Cattolici e B, cambia il vento
di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 11.12.2012)
Con allarme e orrore la Chiesa registra l’irrompere di Berlusconi sulla scena politica. Con insolita durezza il cardinale Bagnasco commenta: “Non si possono mandare in malora tutti i sacrifici fatti dai cittadini”. É qualcosa di radicalmente nuovo per il Cavaliere. Nelle sue battaglie non potrà più invocare le zie suore per accattivarsi la comunità cattolica. Per la prima volta gli viene a mancare l’appoggio della gerarchia ecclesiastica, che tanto gli ha giovato in passato.
Nei venti anni trascorsi Vaticano e Cei puntellavano sempre i suoi arbitrii, permettendogli di scardinare le regole istituzionali. L’intervento di Bagnasco, per i suoi toni espliciti, segna in questo senso una discontinuità netta rispetto al “ruinismo” (sebbene il cardinal Ruini oggi non plaudirebbe al ritorno berlusconiano). Ogni parola dell’intervista del presidente della Cei al Corriere della Sera - pur non nominandolo mai - segna un attacco preciso all’ex premier. “Lascia sbigottiti l’irresponsabilità di quanti pensano a sistemarsi mentre la casa sta ancora bruciando”. Monti ha contribuito “in modo rigoroso e competente” alla credibilità del’Italia. Ha messo al riparo il Paese da “capitolazioni umilianti... evitando di scivolare verso l’irreparabile”.
La mossa del presidente dell’episcopato è stata preceduta da un fuoco di sbarramento dei media cattolici nei confronti di Berlusconi. TV2000, la televisione dei vescovi guidata dall’ex direttore di Avvenire Dino Boffo (massacrato dalla campagna del Giornale berlusconiano con l’uso di falsi documenti) ha messo subito il dito sulla piaga: “Un epilogo miope per non dire meschino”. Un’avventura, quella di Berlusconi, segnata dal “sospetto che si tratti di un’azione volta a garantirsi nel prossimo Parlamento un manipolo di sostenitori ad personam per proteggere interessi più o meno personali”.
L’Avvenire ha ricordato per bocca del direttore Marco Tarquinio il “fallimento” del governo Berlusconi nel 2011 e ha dato ampio spazio ai dissidenti del Pdl. Da Giuliano Cazzola, che predice la sconfitta del “pifferaio magico”, all’eurodeputato ciellino Mario Mauro, che denuncia le “derive populiste” e antieuropeiste dell’ultimo Berlusconi, indicando l’obiettivo di unire i cittadini italiani che si riconoscono nel programma del Partito popolare europeo.
Ma è soprattutto dalla rete di aderenti a Comunione e liberazione, che sembrano preannunciarsi novità. Già Formigoni è in profondo disaccordo con la candidatura del leader leghista Maroni a governatore della Lombardia. Candidatura espressamente sponsorizzata da Berlusconi. Ma uno degli ideologi più attivi del movimento ciellino, il direttore della rivista Tempi Luigi Amicone, va molto più in là. Lunedì mattina ha predicato su RadioTre la necessità di un “conflitto aperto” con Berlusconi, con l’obiettivo di “spaccare il Pdl”. Il ritorno del Cavaliere, ha scandito, “è grottesco”. Con Bersani, probabile vincitore delle elezioni, bisognerà “collaborare” per affrontare le sfide che attendono il Paese.
É evidente che la “decisione dirompente e senza vero motivo” (così testualmente l’Avvenire), con cui Berlusconi è tornato in campo, è avvertita con enorme irritazione dalle gerarchie ecclesiastiche, perché ha strappato la tela che i gruppi cattolici di centro stavano tessendo per riportare Monti, totalmente gradito alla Chiesa e a Benedetto XVI, alla presidenza del Consiglio in primavera. Lavoro paziente che implicava il coinvolgimento di Alfano e di un Pdl de-berlusconizzato. Ora tutto è in frantumi e non è detto che Monti voglia giocare il suo prestigio in una lista tendenzialmente minoritaria.
Ma la Chiesa e il Centro cattolico sembrano nutrire la speranza di provocare uno smottamento nell’area parlamentare del Pdl, sperando di mostrare che re Berlusca (almeno parzialmente) è “nudo”. Si spiega così la titolazione aggressiva del quotidiano di vescovi, solitamente molto prudente, che domenica sparava in pagina: “Nel Pdl cresce la fronda anti-Berlusconi”. La speranza è che la decina di parlamentari azzurri - che nei giorni scorsi ha appoggiato con il voto il governo, dissociandosi dal voltafaccia del Cavaliere - possa ulteriormente crescere, coinvolgendo figure note del catto-berlusconismo: Sacconi, Quagliarello, la Roccella. Rocco Buttiglione, presidente dell’Udc, propone un rassemblement: “Sediamoci a una tavolo e discutiamo. C’è da fare una lista in cui convergano partiti, associazioni, gruppi e movimenti. Per salvare l’Italia”. L’obiettivo di creare una specie di Ppe italiano è il traguardo che l’istituzione ecclesiastica e i post-democristiani hanno cominciato a sognare dal momento in cui Berlusconi ha rassegnato le dimissioni un anno fa. Appare e scompare come una fata morgana.
In questa situazione, diventata improvvisamente più liquida e caotica, ci sono per i centristi cattolici due nodi da sciogliere. Il primo è quello programmatico: se le encicliche sociali di Benedetto XVI e papa Wojtyla sono molto più avanti dell’evanescente agenda finora messa in campo dall’Udc e da Montezemolo, i conti non tornano. Bagnasco stesso batte sul tasto della “drammatica questione del lavoro”.
Il secondo punto da risolvere riguarda il premierato. Nei paesi a democrazia europea è pacifico che premier diventi il leader della forza vincente. L’Italia non può sempre pensare di inventare la bicicletta a tre ruote. É ora che Chiesa e centristi così innamorati di Monti accettino questa regola elementare. Quanto prima, sarà meglio per il Paese.