La lettera al Corriere
Mi dimetto da intellettuale di sinistra
L’intervento di Alberto Asor Rosa sul caso lavavetri
Caro Direttore,
trovo indecente l’ordinanza del Comune di Firenze sui lavavetri di strada, non perché rappresenta un’offesa alla morale rivol u z i o n a r i a , ma perché è una cialtronata. Sarebbe come se, in presenza di una g r a v i s s i m a e m e r g e n z a igienica, le autorità preposte andassero in giro ad ammazzare l e mosche con i giornali arrotolati. Mi spiego.
Le condizioni delle città italiane sono mediamente fra le peggiori d’Europa. Roma è la città più sporca dell’emisfero occidentale (se si esclude Napoli). Il centro storico di Firenze ha preso l’aspetto e le abitudini di un suk arabo (oddio, che lapsus!). Bologna non riesce a risollevarsi dalla grigia, spenta aura guazzalocchiana. Milano, un tempo capitale morale e culturale d’Italia, sembra un sobborgo di Rogoredo. Napoli, appunto, è sommersa dall’immondizia. Ovunque, ogni giorno, ci si deve confrontare con degrado e speculazione del territorio e dell’ambiente, di cui spesso le amministrazioni locali sono complici. Questo sì che sarebbe un tema interessante per una grande inchiesta: il confronto, su valori ben accertati (pulizia, servizi, trasporti, traffico, sanità, ecc.), tra le più importanti città italiane e, poniamo, Parigi, Londra, Berlino, Zurigo, Bruxelles e Madrid. Vediamo sul serio a che punto le cose sono. Perché allora cominciare a prendersela proprio con i lavavetri di strada? Per due motivi, credo. Innanzitutto, perché quando io vado a caccia di mosche a casa mia con il giornale arrotolato (retaggio, me ne rendo conto, di abitudini antiche, sorpassate dalle alte tecnologie contemporanee), meno tali fendenti che il mio cane spaventato corre in un’altra stanza: lui crede che sia scoppiata la Terza Guerra Mondiale.
Nello stesso modo si comportano i sindaci di casa nostra (come me; non come il mio cane). Menano fendenti sulle mosche: così il pubblico si distrae e non pensa ad altro. In secondo luogo, perché l’ordinanza costituisce un piccolo ma significativo passo avanti nella realizzazione di quella ormai onnipresente costituzione materiale, che sta alla base del PUCD = Partito Unico del Conformismo Dominante. Per forza che la maggioranza, la grande maggioranza, sta con l’ordinanza del Comune di Firenze: mettete insieme la quasi totalità dell’elettorato di centrodestra con la maggioranza di quello di centrosinistra, e avrete questa spaventosa miscela di conformismi, questo incontro di volontà armate, che, invece di confrontarsi e scontrarsi, come sarebbe giusto, beatamente si incontrano e si sommano sui principi fondamentali, il più importante dei quali dice: per favore, preferirei non essere disturbato. Resta solo da chiarire quale sarà il prossimo soggetto disturbante (ma non c’è che l’imbarazzo della scelta: il Pucd, perciò, ha possibilità infinite davanti a sé). Naturalmente - voglio dirlo proprio solo alla fine, perché tanto so che i miei interlocutori sono del tutto insensibili a questo tipo di argomento -, a me fa impressione anche che, nella catena infinita dei problemi, i nostri amministratori comincino esattamente dagli ultimi (ultimi in tutti i sensi: in ordine di importanza; e dal punto di vista della miserabilità della condizione umana dei soggetti interessati). Ma questo è un riflesso condizionato d’ordine morale: cosa d’altri tempi, e non mette neanche conto parlarne.
P.S. So benissimo che Pierluigi Battista è abituato alle distinzioni e alla complessità dei problemi; perciò mi stupisco che da qualche tempo a questa parte usi categorie troppo generali, la cui correttezza mi pare ormai poco fondata. «Intellettuali di sinistra»? Mi pare che la categoria non esista più: almeno da quando si è totalmente svuotata o perlomeno fortemente indebolita e confusa quella di «politici di sinistra». Comunque io ne sono uscito volontariamente da almeno un decennio, da quando ho scoperto che stare nello stesso contenitore con altri intellettuali che si definivano in qualche modo di sinistra, non era più commendevole. Quindi, faccio da me. Del resto, come è noto, chi fa da sé fa per tre. O almeno lo spero.
* Corriere della Sera, 01 settembre 2007