fine della guerra, nel periodo di transizione, ricopre nel suo paese la carica di presidente del Comitato nazionale di liberazione. Il 29 giugno 1949 viene consacrato sacerdote nel duomo di Grosseto. Per dieci anni è parroco in zone povere e di miniera nel Grossetano.
L’incontro tra un ragazzo di strada, Alfredo Nunzi, e un monsignore segretario di un cardinale della Curia vaticana, don Pierino Gelmini, segna il 13 febbraio del 1963 l’inizio della Comunità Incontro e l’opera tra i disadattati a Roma: alcolisti, barboni e drogati. Il 20 ottobre 2000 Giovanni Paolo II riceve in piazza San Pietro in udienza riservata 30 mila rappresentanti della Comunità Incontro e tiene un discorso con cui consacra ufficialmente la «Cristoterapia» come metodo di recupero dall’emarginazione e dalla droga.
* CORRIERE DELLA SERA, 03 agosto 2007
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Don Gelmini rinviato a giudizio
per molestie sugli ospiti della comunità
Il fondatore della Comunità Incontro sarà processato il 29 marzo 2011. Lo ha deciso il Gup di Terni, Pierluigi Panariello, sulla base delle accuse e delle testimonianze di 12 giovani. Il religioso, assente in aula, ha sempre rivendicato la correttezza del suo operato *
TERNI - Don Pierino Gelmini è stato rinviato a giudizio per avere molestato sessualmente 12 giovani quando erano ospiti della Comunità Incontro di Amelia. La decisione è stata presa dal gup di Terni Pierluigi Panariello. Uno dei legali del religioso, l’avvocato Lanfranco Frezza, aveva chiesto il non luogo a procedere. Nel dispositivo letto in aula, a porte chiuse, il gup ha indicato genericamente il rinvio a giudizio del sacerdote. Il processo comincerà il 29 marzo 2011. Nel corso dell’udienza preliminare sono stati sentiti una decina degli accusatori di don Gelmini con la formula dell’incidente probatorio, le loro dichiarazioni avranno quindi valore di prova al processo.
Il sacerdote, non presente in aula, ha sempre rivendicato la correttezza del suo operato. Che don Gelmini fosse indagato dalla Procura di Terni per abusi sessuali si apprese nell’agosto 2007, quando emerse che le presunte molestie risalivano al periodo 1999-2004. All’epoca dei fatti, almeno due delle presunte vittime erano minorenni. La Procura umbra concluse le indagini già alla fine del 2007, sollecitando nel marzo 2008 il rinvio a giudizio di don Gelmini per violenza sessuale, ritenendo attendibili i racconti degli ospiti della struttura di Amelia, che hanno affermato di essere stati "molestati, palpeggiati, costretti ad atti sessuali".
Nell’ambito dell’udienza preliminare, è stato invece assolto "per non avere commesso il fatto" Gianpaolo Nicolasi, uno dei collaboratori di don Pierino Gelmini che ha chiesto e ottenuto di essere processato con il rito abbreviato.
Per un altro collaboratore, Pierluigi La Rocca, era stata già dichiarata l’estinzione del reato in seguito alla sua morte. Il gup ha inoltre rinviato a giudizio Patrizia Guarino, madre di uno degli accusatori di don Gelmini, accusata di favoreggiamento e di rivelazione di segreti inerenti un procedimento penale. Anche per lei il processo comincerà il 29 marzo del 2011.
* la Repubblica, 18 giugno 2010
Lo scandalo pedofilia arriva fino a Ratzinger
di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 13 marzo 2010)
“Il Papa è sconvolto!”. Dal Vaticano il presidente dei vescovi tedeschi Zollitsch riferisce in diretta l’umore di Benedetto XVI. Poche ore dopo esplode il caso di un prete pedofilo a Monaco, quando Ratzinger era arcivescovo. Riferisce la Sueddeutsche Zeitung che, mentre Ratzinger guidava la diocesi, venne trasferito in città un prete con precedenti di abusi sessuali. Interpellato, l’arcivescovado di Monaco rivela adesso: “Nel 1980 fu deciso di sistemare in una casa parrocchiale il sacerdote H. perchè seguisse una terapia. L’arcivescovo (Joseph Ratzinger) contribuì alla decisione”. Tuttavia, la Suddeutsche Zeitung riferisce che nella sua nuova sistemazione il prete tornò ad abusare di minori. In affanno, gli odierni responsabili ecclesiastici di Monaco specificano che l’arcivescovo Ratzinger aveva deciso di dare ospitalità al prete ai fini della cura. Successe invece - si spiega in una nota - che, “discostandosi da questa decisione”, l’allora vicario generale della diocesi Gerhard Gruber (e diretto collaboratore di Ratzinger) “fece assegnare H. alla pastorale di una parrocchia senza limitazioni”.
Un caso tipico, già visto migliaia di volte: il prete-predatore spostato da un posto all’altro. Allarmato interviene ora il Vaticano. Il portavoce padre Lombardi dichiara che la diocesi di Monaco ha riconosciuto “errori nella gestione del personale negli anni Ottanta" e che Gruber si è assunto “piena responsabilità dell’accaduto”. Evidentemente, per Lombardi, Gruber non ha seguito le indicazioni di Ratzinger. Così, alla fine, si è verificato ciò che da giorni nel palazzo apostolico chiamavano “l’incubo”: il rischio che il ciclone pedofilia colpisse anche Monaco negli anni in cui Ratzinger era arcivescovo. Dunque si fa sempre più urgente la necessità di una pulizia radicale.
A colloquio a tu per tu per quarantacinque minuti, Zollitsch ha fatto al Papa il quadro della situazione tedesca, dove la stampa segnala circa 350 casi di abusi di minori e di metodi correttivi violenti. La conferenza episcopale tedesca ha delegato un vescovo a seguire a livello nazionale ogni caso di abuso sessuale. É stato istituito un numero verde. La linea ufficiale, ribadita dal portavoce dell’episcopato, consiste nell’allontanare i preti coinvolti e “nell’appoggiare incondizionatamente” l’autorità giudiziaria statale nel perseguire gli abusi sessuali commessi da sacerdoti e religiosi. Zollitsch ha rinnovato le sue pubbliche scuse alle vittime e confermato l’apertura di un’inchiesta nazionale, in cui ogni vescovo esaminerà nella sua diocesi vicende e denunce, anche lontane nel tempo, per rendere giustizia alle vittime “senza falsi riguardi verso chicchessia”. In caso di inerzia il vescovo locale renderà conto alla conferenza episcopale. La Chiesa tedesca parteciperà inoltre ad una tavola rotonda, promossa dal governo di Berlino per studiare misure efficaci di contrasto.
Benedetto XVI, riferisce Zollitsch, approva le iniziative prese e “incoraggia a procedere coerentemente”. Dai suoi incontri in Vaticano il presule riporta la notizia che la Congregazione per la Dottrina della Fede sta raccogliendo materiale da tutto il mondo al fine di rielaborare le direttive emanate nel 2001. Probabilmente verrà redatta un’apposita Istruzione dell’ex sant’Uffizio.
Di fatto l’episcopato di Germania si è attrezzato ad affrontare gli scandali di pedofilia con un documento di “Orientamenti”, redatto già nel 2002. É l’unico episcopato, insieme all’Austria, ad avere elaborato linee guida specifiche. A parte i punti stabiliti a suo tempo dall’episcopato nord-americano quando - dopo l’esplodere di migliaia di casi, tra i quarantamila e i sessantamila secondo cifre realistiche - fu varata la “tolleranza zero”.
Gli Orientamenti dell’episcopato tedesco prevedono un referente per i casi di pedofilia in ogni diocesi (suggerimento ripreso pochi giorni fa dal vescovo di Bolzano mons. Golser con un apposito indirizzo e-mail), immediato esame dei casi sospetti, apertura di un procedimento ecclesiastico, esortazione al colpevole di costituirsi e, in casi provati, informazione diretta da parte della diocesi alla procura federale tedesca. Contemporaneamente è prevista “assistenza umana, terapeutica e pastorale” alle vittime. Attualmente, ha spiegato Zollitsch, si sta studiando anche la possibilità di un aiuto economico.
In Italia l’episcopato sembra comportarsi come se il fenomeno non richiedesse iniziative collettive. Eppure don Fortunato Noto, responsabile dell’associazione anti-pedofilia “Meter”, ha dichiarato alla Radio Vaticana che nell’ultimo decennio si sono registrati pubblicamente ottanta casi di abusi sessuali commessi da religiosi. Cifra - alla luce dell’esperienza - probabilmente per difetto. Ad esempio nel caso di don Gelmini, ora ridotto allo stato laicale perché accusato di abusi, né il Vaticano né la Cei hanno dato l’input per un’immediata indagine ecclesiastica. Ma senza indagini a tappeto da parte dei vertici ecclesiastici non si volterà realmente pagina.
Ansa» 2008-03-26 15:27
DON GELMINI, 10 EPISODI DI PRESUNTA VIOLENZA
TERNI - Sono 10 i presunti episodi di abusi sessuali nei confronti di ex ospiti della Comunità incontro per i quali il sostituto procuratore di Terni, Barbara Mazzullo, ha chiesto il rinvio a giudizio di don Pierino Gelmini.
Il magistrato ha inoltre chiesto di processare due collaboratori e la madre di uno degli accusatori del sacerdote indagati, a vario titolo, per avere cercato di intralciare l’indagine condotta dalla Squadra mobile della Questura ternana.
L’istanza del pm è stata depositata ieri alla Cancelleria del gip. Non ancora fissata la data dell’udienza preliminare, che potrebbe comunque svolgersi entro la prossima primavera. La richiesta di rinvio a giudizio ricalca sostanzialmente l’avviso di conclusione indagini inviato a don Gelmini e agli altri indagati il 27 dicembre scorso. Tra le fonti di prova il magistrato ha indicato le dichiarazioni di vari testimoni, ritenuti attendibili, e diverse intercettazioni telefoniche.
PM, E’ STATA INCHIESTA DIFFICILE E’ stata una "inchiesta difficile" quella condotta dal sostituto procuratore di Terni, Barbara Mazzullo, che ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio per don Pierino Gelmini. Lo ha spiegato lo stesso magistrato incontrando stamattina brevemente i giornalisti. Il pubblico ministero non è voluta entrare nel merito dell’indagine avviata nel dicembre 2005. "Credo fermamente nel processo accusatorio - ha sottolineato la Mazzullo - nel quale la prova si forma in dibattimento". Il magistrato ha infine evidenziato che "il processo mira ad accertare responsabilità penali individuali" lasciando così capire che l’inchiesta appena conclusa ha riguardato solo i presunti abusi contestati a don Gelmini e non è stata un’indagine sulla Comunità.
AVV.FREZZA, CONVINTI PIENA INNOCENZA "Siamo convinti della piena innocenza di don Pierino", ha detto uno dei suoi difensori, l’avvocato Lanfranco Frezza, che assiste l’ex sacerdote dall’inizio dell’inchiesta. "Ne siamo pienamente certi - ha proseguito - per la inconsistenza e fragilità delle accuse e degli stessi accusatori, alcune dei quali erano stati espulsi dalla Comunità Incontro". Frezza ha citato a questo proposito la deposizione di uno degli ex ospiti, diventato uno dei principali accusatori dell’ex sacerdote. "E’ giovane, pesa 80 chilogrammi ed ha raccontato - ha detto il difensore - che don Pierino, un ultraottantenne piccolo e con gravi problemi cardiaci, lo avrebbe scaraventato a forza sul letto per approfittare sessualmente di lui". "Deposizioni assurde ed accuse inverosimili - ha proseguito - che noi siamo pronti a smontare con riscontri e testimonianze davanti al gup". L’avvocato ha detto anche che don Gelmini, nella sua decennale attività al servizio degli altri con la sua Comunità, si è fatto "migliaia di amici" ed "inevitabilmente qualche nemico".
PORTAVOCE COMUNITA’, LAVORA ED E’ SERENO Don Pierino Gelmini "vive con serenità, pienamente consapevole della propria innocenza, questo momento". Lo ha detto stamani il portavoce della comunità Incontro, l’avv.Manlio Morcella, commentando la richiesta di rinvio a giudizio per il sacerdote accusato di presunti abusi sessuali su dieci ex ospiti della struttura. Don Gelmini si trova nella casa madre della comunità a Molino Silla di Amelia, dove stamani ha svolto la sua normale attività. "Don Pierino - ha spiegato l’avv.Morcella - ha scelto di difendersi nel processo e non dal processo, che comunque dovrà essere rispettoso delle regole. Confida infatti nella terzietà della magistratura giudicante". Il legale ha quindi spiegato che don Gelmini "prosegue la sua missione con dedizione e determinazione". "Lavora a tempo pieno come al solito", ha sottolineato l’avv.Morcella. Il portavoce della comunità Incontro ha quindi ribadito che la riduzione allo stato laicale chiesta ed ottenuta dal Papa permetterà a don Gelmini di esprimere al meglio le sue tesi difensive".
DON GELMINI, 50 LE DENUNCE PER ABUSI
di Fiorenza Sarzanini
In 2 hanno raccontato che all’epoca delle presunte molestie erano minori
Le accuse da ex ospiti della sua comunità. Sospetti su pressioni per ritrattare. Si allunga la lista delle testimonianze
Tratto da Corriere.it
ROMA, 11 settembre 2007 - È come se avessero preso coraggio all’improvviso, trovando la forza di rivelare segreti fino ad allora apparsi inconfessabili. Sono una cinquantina le persone che durante l’estate hanno presentato formale denuncia contro don Pierino Gelmini. Si sono unite al coro di chi lo accusa di averli molestati, insidiati, a volte violentati.
La maggior parte si è presentata spontaneamente davanti al pubblico ministero di Terni. Ha ripercorso episodi di tanti anni fa che, hanno detto in molti, «mi hanno cambiato la vita». Due di loro hanno raccontato di aver subito abusi dal fondatore della comunità «Incontro» - che assiste i tossicodipendenti in programmi di recupero - quando erano minorenni. Non c’è ancora una nuova contestazione formale, ma se queste dichiarazioni trovassero conferma, la posizione del prete già indagato per violenza sessuale, potrebbe aggravarsi. Perché si tratterebbe di episodi di pedofilia e dunque un reato diverso da quello finora ipotizzato nei suoi confronti.
LE INDAGINI - I magistrati procedono con cautela, sanno bene che in casi del genere ci può essere una sorta di suggestione, talvolta anche un desiderio di rivalsa. Ma sanno anche che i collaboratori più stretti di don Gelmini si sono attivati per convincere alcuni giovani a ritrattare. In almeno due casi avrebbero cercato di incontrare chi aveva presentato la denuncia, avrebbero offerto soldi e favori per tentare di mettere tutto a tacere. E questo ha naturalmente contribuito a confermare il quadro accusatorio già delineato dai pubblici ministeri. Al fascicolo gli investigatori della squadra mobile di Terni hanno allegato decine e decine di intercettazioni telefoniche che mostrerebbero questa volontà di alcuni operatori della comunità di favorire don Gelmini. La voce del prete si sente raramente nei colloqui. Ad ascoltare le registrazioni sembra che ad occuparsi della vicenda siano i responsabili della sua segreteria. Sono loro a tenere i contatti con chi accusa, a tentare di far cambiare idea a chi ha fatto riaffiorare i ricordi. I magistrati hanno già verificato una trasferta a Torino di uno di loro che sarebbe stata organizzata per incontrare in carcere due giovani detenuti che erano stati tra i primi a presentare denuncia. Ora si va avanti. Il primo accertamento da svolgere per verificare i nuovi verbali riempiti nelle ultime settimane riguarda il periodo di permanenza di ogni giovane all’interno della comunità. Poi bisogna verificare che tipo di legami avessero con il fondatore, se ci siano stati problemi, quali siano stati i rapporti successivi. Sembra che in alcuni casi gli episodi raccontati siano molto circostanziati, che alcuni abbiano anche indicato testimoni in grado di confermare le proprie dichiarazioni. Soltanto al termine dei nuovi controlli, il magistrato deciderà eventuali provvedimenti. A metà agosto era circolata voce che potesse essere richiesta al giudice per le indagini preliminari una misura interdettiva per impedire un eventuale inquinamento delle prove. In realtà erano in corso altri riscontri e proprio in questi giorni si starebbe rivalutando la possibilità di sollecitare un pronunciamento del gip.
LA DIFESA - Inizialmente erano sei le persone che avevano raccontato le violenze. Uno ha narrato fatti risalenti al 1993, ha detto di essersi anche confidato con don Mazzi quando si è trasferito nella sua comunità. Il sacerdote ha confermato di aver ricevuto quelle confidenze, di aver consigliato al giovane di rivolgersi ad uno psicologo, di aver continuato ad aiutarlo prima di perdere le sue tracce. «Mi accusano - si era difeso don Gelmini - perché li ho allontanati dalla comunità. Alcuni di loro erano stati scoperti a compiere reati e sono stati cacciati. È la loro vendetta. Sono innocente e dunque resto assolutamente tranquillo. Porto la croce e prego per loro». Aveva anche attaccato la lobby ebraica e la massoneria come ispiratrici «di questa campagna diffamatoria contro di me» e ciò aveva spinto il suo avvocato Franco Coppi ad abbandonare la difesa. Ma poi la lista si è allungata, altri tre ragazzi sono usciti allo scoperto dopo aver saputo che era stata avviata un’inchiesta. E con il trascorrere delle settimane le denunce sono diventate decine. Adesso è possibile che don Gelmini decida di farsi nuovamente interrogare per continuare a respingere quelle che ha sempre definito «fantasie».
[DATA: 11/09/2007]
* il dialogo, Martedì, 11 settembre 2007
COSA NE PENSI DI DON GELMINI?
Bella, anche se pesante, questa estate.
Mi sono riposato e stancato allo stesso tempo. Di sicuro mi sono disintossicato dalle tossine della cronaca e della politica.
In ambedue i campi si va profilando (in atto già da tempo, per la verità) un travisamento della realtà da far restare allibiti: ladri che si
spacciano per benefattori, puttane che si riciclano come verginelle, mentitori incalliti dal sorriso di angioletti!
Più di qualche amico mi ha chiesto di dire cosa penso di don Gelmini.
Per esperienza diretta so solo che la sua comunità di Scurcola Marsicana, a nemmeno dieci chilometri di Avezzano, è nel più completo abbandono: uno sfascio completo; per cui ho l’impressione che si tenga il centro di Amelia come specchio per le allodole....
Comunque non posso non proporvi quanto l’amico Valerio Gigante scrive sull’ultimo numero di Adista (n.57 del 1 Settembre).
E’ una miniera di dati e date, luoghi e fatti che si fa leggere tutta di un fiato.
Vi incollo l’articolo qui sotto (e in allegato).
Aldo [don Antonelli]
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34006. ROMA-ADISTA. Ha detto di essere vittima della “lobby ebraica-radical-chic” (ritrattando poi lo scivolone, costatogli una valanga di critiche e la rinuncia dell’avvocato Franco Coppi a difenderlo), della massoneria, dei gay, del laicismo radicale, della magistratura anticlericale. Ma la vicenda di don Pierino Gelmini, indagato dai pm di Terni per presunti abusi sessuali nei confronti di alcuni ragazzi della Comunità Incontro (ad accusarlo, diversi ex ospiti della struttura da lui fondata e diretta) parte da lontano.
La “vocazione” dei fratelli Gelmini
Quella dei Gelmini è infatti una biografia lunga e con diverse zone d’ombra. Nato nel 1925 in provincia di Milano, ha vissuto e studiato in Lombardia. Ma è stato ordinato prete nel 1949 lontano dalla sua zona di onigine, nella diocesi di Grosseto. Circostanza curiosa, che le note biografiche riportate sul sito web della Comunità Incontro spiegano così: da Milano, Gelmini si presenta al vescovo di Grosseto, “diocesi bisognosa di clero”, e “si prepara al sacerdozio A quell’epoca il vero “don Gelmini”, quello famoso, non era lui, ma il fratello padre Eligio, esuberante frate minore che preferiva il cachemire al ruvido panno francescano, precursore di tante figure di preti mediatici e mondani che frequentano salotti, feste e studi televisivi. Padre Eligio era confessore e assistente spirituale di vip e calciatori (era, tra l’altro, il “cappellano” del Milan, oltre che amico intimo di Gianni Rivera), l’unico prete al mondo a poter vantare di aver concesso un’intervista al settimanale sexy Playboy, frequentatore di eventi mondani, nonché fondatore della comunità di recupero per tossicodipendenti «Mondo X» e del Telefono Amico.
Particolarmente dettagliata nel raccontare i primi anni di sacerdozio di don Pierino - che negli anni ‘60 diventa segretario del card. Luis Copello, arcivescovo di Buenos Aires fino al 1959, passato poi in forze alla Curia vaticana come Cancelliere di Santa Romana Chiesa -, la sezione del sito internet della “Comunità Incontro” dedicato alla biografia di Gelmini omette del tutto gli eventi che caratterizzano il periodo che va dalla metà degli anni sessanta al 1979. Sono infatti gli anni in cui per don Pierino iniziano i problemi con la giustizia e le vicissitudini giudiziarie.
I primi guai giudiziari
“Già nel 1965 - racconta Marco Lillo in un articolo pubblicato dall’Espresso il 16/8 - un anno prima di darsi ai tossicodipendenti, il sacerdote aveva comprato la splendida tenuta di Caviggiolo con tanto di maniero e riserva di caccia a Barberino del Mugello, sull’Appennino toscano. I giornali dell’epoca raccontano che gli assegni per 200 milioni di lire (del 1965) consegnati alla Società Idrocarburi per l’acquisto erano scoperti e il tribunale inflisse tre mesi di galera a don Pienino”.
Nel 1969 il prete acquista un’altra villa all’Infernetto, zona Casal Palocco, una delle più “in” dell’hinterland romano. La biografia ufficiale di Gelmini si limita ad accennare all’abitazione definendola “una casa più ampia” di quella dove don Pienino aveva sino ad allora vissuto. Per la precisione si trattava invece di una villa in cortina a due piani protetta da un largo muro di cinta con ringhiera di ferro battuto, un vasto giardino in cui era custodita una Jaguar, piscina, due cani, tre persone a servizio: un autista, una cuoca e una cameriera. Insomma, se al fratello Eligio piaceva la bella vita, don Pierino non era da meno. Ma il tenore di vita di don Pierino viene compromesso dalla magistratura: il 13 novembre 1969 i carabinieri lo arrestano nella sua abitazione (grande scalpore sui giornali dell’epoca suscitò la notizia che i carabinieri avevano trovato una Jaguar nel giardino di don Pierino) per emissione di assegni a vuoto, truffa e fallimento di una cooperativa di costruzioni collegata con le Acli di cui il sacerdote era tesoriere e che doveva costruire palazzine all’Eur. Gelmini viene anche coinvolto in un inchiesta che riguarda la ditta di import-export tra Italia e Argentina che aveva costituito sfruttando - si disse - le buone entrature ottenute attraverso i servizi resi al card. Copello. Nel 1970 il prete ripara quindi all’estero, nel Vietnam del Sud, dove fa amicizia con l’ex arcivescovo della cittadina di Huè, mons. Pierre Martin Ngo Dình Thuc, fratello di Jean Baptiste Ngo Dình Diem, dittatore del Vietnam del Sud, assassinato nel 1963, ormai caduto in disgrazia presso gli Stati Uniti. Ma anche in Vietnam Gelmini ha grane con la giustizia: proprio dall’ex-arcivescovo di Hué, insieme a madame Nhu, vedova del fratello minore del presidente Dièm e per anni sua first lady, viene denunciato per appropriazione indebita. Nel 1971 torna in Italia. Ed entra in carcere. Il processo a suo carico si era infatti concluso con la condanna a quattro anni, che don Pienino sconterà interamente.
Uscito di prigione - dopo aver trascorso un breve periodo di ritiro in Maremma per volontà delle autorità ecclesiastiche - nel 1976 don Gelmini torna in cella, ad Alessandria. Insieme al fratello Eligio è infatti accusato di aver ricevuto una bustarella di 50 milioni da Vito Passera, imprenditore in difficoltà che puntava sui buoni uffici dei fratelli Gelmini per diventare console onorario della Somalia e ottenere facilitazioni nel commercio di burro tra gli Usa e il Paese africano. Stavolta però in prigione don Pienino ci rimane poco tempo. Assieme al fratello, viene prosciolto dalle accuse e nel ‘77 è di nuovo nella sua villa romana a Casal Palocco. Nel 1979 don Pierino, sulle orme del fratello (che nel 1974 era riuscito a farsi assegnare gratuitamente dal conte Lodovico Gallarati Scotti l’uso del suo castello di Cozzo Lomellina come sede del suo “Mondo X”), dà inizio al business antidroga
1979: nasce la holding della tossicodipendenza
“Don Gelmini Spa”, titola il 16 agosto l’Espresso, ricostruendo la nascita dell’impero economico del prete antidroga. La prima comunità di recupero nasce ad Amelia, in provincia di Terni. Don Pierino si fa assegnare in comodato d’uso per 40 anni un frantoio abbandonato, il Mulino Silla, in una piccola valle chiamata delle Streghe, facendone la sede della sua nuova attività. Nel 1988 sindaco di Amelia diviene l’ex leader della Cgil Luciano Lama. È lui a segnalate alla procura il fatto che a don Pierino i vincoli del piano regolatore stavano stretti e i piccoli casali abbandonati che andava acquisendo si trasformavano in enormi strutture senza le necessarie autorizzazioni. “Alla fine - racconta l’Espresso - tutto fu sanato, grazie anche ai socialisti della giunta”. Così le proprietà immobiliari della Comunità Incontro hanno potuto estendersi senza sosta, al punto da comprendere, nella sola provincia di Terni, boschi, uliveti, vigneti e pascoli per una ventina di ettari, oltre a diversi fabbricati sparsi tra Cenciolello, Porchiano e la strada di Orvieto.
Oggi la Comunità di don Gelmini conta ufficialmente 164 sedi in Italia e 74 nel mondo. Dati contestati però da Stefania Nardini in un articolo comparso su Gente d’Italia, quotidiano italiano delle Americhe. La giornalista, che ha passato un periodo presso la Comunità Incontro, racconta di culto della personalità, di body guard armati di pistola, di macchinoni di lusso (un vizio antico), di disparità nel trattamento degli ospiti, ma anche di cifre gonfiate a beneficio della sua immagine pubblica: “Si parla di 164 sedi residenziali in Italia - scrive la Nardini - e invece sono 64, di 180 gruppi d’appoggio che in realtà sono una ventina, di un turnover residenziale di 12 mila persone (turnover in cui sono comprese semplici richieste di informazioni), di 126.624 ingressi in comunità tra il 1990 e il 2002, mentre attualmente si registrano non più di 20 o 30 colloqui al mese, il che significa al massimo 360 ingressi all’anno, cifra che si riduce alla metà considerando coloro che rinunciano”.
Anche sui cospicui introiti delle Comunità i numeri sono incerti: “La trasparenza amministrativa - racconta l’Espresso - non è mai stata una priorità della comunità. Sul sito internet non c’è traccia del bilancio. Bisogna andare alla Camera di commercio a Roma per scoprire che la Comunità Incontro, organizzazione non lucrativa a fini sociali, è presieduta da una sconosciuta: Umbertina Valeria Mosso, avvocato di 86 anni. Il comitato direttivo è composto dalle persone più vicine a don Pierino, come Claudio Legramanti e Claudio Previtali e dal ‘don’, che è il segretario generale, ma con ampi poteri di gestione”.
La politica: un ritorno di “fiamma”
In ogni caso, il suo piccolo impero don Gelmini lo ha realizzato anche in virtù delle sue ottime entrature politiche, oltre che alle cospicue donazioni che il suo carisma ha saputo intercettare. Solo in occasione della megafesta per gli 80 anni di don Pierino, nel 2005, Berlusconi dichiarò di volergli devolvere 10 miliardi delle vecchie lire. Alla mega kermesse in onore del prete ottuagenario c’era anche un altro grande amico di Gelmini, l’allora ministro Maurizio Gasparri. Insieme ad altri rappresentanti del governo, come Rocco Buttiglione e Pietro Lunardi, oltre a Gustavo Selva e ad una sfilza di sottosegretari. E ad un esponente della “Prima Repubblica”, l’ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, da anni tra i volontari della “Comunità Incontro”.
A tanta benevolenza da parte del leader e degli esponenti della Casa della Libertà, Gelmini ha sempre risposto con una indefessa militanza a destra, che - oltre ad intercettare verso Berlusconi il consenso di migliaia di visitatori ed ospiti (nonché delle loro famiglie) passati in comunità negli ultimi 30 anni - si è più volte caratterizzata con la presenza di Gelmini a manifestazioni politiche ed elettorali. Lo si è visto spesso con esponenti di An (lo scorso anno, in campagna elettorale, era a fianco del candidato sindaco di Roma Gianni Alemanno). Nel 2006 don Pierino fu uno dei maggiori sostenitori della nuova legge sulla droga che ha eliminato la differenza tra droghe leggere e pesanti. “Grazie, Gianfranco, per la legge contro la droga, affido a voi di An il compito di difendere i principi cristiani”, disse don Gelmini ai delegati di An presenti alla conferenza programmatica del partito, il 5 febbraio 2006.
Le accuse a don Gelmini: nella Chiesa, qualcuno sapeva
Le recenti accuse di molestie sessuali hanno - per la verità - qualche precedente negli anni d’oro della Comunità incontro. Come quando, il 23 novembre 1991, venne ritrovato morto sgozzato a Rimini Fabrizio Franciosi, cittadino di San Marino, anni prima ospite della Comunità del Mulino Silla. Durante le indagini, il fratello della vittima raccontò che poco tempo prima di morire Fabrizio gli aveva raccontato di aver subito da don Gelmini abusi sessuali in una casetta nel parco della comunità. Nel 2003 don Antonio Mazzi, animatore della comunità per tossicodipendenti Exodus, ricevette la lettera di un ragazzo che raccontava di aver subito molestie sessuali da parte di don Gelmini nel 1993, quando aveva trascorso un periodo di sei mesi ad Amelia. Poi il giovane si era trasferito in una struttura di don Mazzi, con il quale si era confidato ed aveva continuato a mantenere rapporti epistolari. Ma Mazzi ha raccontato questi fatti solo nelle scorse settimane, quando il caso don Gelmini era già scoppiato. Sentito dal procuratore di Terni Carlo Maria Scipio e del pm Barbara Mazzullo, Mazzi ha comunque ribadito punto per punto ciò che aveva già rivelato circa il contenuto della missiva.
Nel 2004, un libro di Marco Salvia, Mara come me racconta la vita all’interno di una comunità di recupero di tossicodipendenti, delineata nei termini di un lager gestito da un prete bigotto e fanatico e da responsabili violenti. La storia è romanzata, ma il 23 gennaio 2005 il quotidiano il manifesto pubblica una lettera con cui l’autore usciva allo scoperto, dichiarando che i fatti narrati nel libro erano reali e che dietro la figura di don Luigi, il padre-padrone della comunità, si celava don Pierino Gelmini.
E poi ci sono le accuse fatte da Bruno Zanin nel suo libro-autobiografia Nessuno dovrà saperlo, in cui afferma di aver subito abusi sessuali da Don Gelmini all’età di 13 anni (il capitolo che parla dell’abuso è stato messo online dall’autore all’indirizzo internet www.bispensiero.it/documents/DonGiustino.pdf). Nel libro, Zanin, che è Stato negli anni ‘90 collaboratore di Radio Vaticana, racconta anche di aver parlato degli abusi all’allora direttore dei programmi dell’emittente, p. Federico Lombardi (oggi direttore della Sala Stampa vaticana) ed a mons. Giovanni d’Ercole, religioso orionino, capo ufficio della sezione affari generali della segreteria di Stato del Vaticano, da sempre amico di don Pierino e da qualche mese direttore responsabile della rivista della comunità “Il Cammino” e dell’emittente Tele Umbria Viva, di cui Gelmini è proprietario.
Titoli e sottotitoli
Anche con la Chiesa cattolica i rapporti, a dispetto delle difese d’ufficio tratta che oggi vengono fatte di don Pierino come dell’ennesimo prete vittima delle persecuzioni mediatiche e laiciste, sono piuttosto tesi. Fin dal 1963, quando don Pierino iniziò a fregiarsi del titolo di monsignore, senza esserlo, il Vaticano ha iniziato a diffidano dall’utilizzare quel titolo e in seguito lo ha anche sospeso a divinis. Sospensione poi ritirata, ma il titolo tanto agognato non arrivava. Nel 1988 Gelmini risolse allora il problema con un abile éscamotage: pur essendo un prete di rito latino, aderì ad una Chiesa cattolica di rito orientale, quella melkita, e si fece insignire del titolo di Esarca Mitrato della Chiesa cattolica greco-melkita. Titolo onorifico che non equivale certo a quello di vescovo. E nemmeno a quello di monsignore. Nelle biografie “ufficiali” di don Gelmini però il titolo ottenuto dalla Chiesa melkita è messo in grande evidenza insieme ad un’altra lunghissima sequela di bizzarri riconoscimenti: da “maggiore garibaldino e primo cappellano della Legione Garibaldina” a “gran comandante dell’Ordine di Géorge Washington”). Non solo per la sua altisonanza, ma perché dà all’esuberante prete il diritto all’uso dell’anello, della mitra, della croce e del pastorale quando celebra la messa con rito greco (o avendo ottenuto dal Vaticano uno speciale permesso a celebrare con il doppio rito). Ma a don Gelmini certe sottigliezze liturgiche vanno strette e la messa continua a celebrarla in rito romano, vestendo però i sontuosi paramenti greco-cattolici.
Una piccola rivincita con la gerarchia che tanto lo ha bistrattato don Pierino se l’è presa il 20 ottobre del 2000, quando Wojtyla ricevette in piazza San Pietro trentamila rappresentanti delle Comunità Incontro. La benedizione del papa polacco non ha però migliorato i difficili rapporti con la Curia, che continua a non amarlo. Recentemente, al card. Francesco Marchisano, presidente dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica, che gli ha chiesto di fare un passo indietro per meglio difendersi dalle accuse, don Pierino ha risposto: “Mi chiede di fare un passo indietro? Lo faccia lui in avanti, in un burrone”. E comunque, ha tenuto a precisare don Pierino, “io non guido un’associazione religiosa, ma laica”. (valerio gigante)
Preti pedofili
Lettera aperta a don Gelmini
di Fausto Marinetti
Se volete fare un "Gelmini day" fatelo in P.zza San Pietro per chiedere perdono alla vittime dei preti pedofili *
10.8.2007
Caro don Pierino,
all’avvicinarsi del "Gelmini-Day", perché non collaborare con la verità e la giustizia? Sei la persona più indicata, perché hai la stoffa del martire, come dice il tuo portavoce, che ti mette alla pari di Cristo, "tradito" come Giuda. Sei un uomo votato agli altri, che non ha neppure bisogno del "santo subito". Sei uno che sfida tutti quanti, Dio compreso: «A costo di strisciare per terra, voglio andare avanti. Cadrò quando Dio vorrà, ma rimarrò in mezzo ai miei ragazzi, qualsiasi cosa pensino di me».
E allora, affinché la tua apoteosi sia piena, perché, invece di cantare le tue litanie ad ogni comunicato stampa, non inviti tutti gli abusati a venire alla luce? Suvvia, sottoponiti spontaneamente a una specie di prova del fuoco. Sii tu a lanciare una santa proposta o, se vuoi, una crociata: in tutte le chiese le vittime di qualsiasi pedofilia siano esortate a farsi avanti; si metta su tutti i blog cattolici e non-cattolici un invito a ripulire la chiesa dalla "sporcizia" dei preti pedofili; ogni episcopio, ogni parrocchia abbia un numero verde per le vittime. Non sarebbe il più bel servizio di testimonianza ai tuoi figli e aficionados? Non sarebbe il segno più efficace che prendi sul serio quel Cristo, che grida ancora: "Chi scandalizza un bambino meglio per lui mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi in mare"?
Stai tranquillo, sei al sicuro nella mani di Dio e della magistratura umana. Chi non ha debiti da saldare non ha bisogno di sbraitare, attaccare ebrei, massoni, gay, "magistrati mascalzoni", ecc. Hai visto? Le tue esternazioni hanno fatto un certo effetto perfino al tuo avvocato, perché sei "ingestibile". Anche qualche prelato, a titolo personale (secondo lo stile della diplomazia vaticana) ti invita a metterti da parte. Come mai a te non viene applicata la regola d’oro della "tolleranza zero"? Il manuale dei prelati americani (loro si, che se ne intendono) prevede che il solo sospetto di abusi sessuali su minori, è sufficiente per mettere subito il prete in isolamento. Una misura precauzionale (non è mai troppa) per prevenire possibili ricadute e perché fedeli e genitori hanno diritto alla massima sicurezza dei loro figli, siano essi chierichetti, ragazzini del catechismo, seminaristi, tossici, ecc. E allora perché a te è riservato un trattamento speciale, per cui non ti viene imposto, ma sei "invitato" a tirarti da parte? [Vale la pena ricordarti che don Zeno, al quale pensi di assomigliare, non solo aveva in orrore qualsiasi forma di assistenzialismo, ma riteneva che l’unico ambiente educativo è la famiglia di origine o adottiva. E’ evidente che la presenza di uomini e donne previene le aberrazioni degli ambienti a sesso unico, comunità terapeutiche e seminari compresi, che negli USA si sono rivelati vivai di omosessualismo; che ogni comunità è bene sia gestita da adulti e sia sotto il controllo dei laici, ecc.]
L’hanno capita anche in Vaticano: un’eccessiva auto-esaltazione rischia di essere, quantomeno, sospetta: "Chi troppo si loda, s’imbroda". Ti invitano a fare un passo indietro e tu ne fai due in avanti, paragonandoti ai "martiri", che hanno sofferto per mano di santa madre chiesa, come don Orione, p. Pio, don Zeno di Nomadelfia. Non è vano ricordare la saggezza popolare: "Scherza con i fanti, non con i santi". Zeno prendeva i soldi dai ricchi, ma gli diceva in faccia: "I soldi non sono vostri, ma del popolo che lavora, suda e soffre". Non li blandiva con pagelle e onorificenze; non dedicava loro lapidi di benemerenza, ma, mentre con una mano prendeva i soldi, con l’altra puntava il dito, ricordando loro: "Il ricco? O iniquo o erede di un iniquo". Nessun vescovo ha mosso un dito per difendere Zeno "nell’ora di Barabba". L’hanno affogato, perché urlava ai politici (alleati, fin da allora, con la gerarchia ecclesiastica) il dovere della giustizia. Gridava in faccia agli uni e agli altri, come Giovanni Battista: "Fate i conti, fate i conti. Le calcolatrici davanti al confessionale! Senza giustizia non si può neanche parlare di cristianesimo". Per questo l’hanno eliminato.
Converrai che i tuoi fans, devoti, ammiratori, anche se per lo più fascisti o di destra (con qualche ingenuo sinistrorso), dovrebbero almeno stupire della tua tanto esaltata "Cristo-terapia". Che la religione offra delle buone ragioni per delle esistenze distrutte dalla "felicità chimica" è un conto, ma ridurre il Cristo ad una ricetta magica è un altro: lui non è venuto a rubare il lavoro a psicoterapeuti, psicologi e psichiatri (sarà utile rileggersi il testo di Marco Salvia, il quale ha affermato di aver voluto descrivere proprio te...).
Non si può mettere in dubbio la tua generosità: 250 case di recupero, 300.000 assistiti, salti mortali per i 5 continenti, zelo "eccessivo" per aiutare i "poveri drogati", ecc. Se hai fatto tanto del bene, non devi avere paura di niente, vero? E allora? Allora non senti quello che ti suggeriscono le vittime della pedofilia, comprese quelle che ti hanno denunciato?
"Caro don,
perché non vai fino in fondo al tuo cammino di gloria? La vita ti ha dato tutto: macchine, ville, soldi, soddisfazioni, gratificazioni, amici "onnipotenti", ecc. Di noi, gli intimi, quelli che più ti hanno dato soddisfazioni spirituali, hai detto tutto il male che hai potuto. Ci hai definito "quei quattro farabutti, quegli sbandati, quei delinquenti...". Ce lo meritiamo, certo, ma non siamo sempre tuoi figli? Noi, tutti i violentati dai preti (senza allusione a te, aspettiamo il giudizio degli addetti ai lavori), abbiamo perso tutto, anche noi stessi, non abbiamo più niente da perdere.
Allora ti facciamo una proposta: alle tue benemerenze ne manca una sola, un gesto coraggioso, degno di te. Lo vedi?, ad ogni momento, viene fuori "un pezzo" di pedofilia clericale. Perché, sia pur innocente, non prendi in mano la bandiera degli "agnelli immolati"? Fino a quando non si avrà la forza di chiedere perdono a chi è stato distrutto non solo nel corpo, ma anche nell’anima dai rappresentanti di Dio, come potremo credergli? Se sei buono, come affermano i tuoi devoti ("È un padre e un santo"), perché non prendi l’iniziativa?
Lo sai: chi è stato "assassinato nell’anima", solo dopo anni di tortura interiore, di incubo notturno ha il coraggio di buttare fuori la verità. Se proprio i tuoi figli e ammiratori ci tengono, se proprio un "Gelmini-day" s’ha da fare, ebbene facciamolo come si conviene ad un patriarca come te: in piazza S. Pietro con tutte le tv del mondo.
Ma, sia chiaro, stiano a casa i leccapiedi. Solo tu, con il papa, i cardinali, i vescovi e noi, le vittime dei vizietti clericali, con i nostri parenti ed amici. Voi, sommi sacerdoti, vestiti di sacco, la testa coperta di cenere, vi inginocchierete davanti a noi (tutti gli abusati del mondo, compresi quei dieci, che ti hanno denunciato), ci laverete i piedi, li bacerete (quelli sì) e direte, urbi et orbi: "Vi chiediamo perdono in nome dei nostri confratelli preti e vescovi, che hanno calpestato anime fragili, le quali hanno visto in noi dei padri, che si sono rivelati dei traditori; chiediamo perdono per non aver fatto tutto quello che era in nostro potere per prevenire il delitto. E siccome non basta chiedere scusa a parole, ci impegniamo a risarcire i danni per giustizia. Vogliamo riparare le nostre colpe. Vi chiediamo perdono anche di avervi calunniato, dicendo che siete dei farabutti, sporchi ricattatori, che volete il nostro denaro (che è dei fedeli, dei genitori delle vittime e dei benefattori). Vi spetta per diritto, non per elemosina: un dovuto atto di GIUSTIZIA.
Noi, le vittime, solo a queste condizioni, assolveremo preti e prelati, alleggerendo la vostra coscienza e vi daremo la giusta penitenza: pane ed acqua per il resto dei vostri giorni. Ma non potremo opporci, anche se lo volessimo, al corso della giustizia, il quale non può che finire in una santa prigione. Solo lì la vostra coscienza troverà pace, lavandosi, giorno e notte con lacrime di dolore.
Così sia".
PS. Notizia dell’ultima ora: il portavoce di don Gelmini, Alessandro Meluzzi, dirotta l’annunciato "Gelmini-day" su un giorno di festa e di preghiera ad uno dei protettori della comunità: S. Michele Arcangelo, perché è "l’unico che può sconfiggere i demoni che stanno arrivando da ogni parte".
"Caro don, anche noi pregheremo con te, per te. Ma la proposta di cui sopra, è sempre valida, anzi raccomandabile".
Secondo indiscrezioni, le loro dichiarazioni sarebbero state raccolte nei giorni scorsi
A breve il magistrato potrebbe richiedere provvedimenti restrittivi della libertà
Abusi sessuali, altri tre contro Don Gelmini
Diventano dieci i testimoni dell’inchiesta
L’avvocato del sacerdote: "Si tratta di assolute sciocchezze"
TERNI - Ci sono altri tre testi che accusano don Pierino Gelmini. A quanto si è appreso da indiscrezioni, le loro dichiarazioni sono state raccolte nei giorni scorsi e portano a dieci il numero dei testi d’accusa.
Il sostituto procuratore Barbara Mazzulo era anche stamani al lavoro nel suo ufficio della procura della Repubblica, a Terni, ma non è stato possibile sapere se stia lavorando sulle carte di questa inchiesta, dal momento che per le ferie del procuratore Carlo Maria Scipio fa capo a lei il controllo di tutta l’attività della procura.
A quanto si era appreso dalle indiscrezioni raccolte nei giorni scorsi e dalle poche dichiarazioni delle fonti ufficiali, l’indagine era già considerata dagli inquirenti praticamente conclusa. L’orientamento del pm sarebbe stato comunque di attendere la fine del periodo feriale, che blocca la decorrenza dei termini processuali, per depositare, dopo il 15 settembre, l’atto di chiusura delle indagini e la probabile richiesta di rinvio a giudizio.
Circola però anche l’ipotesi che in tempi stretti il magistrato possa invece avanzare una richiesta di provvedimenti che limitino la libertà d’azione del sacerdote, soprattutto per il timore di inquinamento delle prove.
L’avvocato attacca."Basta leggerle per capire che si tratta di assolute sciocchezze, per comprenderne la totale infondatezza e non credibilità". Così Lanfranco Frezza, il legale di don Pierino Gelmini, ha commentato all’Adnkronos le notizie trapelate secondo cui ci sarebbero altri tre testimoni nell’inchiesta della Procura di Terni che vede indagato il fondatore della Comunità Incontro per presunti abusi sessuali.
* la Repubblica, 9 agosto 2007
La replica: «La Chiesa è con me, mi sento un leone»
Don Mazzi dal pm contro don Gelmini
Il fondatore di Exodus interrogato su un episodio del ’93 conferma le confidenze di un ragazzo: «Mi disse di aver subito violenze»
ROMA - Torna indietro nel tempo fino al ’93 l’inchiesta sulle presunte violenze sessuali commesse da don Pierino Gelmini su alcuni tossicodipendenti all’interno della Comunità incontro. La novità è emersa dall’interrogatorio come «persona informata sui fatti» di don Antonio Mazzi, il padre di Exodus: è stato sentito dai magistrati di Terni all’inizio della scorsa settimana e ha confermato il contenuto di una lettera da lui inviata a un ragazzo che aveva assistito nel suo centro per un paio d’anni.
Il giovane ha denunciato di aver appunto subito gli abusi 14 anni fa, quando ha trascorso un periodo di sei mesi ad Amelia. Poi si è trasferito in una struttura di don Mazzi, con il quale si è confidato e ha continuato a mantenere rapporti epistolari. Il procuratore Carlo Maria Scipio e il pm Barbara Mazzullo volevano sapere dal fondatore di Exodus se confermava quello che aveva scritto all’ex drogato nel 2003. Il sacerdote, nel corso dell’interrogatorio, ha ribadito punto per punto quello che aveva sottolineato nella missiva, in cui c’è un chiaro riferimento alle violenze sessuali.
Le parole del fondatore di Exodus avrebbero aggravato la posizione di don Gelmini: per gli inquirenti sono una conferma, seppure indiretta, delle accuse nei suoi confronti. Almeno da parte di uno dei sei ragazzi, cinque dei quali si sono rivolti agli investigatori dopo essere stati allontanati dalla Comunità per aver commesso dei furti. «Faremo presto, non perché c’è qualcuno che ce lo chiede, ma perché abbiamo tutti gli strumenti per farlo» ha annunciato la Mazzullo, lasciando capire che la conclusione dell’indagine è vicina. Più cauto l’avvocato Lanfranco Frezza, che difende don Gelmini insieme con Franco Coppi: «Non ci aspettiamo novità prima della fine di settembre ». Don Gelmini ieri era a Pompei. E il sindaco Claudio D’Alessio ha riportato le sue parole: «La Chiesa mi è vicina: io non mollo, mi sento un leone. L’albero più alto è quello che rischia di più di essere abbattuto dal vento», ha aggiunto con una metafora il capo della Comunità incontro. «L’unico vero giudice è la coscienza e io sono in pace con la mia...».
Dal mondo politico, altre manifestazioni di solidarietà per don Gelmini. «Devono finire le aggressioni che continuano nei suoi confronti», ha chiesto l’esponente di Forza Italia ed ex ministro Stefania Prestigiacomo. E Don Luigi Ciotti: «Continuo a essere vicino a don Gelmini come persona. Però per andare avanti - ha ribadito - le strutture devono essere garantite solo dagli enti locali, dalle istituzioni preposte e dai cittadini. Non dalla politica».
Flavio Haver
* Corriere dellla Sera, 07 agosto 2007
SE IL RELATIVISMO ETICO VIENE COMBATTUTO CON PAROLE DA CASERMA *
di Gian Antonio Stella (Corriere della Sera, 09/08/2007)
L’estroso catto-massone Alessandro Meluzzi non è ancora riuscito a trovare il tempo per chiedere scusa, a nome dell’incauto don Gelmini del quale si fa portavoce, agli omosessuali. E dopo avere espresso il rammarico numero uno del prete per l’insensata sparata contro la «lobby ebraico-radical chic» e poi il rammarico numero due per il coinvolgimento nel «complotto» della massoneria (alla quale lo stesso Meluzzi si vanta d’appartenere come «aderente alla Loggia Madre Ausonia, la più antica d’Italia, che ha ospitato Garibaldi, Cavour...») è rimasto afono. Il che, per un uomo così loquace che a suo tempo si tirò addosso le ire trasversali di tutte le parlamentari per aver gigioneggiato che «le donne disponibili non sono solo modelle e attricette » ma «a volte sono più agguerrite e aggressive le assistenti parlamentari, le segretarie di Montecitorio e di Palazzo Madama», è piuttosto inusuale.
Eppure, come hanno sottolineato tra gli altri il «circolo Mario Mieli», Franco Grillini e Vladimir Luxuria, le scuse di don Pierino sarebbero state opportune. Nel suo sfogo scomposto dopo il divampare delle polemiche intorno all’inchiesta nata dalle accuse di molestie sessuali da parte di alcuni tossici espulsi a suo tempo dalla «Comunità incontro», il sacerdote aveva detto tra l’altro, sparando a zero contro quanti tirano in ballo i casi di pedofilia tra il clero cattolico americano: «Così noi saremmo tutti froci... Io e loro a scopare nelle stanze del silenzio...».
Un linguaggio colorito, per un prete. Non diverso da quanto era colorito quello di Angelo Gelmini, noto come Padre Eligio e compagno di alcune disavventure giudiziarie che videro i due fratelli finire addirittura insieme in carcere nel 1976 con l’accusa, poi evaporata, seconda l’archivio dell’Ansa, di aver truffato un commerciante di formaggi di Crescentino, Viro Passero, con «la finta promessa di titolo onorario ».
Eppure don Pierino, con la sua esperienza di vita, dovrebbe conoscere bene quanto possa pesare un marchio. Non solo perché, in tanti decenni di lotta alla droga, deve aver conosciuto diversi ragazzi disperati che per strappare la dose quotidiana erano talvolta arrivati a vendersi ed erano stati automaticamente bollati coi nomignoli più infamanti. Ma perché lui stesso, come ha ricordato Francesco Grignetti su La Stampa, fu vittima di quelle insopportabili malignità che segnano la vita. Diceva un vecchio ritaglio del Messaggero ricordando un’altra, vecchia condanna: «Gli danno quattro anni di carcere, nel luglio del ’71. Li sconta tutti. Come detenuto, non è esattamente un modello e spesso costringe il direttore a isolarlo per evitare "promiscuità" con gli altri reclusi».
Vogliamo scommetterci: una malevola carognata. Ma proprio per questo viene da chiedersi: perché, dopo l’infelice sortita di sabato, don Pierino non ha sentito il bisogno di correggersi? Perché ha avvertito la necessità di mettere una toppa con gli ebrei (meno male) e con la massoneria (meno male) e non con i gay? Di più: perché il mondo del centro-destra italiano, premurosamente pronto a suggerirgli una rettifica sugli altri due sfoghi, non si è neppure accorto di quello contro gli omosessuali feriti col più antico insulto romanesco da latrina? Peccato. Alla fine, nonostante tutti gli sforzi, sempre lì si torna. Ai camerati che sfilano col cartello «Finocchi? Sì, grazie: col pinzimonio». A Roberto Calderoli che denuncia le «assurde pretese di privilegi dei culattoni». A ministri in carica qual era Mirko Tremaglia che sbottano: «Povera Europa: i culattoni sono in maggioranza».
Povera destra: la battaglia contro «il relativismo etico», la si condivida o meno, è una cosa troppo seria per lasciarla fare a chi usa parole da caserma.
Nonostante tutti gli sforzi, nel centrodestra resta l’abitudine agli insulti contro i gay.
Assedio alla Chiesa?
di ARRIGO LEVI (La Stampa, 7/8/2007)
Premetto che non credo neanche per un istante alle accuse di molestie rivolte a Don Gelmini, che ho conosciuto e stimato per la sua opera di recupero dei drogati.
Ma ritengo giusto riflettere, e invitare in amicizia Don Pierino a riflettere ancora, sulle cose che ha detto, e poi ritrattato e corretto, a proposito della «lobby ebraico-radical chic» che, a suo dire, vorrebbe danneggiare o addirittura «svenare» la Chiesa di Roma. In qualche modo, sia la sua smentita, che alcune delle cose dette da suoi ammiratori per scusarlo, sono il classico «peggio il tacòn del buso».
Purtroppo non serve spiegare la frase malaugurata con le parole: «Se l’ho detto mi è sfuggito. Intendevo dire loggia massonica-radical chic». Caro Don Gelmini, come ci insegnavano a scuola, «voce dal sen fuggita più richiamar non vale». Non basta proprio dire: «Chiedo scusa agli ebrei, ho molta stima e considerazione per loro».
Grazie, ma non ne abbiamo bisogno. Non vedo perché Lei non dovrebbe stimarci, né più né meno dei non ebrei. E poi agli ebrei, non so perché, le dichiarazioni di particolare stima danno un certo brivido. Comunque, quel che è detto è detto. E mi pare che in un caso come questo - accetti il consiglio di un Suo estimatore - si imponga un bell’esame di coscienza, magari un ritiro dedicato a una riflessione profonda su una idea tanto antica e diffusa quanto ignobile, che evidentemente, povero Don Gelmini, Lei aveva dentro di sé, nel più profondo della coscienza.
Temo che anche la Sua idea della massoneria sia un’idea sciagurata, come lo è il giustificarsi dicendo: «Pensate a quello che è accaduto in America, alla strumentalizzazione sui preti pedofili americani. La Chiesa ha sbagliato a pagare, a indennizzare... Mi sembra ci sia in atto una strategia mondiale di questa lobby che partendo dalla Chiesa americana tende a indebolire la Chiesa tutta. Guardate che non ci sono solo i preti pedofili! I pedofili sono ovunque, anche tra i pastori protestanti». Scusi: ma che c’entrano i pastori protestanti? Ognuno si faccia gli affari suoi!
Mi ha fatto poi sorridere l’osservazione, che voleva essere rassicurante, di Carlo Giovanardi (concittadino e amico), che ci assicura che né lui, né Berlusconi, che pure hanno studiato per anni dai Salesiani, «sono mai stati molestati». Lo spero bene! Non vedo perché si dovrebbe pensare il contrario. Quanto a definire la frase di Don Gelmini, come ha detto l’onorevole Ronchi, «una gaffe», significa non capire affatto la gravità di ciò che è stato detto: quella frase non era una gaffe, ma un reato bello e buono, definito dalla legge «istigazione all’odio razziale».
Ma perdonare è una virtù, e perdonare fa bene a chi perdona come a chi viene perdonato. Rimanendo dunque in piena e fiduciosa attesa che i giudici riconoscano Don Pierino del tutto innocente dall’accusa rivoltagli di pedofilia, trovo però preoccupante l’idea dello stesso Don Pierino che sia in atto un’attività persecutoria della Chiesa. Come dice sempre l’onorevole Ronchi: «Relativismo culturale e clima anticlericale sono assodati». Ma il «relativismo culturale», in buon italiano, altro non è che la libertà di pensiero, che la nostra Costituzione (art. 21), grazie al cielo, riconosce a tutti.
Quanto al «clima anticlericale», e alla presunta persecuzione della Chiesa, faccio mio il commento di Monsignor Giovanni Nicolini, vicario episcopale di Bologna, che cito: «La Chiesa non è un fortino assediato. Se capitasse a me una cosa del genere, non aprirei più bocca, e soprattutto non griderei al complotto contro la Chiesa. A Don Gelmini, consiglio il silenzio di Cristo davanti ai suoi accusatori. Se si smette di urlare, poi si scopre che non esiste nessun accanimento anticlericale nella nostra società, anzi noi cattolici siamo molto stimati. La vera lacerazione non è tra la Chiesa e il mondo, ma dentro la Chiesa. Allargare alla Chiesa le vicende personali è la vera minaccia antiecclesiale».
Parole sante, che ci piacerebbe sentir ripetere dai più alti livelli della gerarchia. L’idea, un po’ grottesca, che i cattolici siano perseguitati (lasciatelo dire a un ebreo, che di persecuzioni ha una certa esperienza), non nasce, purtroppo, da Don Pierino. A cui rivolgo tutti i miei auguri di continuare, in serenità, l’opera buona a cui ha dedicato, meglio che poteva, la sua vita.
Si accende la polemica politica sull’azione dei pm di Terni che indagano sul sacerdote
Il ministero della Giustizia: "Il Guardasigilli non ha manifestato l’intenzione di interferire"
Don Gelmini, inchiesta sulla fuga di notizie
Il sacerdote: "Non attacco gli ebrei"
La comunità ebraica chiede le scuse dopo le accuse di lobbismo
Il religioso: "Mi sono espresso male, non parlavo di ebrei ma di massoni"*
TERNI - La Procura di Terni ha aperto un’indagine sulla fuga di notizie relativa all’inchiesta sui presunti abusi sessuali che coinvolge don Pierino Gelmini. Ma sono proprio le ultime esternazioni sulla stampa del sacerdote a far discutere. E che lo costringono ad una repentina retromarcia. Dopo aver puntato l’indice contro una presunta lobby ebraica e radical-chic, oggi precisa: "Volevo dire lobby massonica radical chic. Chiedo scusa agli ebrei perché per loro io ho molto rispetto e considerazione".
Parole che tuttavia non placano la reazione della comunità ebraica. "Accuse farneticanti - dice Riccardo Pacifici, vicepresidente e portavoce - forse dovute allo stress del momento e anche al caldo. Le respingiamo e restiamo in attesa di scuse. Don Gelmini ha utilizzato uno stereotipo che per duemila anni è stato usato dalla Chiesa e che poi è stato fatto proprio dalla politica e quindi dal nazismo. Sappiamo bene quanti lutti e dolori ha causato tutto questo".
Nel frattempo l’ufficio stampa del ministero della Giustizia sottolinea che il Guardasigilli Clemente Mastella "non ha manifestato l’intenzione di interferire nell’inchiesta", accusando la stampa di strumentalizzazioni. Ieri Mastella aveva detto di voler essere "vigile per evitare scivolature e aspetti fuorvianti e strumentalizzazioni "di carattere anticlericale".
"Agli scienziati del diritto e del ’rovescio’, che ogni volta intervengono - sottolinea oggi l’ufficio stampa - ricordiamo che il ministro ha sempre preso posizione a favore del rispetto della persona, chiunque essa sia, e che su questo ha sempre vigilato e vigilerà senza mai mettere in discussione l’indipendente esercizio del potere di indagine della magistratura, come dimostra un intero anno della sua azione di governo".
La stessa Procura di Terni - sottolinea l’ufficio stampa - "ha aperto un’indagine sulla fuga di notizie e il potere di vigilanza del Guardasigilli è strettamente funzionale al buon andamento dell’amministrazione della giustizia, ciò che costituisce comune interesse del ministro, della magistratura inquirente e di tutti i cittadini".
Al chiarimento di via Arenula fanno da contraltare le prese di posizione degli esponenti politici che chiedono l’intervento di Mastella, preoccupati dal clamore suscitato dall’inchiesta. "Oggi serve più presenza su don Gelmini - dice il segretario della Dc per le Autonomie, Gianfranco Rotondi - chiediamo al ministro di riferire in Parlamento. Quei giudici non hanno esitato a mettere a rischio progetti di recupero di tanti, che magari ora si fermano". "Da laico, difendo don Gelmini con piena convinzione - osserva Daniele Capezzone della Rosa nel Pugno - il punto, ed è il vero dramma della cosiddetta ’giustizia’ italiana, è la fuga di notizie e la criminalizzazione di un cittadino prim’ancora che il vero e proprio percorso giudiziario sia iniziato".
E ancora: Egidio Pedrini, parlamentare dell’Idv, è convinto che "il ministro della Giustizia dovrebbe intervenire organicamente nel disporre iniziative su alcune Procure, e non di volta in volta al verificarsi di un fenomeno, perché di fronte a un fatto reso noto ve ne sono molti altri che non hanno notorietà. L’intervento organico è necessario per impedire che alcuni magistrati, magari troppo sensibili alla politica o alla visibilità mediatica, minino la credibilità dell’intera magistratura".
(la Repubblica, 5 agosto 2007)
Reggio Calabria, col sacerdote fra i ragazzi della comunità:
"Chi pensava di trovarmi impiccato si sbagliava
La rabbia del prete antidroga
"Offensiva ebraico radical-chic"
dal nostro inviato GIULIANO FOSCHINI *
ZERVO’- All’inizio di questa settimana - "non sono qui perché sono scappato, sono arrivato quando ancora doveva cominciare questa storiaccia" - lo hanno accolto con la banda del paese. "Bentornato papà", firmato "I tuoi figli dell’amore", è scritto nel cartellone appeso all’ingresso della comunità di Zervò, un vecchio sanatorio a più di mille metri d’altezza, fra cascate e boschi. Don Gelmini è seduto in un prato inglese tra ortensie, faggi e pioppi, sotto una pianta enorme che lui chiama "l’albero di Giobbe". Intorno, seduti in cerchio, una cinquantina di ospiti della comunità. Tutti ex tossicodipendenti pronti a difenderlo dalle accuse di "delinquenti e infami".
"Chi pensava di trovarmi appeso impiccato a un albero come è successo al povero Marco Agostini, il parroco di Latina accusato di pedofilia, si sbagliava. Io sono qui, più tosto di prima, accanto ai miei ragazzi che mi danno forza".
Le accuse sono pesanti.
"Il mio accusatore è un pregiudicato barese, uno che viene da una famiglia di boss. Vuole ricattarmi. La prima volta mi ha denunciato due, tre anni fa, ma non gli credettero. Ad agosto dell’anno scorso anno tornò in comunità dopo l’indulto. Mi chiese scusa e io gli trovai un lavoro. Conservo ancora una lettera: mi scriveva che "la miglior vendetta è il perdono". Ritrattò la denuncia e a Natale tornò in comunità e si scusò pubblicamente, sul palco (ndr, i ragazzi seduti a terra annuiscono). Ma forse voleva di più: soldi. Io l’ho mandato via e lui ha rifatto la denuncia".
Non è l’unico accusatore, e gli altri?
"Ce n’è un altro che questo barese avrà reclutato in carcere. E poi ci sono cinque miei ex ospiti che io avevo denunciato perché derubarono una mia collaboratrice".
Una cospirazione?
"Mo fratello, padre Eligio, pensa ci sia un movimento politico contro di me perché sono schierato da una parte precisa".
Si sente il prete del Polo?
"A mettere in giro la voce è stato don Mazzi che per accreditarsi ha detto che lui è il cappellano del centrosinistra e io quello del centrodestra. Sono sciocchezze, io rispondo solo al signore. Voto, certamente, e Berlusconi è un mio amico. Ma questa storia non c’entra niente con tutto questo".
E dunque che idea si è fatta?
"Probabilmente i miei accusatori hanno trovato qualche giudice anticlericale".
Si sente un martire della magistratura?
"Non ho fiducia incondizionata. Certo, ho incontrato giudici splendidi, ma ci sono anche giudici mascalzoni che pur di finire in prima pagina fanno soffrire ad arte la gente. C’è chi ti obbliga a mantenere il riserbo su un interrogatorio, come è successo a me, e poi sei mesi dopo ti fanno finire sui giornali con delle menzogne. Contatterò presto il professor Coppi, pretendo da chi sta dicendo stupidaggini milioni di euro".
A cosa fa riferimento?
"Questa storia della stanza del silenzio con la moquette e le poltroncine rosse dove io avrei molestato i ragazzi. Come la raccontano sembra quella roba del Grande Fratello...".
Cioè?
"Sembra una stanza a luci rosse. E invece è un posto con le vetrate, le panche delle chiese, un camino acceso da trent’anni dove io, insieme con i miei collaboratori, incontro i ragazzi insieme con le loro famiglie. Alla fine di questa storia scriverò un libro: "Il serpente nella stanza dei magistrati"".
Ha visto quante reazioni ha scatenato. Si considera un potente?
"Non sono certo una testa di cavolo, ho centri in tutto il mondo. Non sono come quei giudici che sono dietro a una scrivania perché non sono diventati grandi avvocati".
Attacca ancora i magistrati?
"Io sono tranquillo, con loro non vado più a parlare salvo non mi arrestino. Siamo alla gogna. Una volta mentre dormivo, anni fa, mi chiama la mia segretaria e mi dice: "Ma allora non l’hanno arrestata per un traffico di bambini con la Thailandia!". Lo dicevano i telegiornali".
Visto quello che è successo negli Stati Uniti, secondo lei esiste un problema pedofilia nella Chiesa?
"È una montatura, hanno tirato fuori cose di 50 anni fa. Secondo me il Vaticano ha sbagliato a pagare gli indennizzi, quelle sono responsabilità personali. La verità è che, partendo dagli Stati Uniti, è in atto un’offensiva ebraico-radical chic che mira a screditare la chiesa cattolica. I pedofili sono ovunque nella società".
Chi l’ha chiamata per esprimerle solidarietà?
"Silvio, subito: "Dimmi Don, sono a disposizione". Ci ha già dato 100 miliardi di lire, è pronto a darmene 200, 300 alla faccia di chi mi vuole fermare. Cossiga mi ha detto che è pronto a dire di tutto in mia difesa. Mi ha chiamato anche il generale Speciale, ha studiato dai salesiani, è un buon cristiano. C’è Pier Ferdinando che mi cerca".
Hanno telefonato soltanto politici del Polo?
"No, anche Lusetti e la Belillo. E pure Amedeo Minghi. E molti arcivescovi".
Cosa vuole dire ai suoi accusatori?
"Nessun messaggio. Li ho perdonati, ma sappiano che raccoglieranno quello che hanno seminato. Io ho fatto quello che potevo: una bella iattura...".
(la Repubblica, 5 agosto 2007)
Don Gelmini: disegno contro di me
Don Pierino: «Perdono chi mi accusa, sono persone che soffrono»*
Roma, 5 ago. (Apcom) - Dietro quelle accuse «c’è un disegno. Della politica? Può darsi. Tutto può darsi. Io ancora mi chiedo qual è stato il motivo della fuga di notizie. A noi, come indagati, ci avevano chiesto il massimo riserbo perché era in corso un’indagine, ora non capisco qual è il fine di tutto questo». Il giorno dopo la diffusione della notizia di indagini a suo carico per abusi sessuali, Don Pierino Gelmini, parroco anti-droga, fondatore della comunità Incontro, si concede ai microfoni di Radio Vaticana prima, a quelli del Tg2 e di Sky ed esprime tutto il suo disappunto per la fuga di notizie sull’indagine aperta dalla procura di Terni.
Don Gelmini ipotizza che dietro le accuse ci sia anche un tentativo di estorsione. «Proprio la mattina in cui dovevo andare per essere interrogato ho ricevuto una telefonata estorsiva». Soldi per ritrattare le accuse, è la tesi del sacerdote che però fa sapere di avere «già perdonato» chi lo ha denunciato. «Sono persone che nella vita hanno sofferto e molte volte addebitano la loro sofferenza agli altri».
Non soltanto la fede in Dio offre sostegno a Don Gelmini in questa vicenda. Il fondatore della Comunità Incontro ha già ricevuto una pioggia di manifestazioni di solidarietà. Tra gli altri Silvio Berlusconi. «Mi ha fatto molto piacere la telefonata del presidente Berlusconi. Mi ha detto: ’Ti sono vicino, conta su di me. Qualsiasi cosa... Sai, io sono un antesignano di denuncè». E poi ancora sono arrivate le telefonate di Francesco Cossiga, di Pier Ferdinando Casini e ddi Carlo Giovanardi, di Maurizio Gasparri e Alfredo Mantovano di An, di Mauro Fabris dell’Udeur, dei dielle Renzo Lusetti e Paola Binetti.
Sull’indagine è intervenuto ieri anche il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, che ha assicurato che «vigilerà di persona per evitare scivolature e cose fuorvianti» nell’ inchiesta a partire da strumentalizzazioni «di carattere anticlericale».
Ieri anche il New York Times, che raramente dà spazio a notizie provenienti dall’Italia, si occupa dell’inchiesta aperta su don Gelmini. «Prete italiano accusato di molestie sessuali da ex assistiti», titola il quotidiano, presentando il religioso ai suoi lettori come «un prete vicino ad alcuni dei politici italiani più potenti». La ricostruzione degli avvenimenti è corredata da un commento del portavoce di don Gelmini: «A un americano potrà sembrare strano che una cosa del genere - dice Alessandro Meluzzi - possa apparire sulla prima pagina di un giornale senza che le accuse siano state nemmeno formalizzate, ma in Italia succede».
La solidarietà a don Gelmini non si ferma e come ogni anno, sull’Aspromonte, la comunità Incontro prepara per Ferragosto una giornata di festa e preghiera. Il ’don Gelmini day’ l’ha ribattezzato l’esponente di An Maurizio Gasparri, chiamando a raccolta per quella data tutti i sostenitori del sacerdote finito sotto inchiesta per la denuncia di alcuni ragazzi ex ospiti della sua comunità.
* La Stampa, 5/8/2007 - 7:40
Don Gelmini, la difesa di Berlusconi *
Tra le molte telefonate di solidarietà ricevute da don Pierino Gelmini a Zervò c’è stata anche quella dell’ex presidente del Consiglio. «Mi ha fatto molto piacere anche la telefonata del presidente Berlusconi», ha detto il sacerdote, ai microfoni del Tg2.
«Mi ha detto: "Ti sono vicino, conta su di me. Qualsiasi cosa... Sai, io sono un antesignano di denunce"».
Il fondatore della Comunità Incontro, a proposito della sua lontananza dalla sede madre di Amelia, ha poi spiegato: «Non è vero che mi sono "rifugiato" a Zervò perchè ogni anno, da dieci anni, nel mese di agosto io vengo a Zervo».
Un tentativo di estorsione dietro alle accuse nei confronti di don Pierino Gelmini. Ne è convinto lo stesso fondatore della Comunità incontro che, intervistato dal Tg2, ha detto: «Proprio la mattina in cui dovevo andare per essere interrogato ho ricevuto una telefonata estorsiva». Volevano dei soldi per ritrattare le accuse, ha aggiunto il sacerdote.
Ma quanti sono i ragazzi che hanno presentato denuncia? «La cosa - ha risposto il sacerdote - è partita con uno, e con due. Poi i 5... È la famosa storia di quelli che hanno rubato in Comunità, di notte, e sono stati denunciati da me e poi espulsi dalla Comunità... mi pare che due di questi erano agli arresti. La cosa strana, questo è avvenuto molto dopo, è che questi cinque li hanno aggiunti ai due».
Don Gelmini, dopo aver ribadito di aver ricevuto minacce dai giovani («andando via hanno detto, "tanto te la faremo pagare"»), ha quindi affermato di aver avuto richieste estorsive: «sì, le ho ricevute», ha detto. Volevano dei soldi? «Certo. Dicevano: "noi veniamo a discutere così ritratteremo"».
Don Gelmini, il fondatore della Comunità Incontro, è indagato dalla procura di Terni con l’accusa di abusi sessuali. Ad accusarlo alcuni ex ospiti delle strutture della comunità ad Amelia. L’indagine, sottolinea il quotidiano, è in corso da oltre sei mesi e i magistrati hanno ascoltato diversi testimoni con l’obiettivo di ricostruire la vicenda. Le dichiarazioni di accusa sarebbero abbastanza concordanti: pagine e pagine di verbali in cui gli ex ospiti - giovani che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con la droga, qualcuno anche scivolato nella delinquenza - ripeterebbero sempre gli stessi racconti. I pm hanno anche già sentito il diretto interessato in un «lungo e drammatico interrogatorio».
Il centro-destra senza conoscere ancora l’indagine parte all’attacco. O meglio: alla difesa. «Caro Don Gelmini un motivo in più nella strada per la tua santità»: questo il testo di un telegramma che Daniela Santanchè ha inviato a Don Gelmini indagato dalla Procura di Terni. «Sono migliaia i ragazzi e le loro famiglie che potrebbero testimoniare l’operato di Don Gelmini che ha salvato tanti giovani», sottolinea la parlamentare.
Sotto gli artigli del capogruppo Udc alla Camera, Luca Volontè ci capitano anche i giornalisti de La Stampa che semplicemente riportavano la notizia. «L’esistenza di Don Gelmini è da sempre dedicata alla cristallina sequela di Cristo, perciò sempre pronta all’aiuto di coloro che sono in difficoltà. Solo un giornalismo d’accatto può tentare di infangare la storia e le opere di un uomo che ha fatto della generosità e del servizio la propria regola di vita». «È indegna la congiura mediatica contro don Pierino Gelmini» - tuona il segretario della Dca Gianfranco Rotondi - «la stampa italiana - sottolinea - persegue una crociata volta a trasformare gli eroi positivi della lotta alla droga in mostri. Sullo sfondo resta un progetto di scristianizzazione del Paese. Tutti sanno due cose: i drogati farneticano e se la prendono con chi li cura. Condizione per recuperare un drogato è ignorare le sue farneticazioni, restargli vicino e non diventarne complici. Oggi i complici dei mercanti di morte sono quelli che puntano le loro penne nel costato di don Gelmini».
Controcorrente l’opinione di Vladimir Luxuria, deputato di Rifondazione Comunista. «Non sono un magistrato, e quindi non entro nel merito dell’indagine. Invito solo le persone a non assolvere una persona indagata per reati così gravi solo perchè è un sacerdote». Luxuria tiene a sottolineare che «il problema delle violenze sessuali è molto grave, e devo dire che quando coinvolge chi riveste un ruolo di guida spirituale è ancora più grave, perchè il sacerdote incute soggezione e alcune persone possono esserne più facilmente vittime. Il mio invito - conclude Luxuria - è di non fare assoluzioni preventive».
* l’Unità, Pubblicato il: 03.08.07, Modificato il: 04.08.07 alle ore 16.41
IL PRETE ANTI-DROGA
"E’ una vendetta": Don Gelmini
passa al contrattacco
E la comunità fa quadrato: chi denuncia voleva dei soldi
di GIACOMO GALEAZZI (La Stampa, 4/8/2007 - 8:3) -
INVIATO A AMELIA (TERNI). Il giorno dello sconcerto e della rabbia inizia con una stretta di mano al quartier generale della comunità «Incontro». Il velo di ostentata «serenità» (parola ripetuta ovunque come un mantra) cela a stento la preoccupazione e i nervi a fior di pelle. Una fede granitica nell’innocenza di don Pierino accomuna laici e sacerdoti, compaesani e ragazzi in terapia. Fino a metà mattinata i giornalisti vengono accolti come se nulla fosse successo alla segreteria organizzativa di Molino Silla, un borgo immerso nel verde, così curato che si stenta a credere che trent’anni fa fosse campagna desolata, la «valle delle streghe» di Amelia.
«Adesso è la valle della speranza», scandisce con orgoglio Giampaolo (qui tutti si chiamano rigorosamente per nome), braccio destro del prete antidroga. Il sorriso sui volti dei «Gelmini-boys», però, si spegne man mano che da radio e televisori rimbalzano titoli di notiziari e reazioni politiche a raffica, mentre il centralino è bersagliato dai mass media di tutto il mondo con domande sull’inchiesta per abusi sessuali. Dall’Aspromonte telefona tre volte ai suoi più stretti collaboratori il fondatore infuriato.
I telefonini qui prendono male, occorre alzare la voce per farsi sentire. Don Gelmini è un torrente in piena, lamenta l’improvviso clamore, protesta la sua innocenza, si sente disarmato di fronte all’onda infamante delle accuse. Nella stanza tappezzata di poster del fondatore, il clima si arroventa al ricordo di «quegli sbandati usciti dal carcere e lì tornati» che hanno denunciato il sacerdote-simbolo della lotta alla droga: «Quando sono stati sorpresi a rubare e allontanati, giurarono vendetta. Ci hanno anche ricattato con telefonate in cui chiedevano soldi per non montare uno scandalo». I toni salgono («quei delinquenti li abbiamo cacciati perché rubavano e creavano problemi, questa è la loro ritorsione») e i cronisti prima vengono invitati a lasciare gli uffici, poi accompagnati all’uscita, sorvegliata da un quarantenne che ha fatto qui il suo percorso di recupero dalla tossicodipendenza: «Questo è un posto bellissimo e a me ha salvato la vita. All’inizio lo vedevo come una galera e mi hanno costretto i familiari a restare, ma avevo tre figli ed è andata bene così». Una ventina di ragazzi, quelli cioè che non sono assieme a don Gelmini al tradizionale campeggio estivo in Calabria, si tengono alla larga dai giornalisti. «Per regolamento», tagliano corto. Tra i viottoli, i neo-arrivati fanno piccoli lavoretti. Gli altri svolgono ciascuno una mansione precisa nei laboratori artigianali, nei giardini, nelle cucine, nello zoo zeppo di leoni, tigri, pappagalli, serpenti e canguri.
Nel frattempo si definisce al telefono la strategia da seguire e l’ufficio di Giampaolo (sempre più spesso al telefono con il leader) diventa off-limits anche per i membri della comunità. A fine mattinata, don Pierino, che in un primo momento aveva assegnato la difesa pubblica esclusivamente ad Alessandro Meluzzi, affida la propria verità ai microfoni del Tg5. Parla di «gogna mediatica», si proclama «interiormente molto sereno», ringrazia le persone che gli sono vicine «in questo momento in cui devo portare una croce». E sospira: «Per chi lavora in questo campo è una passaggio obbligato anche se sofferto. È pacifico, chi in questi mari naviga, questi pesci prende...». Rivendica di aver assistito «più di 300mila persone in ogni parte del mondo». Anche se provato per l’indagine, giura di non essere pentito: «A costo di strisciare per terra, voglio andare avanti. Cadrò quando Dio vorrà, ma rimarrò in mezzo ai miei ragazzi, qualsiasi cosa pensino di me». Sa di poter contare su un consenso totale tra le mura dei suoi centri. E in effetti nessuno canta fuori dal coro.
Intorno tutti mettono la mano sul fuoco. «Don Pierino è innocente, qui è conosciuto casa per casa, è uno di famiglia», ripetono in paese senza la minima variazione. Amelia è piena di ex ospiti della comunità Incontro che hanno preso la residenza e hanno trovato lavoro, soprattutto in cooperative sociali e associazioni «non profit». In molte case la foto di don Pierino con in testa la mitra di esarca greco-melkita, è appesa accanto alla «Madonna del Sorriso», l’effigie mariana venerata nella comunità. Rari bagliori di sdegno per gli accusatori. «Come si fa a volere male a un uomo che ha fatto tanto bene?», non si danno pace due anziane sotto la maestosa facciata della chiesa di Santa Caterina. «E’ un fulmine a ciel sereno, sono sconcertata, non ho parole- scuote la testa Clara Rossi, casalinga-.Qui c’è chi lo stima e chi no, però nessuno lo ritiene colpevole». In ogni famiglia se ne discute. «E’ solo una montatura, una rivalsa di gente cacciata dalla comunità- si accalora Fiorella Fiorini, insegnante di scuola materna-.E’ tutto inverosimile, speriamo che svaniscano presto ombre e sospetti. Non si può gettare fango su un santuomo».
Il vescovo di Terni, Vincenzo Paglia sta rientrando dalla missione in Africa e in diocesi cadono dalle nuvole. «Abbiamo appreso la notizia da La Stampa, non si era avuto sentore che potesse accadere un fatto del genere - si schermiscono -. Seguiamo la vicenda tramite l’operato della magistratura. Spetta agli organi competenti fare le indagini». Intanto il portavoce Meluzzi ha già confermato che il sacerdote, accompagnato dai suoli legali, è stato sentito alcune settimane fa in procura. «E’ un’inchiesta che va avanti da mesi e riguarda un gruppetto di ragazzi allontanati un anno fa dalla comunità - afferma -. Nella vita dei santi ci sono stati momenti simili. Dal punto di vista ecclesiale, Don Pierino sta soffrendo quello che deve soffrire. Soffre le sue piaghe insieme a Cristo».
Qualche voce «sui generis» nella comunità c’era. «Giravano chiacchiere, ma erano solo battute», azzarda Aldo Curiotto, per 22 anni collaboratore di don Gelmini e marito di Maretta, storica segretaria della comunità Incontro. «Si trattava dei soliti pettegolezzi che spesso si sentono in realtà importanti», minimizza.
"Don Gelmini soffre le sue piaghe insieme a Cristo"
Il portavoce Meluzzi: "Mi sembra abbia risvolti giudiziari sostanzialmente nulli e invece un’immensa rilevanza mediatica"
TERNI. Il portavoce Alessandro Meluzzi ha affermato che Don Gelmini non si trova attualmente nella sua Comunità incontro di Mulino Silla, ad Amelia, ma in un’altra delle sue Comunità, in Calabria. Ha confermato, inoltre, che il sacerdote, accompagnato dai suoli legali, è stato sentito alcune settimane fa in Procura a Terni. «Questa è un’inchiesta che va avanti da mesi - ha detto Meluzzi - e che riguarda un gruppetto di ragazzi che erano stati allontanati un anno fa dalla comunità».
«Chi porta la croce sa che spesso nella vita dei santi ci sono stati momenti come questi - ha affermato Alessandro Meluzzi - Dal punto di vista ecclesiale Don Pierino sta soffrendo quello che deve soffrire. Soffre le sue piaghe insieme a Cristo. Io sono un suo amico da 25 anni, Don Pierino è mio padre e mio maestro. Come il piccolo Cireneo sono contento di portare la croce accanto a lui».
Meluzzi si è detto anche «angosciato e stupito per l’uso che viene fatto del materiale giudiziario dal punto di vista mediatico».
Successivamente Meluzzi, in un’intervista ad Affaritaliani.it., si è detto «pronto a fare il consulente per la difesa di don Gelmini». «Siamo costernati per almeno tre ordini di ragioni - ha affermato - Il primo è che viene gettata una croce incredibile addosso ad un sant’uomo che per 82 anni ha servito Cristo, la Chiesa e gli ultimi». In secondo luogo, ha proseguito Meluzzi, «per come la comunità viene descritta, come una struttura chiusa e governata in maniera centralista, mentre la comunità è una struttura aperta, diffusa: 267 comunità nel mondo che si occupano non soltanto di tossicodipendenza», per cui «è l’esatto contrario di come viene descritta: non è una setta governata da un guru, ma una struttura con le porte aperte e i muri trasparenti».
Spiegando le sue impressioni sulla vicenda, Meluzzi ha aggiunto: «Mi sembra abbia risvolti giudiziari sostanzialmente nulli e invece un’immensa rilevanza mediatica». Il portavoce di Don Gelmini ha inoltre sottolineato di non sapere se tutto finirà in una bolla di sapone, «Non lo so dal punto di vista giudiziario, perchè questo è uno strano paese - ha spiegato - Certamente dal punto di vista della verità e del suo accertamento, direi che c’è una tale sproporzione tra la dimensione dell’attacco mediatico e i fatti di cui si parla, che credo che alla fine la Verità con la V maiuscola saprà imporsi di forza propria con l’aiuto della Provvidenza».
Il sacerdote, 82 anni, denunciato da due ex ospiti della sua comunità
Il portavoce Meluzzi: "Porteremo in aula decine di migliaia di giovani"
Terni, indagato don Gelmini
L’accusa è di abusi sessuali
Il centrodestra lo difende. Gasparri: "Piena solidarietà a un eroe civile del nostro tempo" *
ROMA - Don Pierino Gelmini, il fondatore della Comunità Incontro, è indagato dalla procura di Terni per presunti abusi sessuali. Ad accusarlo, secondo quanto riporta La Stampa di oggi, sono due ragazzi che erano stati ospitati ad Amelia nella struttura contro la tossicodipendenza creata dal sacerdote. Infuria intanto la polemica politica, con il centrodestra schierato in sua difesa.
L’indagine, condotta dal procuratore della Repubblica Carlo Maria Scipio e da uno dei suoi sostituti, Barbara Mazzullo, è in corso da oltre sei mesi e i magistrati hanno già ascoltato diversi testimoni per ricostruire la vicenda. Le dichiarazioni contro don Gelmini sarebbero molte e abbastanza concordanti: pagine e pagine di verbali in cui gli ex ospiti, giovani che hanno avuto o hanno ancora a che fare con la droga, alcuni dei quali sono scivolati nella delinquenza, ripeterebbero sempre gli stessi racconti, riferiti a fatti avvenuti un anno e mezzo fa. Nelle scorse settimane i pm hanno anche già sentito il diretto interessato, che attualmente non è ad Amelia ma in un’altra delle sue comunità.
Mentre la diocesi di Terni ha espresso "sorpresa e incredulità" e ha espresso "fiducia nell’opera della magistratura", secondo Lanfranco Frezza, uno degli avvocati difensori di don Gelmini, "i fatti addebitati sono destituiti da ogni fondamento". Il legale ha poi ricordato che il sacerdote "opera con personale umano molto particolare" e non ha escluso "a priori che possa essere rimasto vittima di una vendetta o di una forma di estorsione". "Siamo costernati ed angosciati ma lieti di portare la croce buttata addosso ad un uomo che per 82 anni ha sempre servito Cristo, la Chiesa e gli ultimi", ha commentato il medico e psichiatra Alessandro Meluzzi, amico e portavoce di don Gelmini. "Chiameremo a raccolta decine di migliaia di giovani, pronti a portarli nelle aule giudiziarie, perché è in momenti come questi che l’intero popolo si stringe attorno al suo pastore".
La polemica politica. Al sacerdote è giunto il sostegno del centrodestra, schieramento per il quale era da tempo un punto di riferimento. "In Italia e in ogni parte del mondo centinaia di migliaia di ragazzi e di famiglie ritrovano la vita e il sorriso grazie all’opera infaticabile di don Pierino Gelmini", ha detto il deputato di An Maurizio Gasparri, la cui "devozione nei confronti di uno dei pochi eroi civili del nostro tempo è convinta e totale". L’Udc Luca Volontè ha parlato di "furore anticattolico" e ha invitato il ministro della Giustizia Mastella a inviare degli ispettori nella procura di Terni. Vladimir Luxuria, deputata di Rifondazione Comunista, ha invece chiesto di "non fare assoluzioni preventive" e di non "assolvere una persona indagata per reati così gravi solo perché è un sacerdote".
* La Repubblica, 3 agosto 2007
Gelmini e la colpa della Lobby Ebraica
di Furio Colombo
Don Pierino Gelmini l’ha detto, e quando certe cose si dicono tradiscono una convinzione profonda, perciò sono dette per sempre. Smentire non serve, perché non c’è niente di accidentale in quello che ha detto, anche se il pover uomo è sballottato e disorientato da brutte accuse di cui non sappiamo niente. Sono accuse che gli fanno paura ed è tragico e umano che l’uomo perda equilibrio. Fa un affannato elenco dei suoi nemici, dei possibili mandanti della imputazione di abusi sessuali su ragazzi ospiti del suo rifugio anti-droga, sulle ragioni della improvvisa rivelazione pubblica delle accuse che lo colpiscono.
E così dice: «Forse perché sono schierato col centrodestra. Forse perché i magistrati sono anti-clericali. Forse perché c’è una lobby ebraica radical chic che sta dietro questa storia».
Poiché sto scrivendo su un giornale di sinistra carico di storia come l’Unità, devo sgombrare il campo da un equivoco che è bene non coltivare. La frase shock che sta al centro di questa vicenda e che dà una coloritura a tutto ciò che d’ora in poi penseremo, diremo, scriveremo della vicenda di Don Pierino Gelmini, non è una frase di destra. O meglio non identifica chi la dice come qualcuno schierato a destra. Attraverso un complicato gioco di rimbalzi (avversione contro Israele, accettazione e uso delle parole d’ordine di coloro che combattono contro Israele, diffusione del negazionismo, confusione più o meno involontaria fra azioni militari di Israele e comportamenti degli ebrei nel mondo) l’odiosa espressione «lobby ebraica» è passata a sinistra ed è passata persino - a volte - nel linguaggio giornalistico ritenuto «indipendente». Vuol dire immaginare un particolare centro di potenza che irradia i propri interessi nel mondo attraverso i media e le banche, piega le volontà, deforma le storie e - se necessario - influenza e condiziona le decisioni che contano.
Che la fonte di tutto ciò siano le cose dette e imposte come verità dal dottor Goebbels e dalla propaganda fascista e nazista è storia lontana e in gran parte perduta. Che, prima ancora, ci sia il celebre documento forgiato dalla polizia nazista oltre un secolo fa e noto come «i Protocolli dei Savi di Sion» è nozione perduta, anche se il documento circola intatto nelle retrovie culturali del mondo arabo e ispira quasi tutta la propaganda che giura d’essere antisionista, dunque anti-israeliana ma non anti-ebrea.
Però c’è sempre un momento in cui tutte le scorie di questo materiale di scarto della storia improvvisamente si raccolgono e si raggruppano, come in una strana combinazione chimica, e formano il solido pregiudizio della «lobby ebraica» (ebraica, non sionista, non israeliana). Descrive il punto in cui tutto il male comincia.
Me lo hanno detto con rabbia, sventolando documenti, alcuni giovani molto ostili, poche sere fa in una festa dell’Unità dell’Umbria (mi ha difeso con generosità il resto della folla, anche quelli non convinti dalle tesi del mio libro in difesa di Israele). Ma il pregiudizio era là, intatto, al centro della cultura che nasce dalla Resistenza.
Ora lo dice un prete duramente accusato, forse ingiustamente e forse no, come naturale ragione di difesa. E la affermazione - netta, inequivocabile, non ritrattabile, perché non è una parolaccia ma un concetto complesso con lunghe radici nella storia - si colora dell’altro significato, quello cristiano, che non è quello dell’antifascismo deragliato.
Tanti storici - e fra essi molti autorevoli protestanti e cattolici - si sono occupati della lama di pregiudizio cristiano che ha attraversato e ispirato il paganesimo razzista, il dio della razza pura del nazismo-fascismo. Anche oggi dobbiamo renderci conto che il ritorno della messa in latino proposta da Papa Ratzinger, reintroduce - pur senza intenzione o forse senza attenzione - parole e preghiere di quell’antico pregiudizio cristiano. Ma ecco ciò che accade: il prete accusato, nel momento del panico (che è comprensibile e umano) cerca fra i suoi materiali di soccorso e trova subito il più efficace: la lobby ebraica. Spiega meglio di ogni altro argomento la persecuzione di un prete.
Proprio il momento del panico tradisce la verità, che purtroppo è un dato della cultura italiana ai nostri giorni. Non a destra più che a sinistra, ma appena sotto la cenere (i molti sommersi, i pochi salvati) della storia italiana.
Don Gelmini offre un frammento non nobile ma vero di memoria condivisa. Don Gelmini dice, a ottant’anni, di avere passato qualcosa (lui, non Primo Levi) ai ragazzi che con rabbia contestavano, solo poche sere fa, a una festa dell’Unità, il diritto di Israele ad esistere. Perché Israele non è che uno dei tanti mali della lobby ebraica.
Don Pierino chiederà scusa, anche se continuerà a tenersi quel tormento («forse mi hanno rovinato gli ebrei radical chic perché sono un prete»). I ragazzi della festa dell’Unità dell’Umbria sono stati allontanati dagli organizzatori e dal Sindaco, ma ancora in lontananza ripetevano le accuse al nemico sionista («giustamente condannato dal Presidente iraniano», dicevano) e all’infaticabile agente del sionismo, la lobby ebraica.
Oggi, fra Don Gelmini e quei ragazzi, posso dire di sentire un penoso effetto stereo. Politicamente le due voci sono lontane e opposte, ma questo è il vero pericolo. È lo scandalo della cultura fallita. I ragazzi che si credono militanti e i preti che si credono santi conoscono solo la storia del pregiudizio.
furiocolombo@unita.it
* l’Unità, Pubblicato il: 06.08.07, Modificato il: 06.08.07 alle ore 8.52
Preti pedofili
Caso don Gelmini, fra ipotesi e paradossi
di Korazim.org *
07/08/2007
Alcune riflessioni sulla vicenda che coinvolge il fondatore della Comunità Incontro: i fantasmi anticlericali, le dichiarazioni “religiosamente scorrette”, le guerre fra don, la battaglia di comunicati stampa, la necessità di indagini serie e rigorose.
Qualcuno ci ha voluto vedere una vera e propria “guerra fra don”. Certamente, fra denunce e indagini, dichiarazioni alla stampa e interrogatori di fronte ai magistrati, opinioni in libertà, accuse e controaccuse, nella vicenda che vede protagonista in questi giorni don Pierino Gelmini c’è molto di sgangherato, e forse qualcosa anche di marcio.
Anzitutto, sono apparse sospette ai più le modalità con le quali la notizia è stata resa nota, pochi giorni fa, dal quotidiano “La Stampa”: e in verità, più che il titolo in prima pagina, dovrebbe apparire strano che in questo paese, nel quale gli avvisi di garanzia sono spesso recapiti a mezzo stampa, un’indagine delicata ma potenzialmente capace di suscitare l’interesse dei mezzi di comunicazione di massa “filtri” a distanza di mesi e mesi dalla sua apertura. Il corto circuito fra giornali e giustizia (con gli informatori che hanno interesse a raccontare e i giornalisti che hanno interesse a pubblicare) non lo si scopre certo adesso, e tutta la vicenda infatti - indipendentemente dallo specifico dei fatti contestati - ha assunto un contorno poco limpido, più per opera dei diretti interessati (l’indagato, i testimoni, gli amici, i nemici, e via dicendo) che per diretta responsabilità dei cronisti.
Parlare di “lobby ebraica radical chic”, come ha fatto don Gelmini di fronte alle accuse di molestie sessuali rivoltegli contro, si è rivelato un boomerang. E al di là del “religiosamente corretto”, non è apparsa granché migliore neppure la sua seconda versione, quella che con le scuse alla comunità ebraica ha chiamato in causa la “lobby massonica radical chic”. Detta così - diciamolo con franchezza - è un po’ come accusare la società di essere ingiusta, il mondo di essere pericoloso e la politica e l’economia di essere guidate dai “poteri forti”. Parole al vento, alle quali si può pure credere, volendo, e che magari dipingono davvero la realtà, ma che appaiono inevitabilmente fondate sulla sabbia, più che sulla roccia. Da sagra del qualunquismo, insomma.
Ma ancor peggiore, occorre dirlo, è lo spettacolo offerto da chi non ha mancato di dare addosso alla magistratura e alla sua deriva anticlericale, anticattolica, anticristiana e pure antireligiosa. Come ben si sa, ogni indagato (e anche ogni imputato) ha il diritto di essere ritenuto innocente fino a quando non sia stato condannato con sentenza divenuta irrevocabile; allo stesso modo però si dovrebbe avere la bontà di ricordare che i magistrati fanno il proprio lavoro, che consiste, una volta raccolta una denuncia, nel valutarla e nel cercare riscontri, in ogni direzione, di modo da poter valutare la fondatezza o l’infondatezza delle accuse. E se cinque ragazzi raccontano alcuni fatti, e se successive (per quanto preliminari) indagini portano a confermare quelle accuse, o quanto meno a non escludere che possono essere vere, un magistrato ha il dovere civico e morale di andare avanti. Fino a che la verità non sia stabilita. Ora, è quanto meno paradossale che ogni qualvolta si indaga su qualche “pezzo celebre”, sia egli un parlamentare, un avvocato, un medico, un giornalista, un finanziere, un paparazzo (o presunto tale) o un prete, ci sia sempre qualcuno che grida allo scandalo, all’inimicizia personale, al complotto per screditar qualcuno, alla speculazione politica, al doppio o triplo gioco. Con dichiarazioni che saltellano dal garantismo assoluto al giustizialismo senza pietà a seconda della simpatia personale o - per lo più - dell’appartenenza politica dell’indagato. No, così non va. Però, chissà, il profilo basso adottato in questi giorni dalla procura di Terni (e ahinoi, quasi solo dalla procura di Terni) è un buon viatico per il futuro, e probabilmente anche l’indizio che i magistrati sono consapevoli della delicatezza del caso e vogliono essere irreprensibili nel loro lavoro.
Tutto ciò detto, don Pierino Gelmini ha tutte le possibilità di uscire indenne da questo caso. Lo speriamo di cuore. Che le accuse di molestie sessuali possano essere niente più che una invenzione motivata da rancori personali o vendette è una ipotesi che viene in mente perfino ad un detective in erba, e che dunque sarà certamente e attentamente valutata. Anche per questo è inutile e forse controproducente lanciarsi in proclami e in sgangherate contro-accuse, come pure mostrare ostilità per quanti - ascoltati come testimoni o come persone informate dei fatti (inclusi i preti) - semplicemente raccontano ai magistrati ciò di cui sono venuti a conoscenza tramite terzi. Fatti la cui veridicità e attinenza alla realtà toccherà poi a loro, ai magistrati, valutare, e ai quali però quei fatti e quei racconti devono - devono - essere riferiti.
Come che sia, l’intera vicenda non piace davvero. Se don Gelmini dovesse essere innocente, e tutto non fosse che una volgare calunnia, sarebbe comunque la conferma di quanto gli scandali che hanno coinvolto dei preti (pedofilia, ma non solo) abbiano inciso sull’immaginario dell’opinione pubblica, su quanto basti poco per mettere all’angolo un sacerdote e per infangare il suo nome con ignobili accuse. Se invece - e non vogliamo crederlo - don Gelmini fosse colpevole, ci troveremmo di fronte alla conferma della diffusione di un fenomeno che per troppo tempo, e più per incapacità e inettitudine che per complicità, si è negato a priori o sopportato con troppa leggerezza.
Chi ha qualcosa da dire, per il momento lasci perdere i microfoni e i comunicati stampa e si diriga dai magistrati. Se poi, bontà loro, gli illustri inquilini di Montecitorio e di Palazzo Madama volessero avere la decenza di tacere, avranno ringraziamenti copiosi. Gli stessi che andrebbero indirizzati a quei sacerdoti capaci, essi per primi, di sottrarsi alle insulse etichettature di essere i paladini della destra o gli eroi della sinistra. Indagini e casi giudiziari a parte, ne guadagnerebbero loro stessi per primi. E non solo loro.
* Il dialogo, Mercoledì, 08 agosto 2007
* Riprendiamo dal sito http://www.korazym.org/news1.asp?Id=24637 questo articolo della redazione di Korazim.org sul "caso don Gelmini"
Preti pedofili
Un unico messaggio per le vittime: uscite dal silenzio e denunciate.
di Associazione per la Mobilitazione Sociale Onlus
Dalle vittime che sono uscite dal silenzio arriva l’appello alle vittime che vivono in silenzio: liberatevi di questo peso.
“Non abbiate paura di uscire fuori!”.
È l’appello lanciato dall’Associazione per la Mobilitazione Sociale rivolto a tutte le vittime della pedofilia. “Dobbiamo uscire dal silenzio per sconfiggere il muro di omertà attorno agli abusi” a parlare è una ex vittima, Marco Marchese, oggi presidente dell’AMS ONLUS, di cui fanno parte anche altre vittime di abusi.
L’AMS interviene proprio a seguito dell’ennesimo caso scoppiato che ha coinvolto un sacerdote: non dobbiamo emettere sentenze di colpevolezza o di assoluzione, la società, tantomeno i politici, non deve schierarsi da una parte o dall’altra, soprattutto in una fase di accertamento giudiziario. Ma è importante che le vittime sappiano che possono uscire dal silenzio anche se il pedofilo veste la tonaca, il camice o altro!
“Abbiamo il dovere di sostenere le vittime - continua Marchese - e in questi giorni ho sentito troppe persone che si sono schierate da parte di presunti pedofili pronti a giurare sulla loro innocenza. Ignoriamo troppo spesso che l’abuso si consuma in silenzio, nel buio e senza testimoni!”
Marchese continua ricordando che in molti casi, le vittime trovano la forza di parlarne solo da adulti e che quasi mai hanno il coraggio di denunciare per paura di non essere creduti!
“Sono tante le persone che ci hanno raccontato la loro esperienza. Si tratta soprattutto di persone fragili che il pedofilo riesce facilmente a soggiogare. Oggi ci siamo attrezzati anche con legali e psicologi, lavorando in sinergie con altre associazioni, perché chi ha subito un abuso ha il diritto e il dovere di denunciare e di essere risarcito”. Dal 2005 ad oggi l’AMS ha raccolto i racconti di 38 persone che hanno vissuto sulla loro pelle il tradimento da parte di chi aveva la loro fiducia, di cui 12 hanno subito abusi da parte di sacerdoti o religiosi. Marchese conclude lanciando un appello agli organi di stampa e a chiunque si trovi a parlare di questi fatti: “Non trattate queste vicende come notizie di cronaca, ma soprattutto date un unico messaggio a tutte le vittime che vivono in silenzio e cioè che possono uscire dal silenzio perché non sono sole! In ogni caso possono scrivere a emailamica@mobilitazionesociale.it ”
L’Associazione invita chiunque abbia subito abusi a chiedere aiuto e soprattutto a denunciare perché abbiamo il dovere di fermare l’orco.
Maggiori info:
Associazione per la Mobilitazione Sociale Onlus
Via Malaspina 27, Palermo
http://www.mobilitazionesociale.it
info@mobilitazionesociale.it
* Il dialogo, Mercoledì, 08 agosto 2007
* La redazione de "il dialogo" si associa a questo appello e, come già sta facendo, mette a disposizione la sua email redazione@ildialogo.org per chi volesse denunciare gli abusi subiti ma non riesce ancora a trovare il coraggio per farlo. Scriveteci.