Panikkar, una visione orientale del cattolicesimo
di Filippo Gentiloni (il manifesto, 13 giugno 2010)
La discussione teologica cattolica è vivace. Ben al di là dei confini dei «palazzi». Non è facile renderne conto. Fra le voci più brillanti e originali bisogna annoverare certamente quella di Ramon Panikkar, forse il più noto e interessante. Di origine catalana, sacerdote cattolico, di tradizione insieme cattolica e indiana. Dopo avere insegnato teologia in Europa e in America ora, in vecchiaia, vive in una specie di eremo sulle montagne della Catalogna. La Jaka Book sta pubblicando in una serie di 16 volumi tutte le sue opere tradotte in italiano.
Alla loro base l’incontro fecondo tra le religioni asiatiche e il cristianesimo, quindi la condanna di ogni forma di esclusivismo e la concezione della verità come ricca, elastica, sempre nuova, sempre in crescita. «Non ci possiamo avvicinare alle altre religioni né intraprendere un dialogo religioso fecondo se non tralasciamo di assolutizzare le nostre categorie acquistando questa nuova innocenza che ci permette di entrare non in un nuovo paradiso, ma nei giardini di altre culture senza fare loro del male o utilizzarle per nostro vantaggio».
Nel panorama cristiano, Panikkar valorizza ed esalta soprattutto lo Spirito Santo e il Dio inteso direttamente e soprattutto come Trinità. Larghissimo lo spazio alla mistica: «Solo il mistico può sopravvivere nella società attuale, senza diventare terrorista violento o cinico menefreghista. Solo il mistico può conservare l’integrità del suo essere perché è in comunione con tutta la realtà». Vivissima in Panikkar la coscienza della unità di tutta la realtà. Una teologia, quella di Panikkar, non facile per le nostre abitudini occidentali, alla quale però è probabile che guarderemo con interesse crescente.