La giunta militare al potere "tirerà dritto" come stabilito
giura di resistere a oltranza e nega che ci siano prigionieri politici
Birmania, il regime non si piega
"Non c’è alcuna ragione di cambiare"
Nuove sanzioni Ue contro i generali. Il Giappone revoca gli aiuti *
RANGOON - La giunta al potere in Birmania ha rilanciato la sfida alla comunità mondiale, giurando di resistere a oltranza e insistendo di voler "tirare dritto" e "rimanere in marcia" come stabilito. Il regime militare ha ribadito che non ha alcun motivo di "cambiare direzione", nonostante le azioni della comunità internazionale per far cessare la repressione nel Paese asiatico. "Noi andremo avanti. Non ci sono ragioni per cambiare direzione" ha scritto il quotidiano New Light of Myanmar organo della giunta precisando: "Elimineremo tutti gli impedimenti e gli ostacoli che si frapporranno davanti a noi".
"Non ci sono prigionieri politici". Attraverso i mass media ufficiali la giunta al potere ha quindi negato che in Birmania vi siano prigionieri politici, malgrado le comprovate notizie delle migliaia di arresti effettuati nelle ultime settimane, in concomitanza con la feroce repressione delle proteste di piazza per la democrazia, e a dispetto delle ben nota detenzione domiciliare cui è costretta dal 2003 la leader dell’opposizione, Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace 1991.
Inoltre, commentando la dichiarazione adottata l’11 ottobre al consiglio di Sicurezza dell’Onu, che deplorava la repressione di fine settembre, il giornale ha rilevato: "Questa dichiarazione non è una fonte di inquietudine per noi" poiché la situazione in Birmania "non costituisce in nulla una minaccia alla pace e alla sicurezza regionale e internazionale"; non "c’è quindi alcuna ragione" perché l’Onu avvii una qualsiasi azione contro di noi.
Nuove sanzioni Ue. Ieri l’Unione Europea aveva imposto nuove sanzioni contro i generali birmani, varando l’embargo sulle esportazioni di legname, pietre preziose e metalli dal Paese asiatico, e minacciando ulteriori misure punitive; il presidente americano George W. Bush a sua volta si era appellato per una "enorme pressione internazionale", onde rafforzare l’ostracismo.
Giappone revoca aiuti. Intanto oggi il Giappone ha revocato una serie di aiuti allo sviluppo in Birmania come protesta per le sanguinose repressioni della protesta popolare nelle quali, tre settimane fa, è rimasto ucciso anche un videocronista nipponico. Si tratta di 552 milioni di yen (circa 3,3 milioni di euro) destinati in prevalenza alla costruzione di un centro di formazione professionale. Proseguirà invece l’assistenza in altri settori puramente umanitari come i programmi di vaccinazione dei bambini tramite l’Unicef, il fondo dell’Onu per l’infanzia.
Nell’annunciare la revoca, il ministro degli Esteri Masahiko Komura ha nuovamente espresso la "forte preoccupazione" di Tokyo circa la democratizzazione e la situazione dei diritti umani in Birmania. Il Giappone, ha detto Komura, continuerà a intensificare gli sforzi per convincere il governo birmano ad ascoltare il messaggio della comunità internazionale e ad avanzare verso una vera democratizzazione.
* la Repubblica, 16 ottobre 2007.