La giunta blocca i centri chiave della rivolta. Migliaia per le strade, nuove cariche e colpi di arma
Truppe in marcia verso Rangoon, non è chiaro se per sostenere i militari o per fermarli
Voci di defezioni fra i generali
Bandito l’accesso ai monasteri
RANGOON - Sembra mostrare le prime crepe il fronte dei militari che stanno stroncando con pugno di ferro le manifestazioni pacifiche contro il regime di monaci e civili in Birmania. Voci riportate dal sito di informazione Mizzima News riferiscono di uno scontro in atto fra i generali della giunta birmana e di possibili defezioni. Aerei militari si sono levati in volo dalla base di Matehtilar. Sono stati riferiti disordini nelle divisioni 33 e 99 di fanteria leggera dell’esercito, ma non ci sono ulteriori informazioni.
Sempre secondo il sito dei dissidenti in esilio, truppe dal centro del paese hanno iniziato a marciare verso Rangoon dal comando centrale che ha sede a Taung Oo e dal comando sudorientale. Non è chiaro se le truppe si stiano muovendo per sostenere quelle a Rangoon o invece per osteggiarle, dopo la repressione violenta della protesta. E già ieri alcune fonti sul posto avevano riferito di militari che si erano rifiutati di sparare sulla folla.
Anche oggi, malgrado la massiccia presenza di truppe per le strade di Rangoon, la gente si è ancora riunita a manifestare. Sono diverse migliaia, soprattutto studenti, che si sono radunati intorno alla pagoda di Sule sfidando le forze di sicurezza che hanno bloccato l’accesso a cinque monasteri chiave della città, fra cui appunto Sule e Shwegadon, luoghi simbolo della rivolta.
Camion con altoparlanti sfilano invitando i civili a non proteggere chi sfugge all’arresto e il centro della città è blindato. Le forze di sicurezza hanno nuovamente caricato i manifestanti, in maggioranza civili. E ancora una volta i soldati hanno sparato, secondo quanto riporta Cnn.
Il bilancio degli scontri di ieri è di nove morti, fra cui un fotoreporter giapponese, ma secondo fonti diplomatiche il numero delle vittime è molto più alto, nell’ordine di diverse decine di persone.
L’accesso ad internet a Rangoon è stato bloccato ed è disponibile solo a tratti in altre parti del paese. Proprio attraverso la rete sono arrivate immagini, video e testimonianze sui blog e ai siti di informazione stranieri per mostrare cosa sta realmente accadendo in Birmania. Foto e racconti che oggi sono molto più radi.
* la Repubblica, 28 settembre 2007.