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Eu-ropa, Eu-angelo, ed UmaNITA’ .... contro l’omofobia e la cultura della morte!!!

SALVARE PEGAH. CARA "LONDRA" ... L’estradizione di Pegah Emambakhsh non sarebbe semplicemente un’ingiustizia, PER L’INGHILTERRA E L’EUROPA SAREBBE SOLO UN’IMMANE CECITA’ E UNA VERGOGNA PLANETARIA. Un articolo-appello di JOHN LLOYD, un’intervista a Pegah, e (a seguire) una proposta di SALVATORE CONTE - a cura di pfls

mercoledì 5 settembre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Pegah Emambakhsh ha trovato rifugio nel Regno Unito nel 2005, in seguito all’arresto, alla tortura e alla condanna a morte per lapidazione della sua partner sessuale (non è chiaro, ad ogni buon conto, se la sentenza è stata eseguita o lo sarà in futuro). La sua domanda di asilo però è stata respinta: secondo l’Asylum Seeker Support Initiative di Sheffield, dove Pegah si trova rinchiusa in un centro di detenzione, quando le è stato chiesto di fornire le prove della sua omosessualità e (...)

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> SALVARE PEGAH. CARA "LONDRA" ... UN’IMMANE CECITA’ E UNA VERGOGNA PLANETARIA. ... LUNEDI’ POMERIGGIO SIT-IN A ROMA

domenica 26 agosto 2007

Sereni: «I diritti dei gay vanno difesi sempre e ovunque»

di Umberto De Giovannangeli *

«L’Italia fa bene a ricercare il dialogo con l’Iran su grandi questioni che riguardano la stabilità e la pace, ma questa ricerca deve accompagnarsi all’affermazione dell’intangibilità dei diritti fondamentali delle persone, e tra questi diritti inalienabili c’è quello della scelta nella sfera della sessualità. Per questo la vicenda di Pegah Emambakhsh ha una valenza che va anche al di là di quello che resta oggi l’obiettivo fondamentale: salvare la vita ad una donna che rischia la lapidazione per la sua scelta sessuale. Per raggiungere questo obiettivo occorre esplorare tutte le strade possibili: occorre premere sulle autorità britanniche perché concedano alla donna iraniana l’asilo, ma se questa via si dovesse rivelare impercorribile, l’Italia deve esser pronta ad accogliere Pegah». Ad affermarlo è Marina Sereni, vicepresidente del gruppo parlamentare dell’Ulivo alla Camera.

Sono queste ore decisive per Pegah. Qual è il suo pensiero in proposito?

«Per fortuna la mobilitazione e l’informazione hanno portato a conoscenza dell’opinione pubblica il caso della donna lesbica iraniana, un caso che richiama la necessità di difendere i diritti umani di tutte le persone, in ogni condizione e in ogni contesto. Pegah rischia la pena capitale per il suo orientamento sessuale. Noi già nelle scorse settimane avevamo sollevato nuovamente la necessità di una forte pressione sul governo iraniano affinché cessassero le esecuzioni capitali, perché la campagna che l’Italia sta conducendo a livello internazionale assieme a molti altri Paesi per la moratoria universale sulla pena di morte deve avere anche risultati concreti, non può restare solo una testimonianza di principio. Sul rispetto dei diritti umani non vi può essere un "doppiopesismo": questi diritti vanno difesi sempre e ovunque, non possono essere subordinati a interessi economici o a simpatie ideologiche. Sulla difesa dei diritti umani non c’è realpolitik che tenga. E tra i diritti da salvaguardare vi sono quelli inerenti alla sfera degli orientamenti sessuali».

Questa affermazione come si traduce nel caso di Pegah?

«In questo caso specifico, noi condividiamo e sosteniamo la linea seguita dal governo, siamo convinti che sia necessario continuare a esercitare una doppia pressione -politica e diplomatica, anche sulle autorità britanniche, affinché possa essere accolta la richiesta di asilo per Pegah e possa essere evitato il rimpatrio in Iran. Vanno esplorate tutte le strade che possano evitare alla donna il rimpatrio in Iran, inclusa, se necessario, l’accoglienza di Pegah nel nostro Paese. Una decisione che se dovesse essere assunta dal governo, sono certa che otterrebbe il consenso pressoché unanime del Parlamento, a cominciare dal gruppo parlamentare più grande, quello dell’Ulivo».

Salvare la vita di Pegah: è questa oggi la priorità assoluta. Ma più in generale, quali indicazioni è possibile trarre da questa vicenda?

«Ci sono due profili di cui tener conto. Da un lato, occorre sottolineare con forza come gli orientamenti sessuali non possano essere il terreno della violazione dei diritti umani fondamentali, il che significa non sottovalutare che molte discriminazioni hanno come vittime le donne e gli omosessuali. Dall’altro lato, l’Iran è un Paese nei confronti del quale riteniamo che debba essere esercitata un’azione volta ad aprire un dialogo sulle questioni complesse che riguardano la regione - dalla vicenda irachena a quella afghana, dalla stabilità del Medio Oriente alla questione del nucleare. Mettere all’angolo Teheran non giova alla pace. Al tempo stesso, però, non dobbiamo chiudere gli occhi di fronte alle gravi violazioni dei diritti umani che avvengono in quel Paese. Ed è per questo che crediamo giusta la linea seguita dall’Italia: quella di accompagnare quest’apertura e disponibilità al dialogo con una intransigenza sul terreno dei principi e del rispetto dei diritti umani. Dialogo sì, ma senza censure».

Non ritiene che sino ad oggi la difesa degli orientamenti sessuali sia rimasta troppo ai margini dell’iniziativa per la tutela dei diritti umani, come se ne fosse un aspetto secondario?

«Sì, è così, e oggi invece risulta sempre più evidente che la qualità di una democrazia si misura dalla capacità di rispettare tutte le scelte etiche e gli orientamenti sessuali, e che anche in casa nostra, se vogliamo combattere la violenza, non possiamo trascurare quelle specifiche e odiose forme di violenza a sfondo sessuale o animate da odio omofobico».

* l’Unità, Pubblicato il: 26.08.07, Modificato il: 26.08.07 alle ore 8.31


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