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MYANMAR, EX BIRMANIA. YANGON. I MILITARI ATTACCANO. MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE A FIANCO DEI MONACI BUDDISTI IN TESTA AL MOVIMENTO DI DEMOCRATIZZAZIONE E DELLA VOLONTA’ DI PACE E DI DIALOGO DI AUNG SAN SUU KYI. Si prepara condanna ONU - a cura di pfls

sabato 6 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
MYANMAR: ATTIVISTI PER DEMOCRAZIA AL TIMES, COMBATTEREMO FINO ALLA MORTE
Londra, 6 ott. - (Adnkronos) - "Combatteremo fino alla nostra o alla loro morte". E’ questo il grido, disperato e determinato, lanciato da due attivisti birmani per la democrazia, che hanno contattato il Times di Londra dal loro nascondiglio nello stato meridionale birmano di Mon. "Abbiamo bisogno di un grande aiuto da parte della comunita’ internazionale, ma non ci arrenderemo" - affermano Myint Htoo Aung e la signora (...)

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> MYANMAR, EX BIRMANIA. YANGON. MONACI E MONACHE BUDDISTE IN TESTA AL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE E IL SALUTO DI PACE E DI LIBERTA’ DI AUNG SAN SUU KYI - -- 300 mila in piazza contro il regime e la giunta militare minaccia la repressione.

martedì 25 settembre 2007


-  I religiosi sfidano il divieto e anche oggi sfilano a Yangon e in altre 25 città
-  Alle marce pacifiche contro la dittatura si uniscono migliaia di cittadini

-  Myanmar, 300mila in piazza contro il regime
-  e la giunta militare minaccia la repressione
*

YANGON - I monaci birmani sono tornati in piazza a Yangon, l’ex capitale del Myanmar, per l’ennesimo corteo che nel giro di poche ore è diventato la più imponente manifestazione contro la giunta militare degli ultimi 20 anni. Quasi 300 mila le persone scese in strada in quella che un tempo si chiamava Birmania, la metà delle quali monaci buddisti, gli altri in gran parte studenti. Nel centro di Yangon si sono riversate decine di migliaia di persone, superando le 100 mila unità (il doppio secondo l’agenzia di stampa on line Mizzima News, creata da dissidenti in esilio), altre 120 mila a Mandalay, seconda città più importante del Paese, e 100 mila a Pakokku, nella regione centrale. E manifestazioni si sono svolte in altre 23 città.

Di fronte alla vertiginose proporzioni assunte dalla protesta, il regime ha minacciato di reagire prendendo "provvedimenti". Reagendo per la prima volta alle dimostrazioni, i media hanno riferito che il ministro degli affari religiosi, il generale Thura Myint Maung, ha incontrato oggi la gerarchia clericale buddista e ha avvertito che "se i monaci non rispetteranno le regole e i regolamenti di obbedienza agli insegnamenti buddisti" verranno adottati "alcuni provvedimenti in base alla legge in vigore".

In testa ai cortei, come già nei giorni scorsi, i monaci buddisti, che hanno sfidato il divieto a tornare in piazza arrivato dalla gerarchia ecclasiastica controllata dal regime e si sono rifiutati di rientrare tutti nei monasteri.

I religiosi (ai quali ieri si sono aggiunte anche le monache) hanno iniziato la pacifica marcia contro la giunta militare che da 45 anni governa col pugno di ferro Myanmar, coinvolgendo la popolazione che ha sfilato numerosa. All’inizio erano circa cinquecento buddisti, poi sono diventati migliaia, e si sono riversati nelle strade della vecchia capitale insieme a numerosi sostenitori che si sono uniti a questa protesta pacifica contro la giunta militare.

I religiosi hanno chiesto alla popolazione di pregare, di non commettere violenze e di non scandire slogan politici. In breve tempo erano almeno diecimila le persone che dalla Pagoda d’Oro di Shwedagon, il principale tempio del Paese asiatico, si sono dirette verso il centro della città, sfilando davanti alla sede quasi in rovina della Lnd, la Lega nazionale per la democrazia, la maggiore forza di opposizione guidata da Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace 1991, agli arresti domiciliari dal 2003.

Esponenti della Lnd hanno dapprima assistito in silenzio alla dimostrazione, limitandosi ad applaudire e a inchinarsi in segno di rispetto mentre i monaci passavano davanti al loro quartier generale, intonando preghiere e canti per la pace; poi però si sono uniti ai religiosi e alla popolazione, mettendosi in cammino. Il numero dei manifestanti non ha fatto che crescere, arrivando fino a oltre trentamila. Ma sempre più persone si sono unite alla marcia, e dopo qualche ora erano diventati oltre centomila i manifestanti.

Le proteste quotidiane delle ultime settimane sono state innescate dall’improvviso aumento dei prezzi dei carburanti, insostenibile per gli abitanti di uno dei Paesi più poveri al mondo. Quella di oggi è stata la manifestazione più imponente non solo di questo periodo ma anche degli ultimi vent’anni.

La marcia ben presto ha preso la direzione dell’ex cittadella universitaria, situata in periferia sulle rive di un lago, non lontano da dove sorge la casa-prigione di Suu Kyi. L’antico campus fu teatro nel ’98 di una rivolta studentesca, prima di oggi la maggiore insurrezione mai registrata nella storia nazionale, stroncata nel sangue dalla giunta con l’intervento delle unità speciali delle forze di sicurezza.

Di recente, per contro, il regime ha scelto un profilo relativamente basso, anche se agenti in assetto anti-sommossa hanno finora impedito ai manifestanti di raggiungere la residenza della leader dell’opposizione; solo sabato, in via eccezionale, a circa duemila tra monaci e comuni cittadini era stato permesso di avvicinarsi per pregare davanti alla villa: Suu Kyi a sorpresa era uscita sulla porta per salutarli e incoraggiarli.

In giornata il generale Than Shwe ha convocato una seduta di emergenza dei vertici militari che si terrà a Napydaw, il villaggio 400 chilometri a nord di Yangon trasformato nella nuova capitale del Myanmar.

* la Repubblica, 24 settembre 2007.


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