Ibrahim Gambari ha trascorso la notte a Naypyidaw, capitale di Myanmar dal 2005
Oggi a Rangoon non ci sono manifestazioni di protesta, le strade sono vuote
Birmania, l’inviato dell’Onu ha incontrato Aung San Suu Kyi
Secondo Mizzima, l’agenzia che dà voce all’opposizione birmana, la giunta ha organizzato
"contromanifestazioni" a proprio favore, "per impressionare" il diplomatico delle Nazioni Unite *
RANGOON - L’inviato delle Nazioni Unite, Ibrahim Gambari, ha incontrato la leader dell’opposizione birmana Aung San Suu Kyi a Rangoon. Lo hanno reso noto fonti della sicurezza. Inizialmente l’autorizzazione era stata negata dal capo della giunta di Myanmar, il generale Than Shwe, anche a causa delle pesanti misure di sicurezza a Rangoon.
L’incontro, che è avvenuto in una residenza del governo, messa a disposizione di Gambari, è durato un’ora e 15 minuti. Già nel maggio del 2006 l’inviato delle Nazioni Unite aveva avuto la possibilità di un colloquio con la donna simbolo della lotta contro il regime dei militari, ma le conseguenze erano state dure: una settimana dopo la giunta aveva risposto prorogando gli arresti.
Appena arrivato in Birmania, Gambari si era recato a Naypyidaw, circa 350 chilometri a Nord di Rangoon, la cittadella blindata in mezzo alla giungla, che nel 2005 la giunta del generale Than Shwe ha trasformato nella nuova capitale. Secondo fonti diplomatiche ha incontrato proprio il generale, per chiedergli di permettere d’incontrare Aung San Suu Kyi. Tuttavia stamane è arrivata una smentita della giunta.
In genere i generali ignorano la pressione internazionale, ma questa volta evidentemente hanno deciso di essere più flessibili considerato che le dure repressioni avvenute nella settimana che sta per concludersi hanno suscitato anche le proteste della vicina Cina e la condanna dell’Associatione delle Nazioni del Sud Est Asiatico, delle quali lo stato di Myanmar è membro.
Oggi nelle strade c’è poca gente, nonostante non ci sia alcun segnale da parte dei generali di una qualsivoglia concessione nei confronti dei manifestanti. Il governo ha ammesso che la repressione ha provocato la morte di dieci persone, ma secondo gli osservatori internazionali in realtà le vittime sono molte di più, circa 35.
Intanto, secondo quanti riportato da Mizzima, l’agenzia che dà voce all’opposizione birmana, le autorità hanno cercato di organizzare contro-manifestazioni di sostegno al regime per "impressionare Gambari". "Le autorità cittadine hanno dato disposizione di formare gruppi di manifestanti di almeno 20 persone secondo quest’ordine: almeno 30 persone nei villaggi con più di 50 nuclei familiari e 25 nei villaggi con meno di 50 famiglie" si legge sul sito web di Mizzima, "tutti dovranno raggiungere la città di Loikaw per dimostrare il proprio sostegno alla convention nazionale della giunta che si è appena conclusa".
Per fiaccare la protesta, il regime ha anche cercato di convincere i monaci più giovani e i novizi a lasciare i monasteri - quasi tutti chiusi - e a tornare dalle proprie famiglie e ha messo loro a disposizione trasporti gratuiti. Per questo - afferma Mizzima - ma anche per l’attesa che circonda la visita di Gambari, le proteste sono scemate rispetto ai giorni scorsi.
* la Repubblica, 30 settembre 2007.