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Per la Costituzione, e il dialogo - quello vero ....

ITALIA. PRIMARIE PD. AL DI LA’ DEL GIOCO DEGLI SPECCHI: IN DEMOCRAZIA SI CAMMINA CON I PROPRI PIEDI E SI PENSA CON LA PROPRIA TESTA. FIDUCIA NEL NUOVO PARTITO. AL VOTO OLTRE 3,5 MILIONI DI CITTADINI E DI CITTADINE. Prodi: "Una festa più bella del previsto". Veltroni (al 75,7%): "Pieno sostegno a Prodi" - a cura di pfls

mercoledì 17 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Il risultato, dunque, va al di là delle più rosee previsioni e anche delle proiezioni Demos-Ipsos che avevano indicato una cifra di elettori tra i 3 milioni e 300 mila e i 3 milioni e 400 mila. Proiezioni che, comunque, data la relativia volatilità dei dati di queste elezioni e del campione, si sono rivelate più che afidabili [...]
LA TABELLA DEI RISULTATI DEFINITIVI
I RISULTATI REGIONE PER REGIONE
VOTO ESTERO (la Repubblica)
 (...)

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> ITALIA. PRIMARIE PD. IN DEMOCRAZIA SI CAMMINA CON I PROPRI PIEDI E SI PENSA CON LA PROPRIA TESTA. FIDUCIA NEL NUOVO PARTITO. Al VOTO 3,4 MILIONI DI CITTADINI E DI CITTADINE. ... Il surplus imprevisto (di Ida Dominijani).

mercoledì 17 ottobre 2007

Il surplus imprevisto

di Ida Dominijanni (il manifesto, 16.10.2007)

Il surplus di voti e di votanti che accompagna e legittima la nascita del Partito democratico e l’investitura di Walter Veltroni rende l’impresa del nuovo partito e del suo segretario forse più facile, ma certo più impegnativa. Proprio in quanto eccede ogni previsione, quel surplus li carica infatti di domande impreviste, ma li obbliga altresì a spingersi oltre gli accomodamenti previsti. A Veltroni infatti non manca il fiuto politico di interpretare subito questo successo non semplicemente come un conforto, ma come una spinta ineludibile al cambiamento.

E’ evidente infatti che nel voto alle primarie di domenica - ulteriore e decisiva tappa di compimento della «transizione infinita» italiana - si è riversato quasi in modo ultimativo quel desiderio di politica «nuova» che dal ’92 , anzi dall’’89 in poi ha animato la transizione e ne è stato contemporaneamente frustrato. E che anche stavolta sfida la frustrazione, incoraggiando la nascita di un partito i cui fondatori hanno fin qui predicato nuovo e razzolato vecchio, quanto a programmi, idee, conflitti interni, nomenclature. Non si poteva fare di meglio? Può darsi; ma adesso ogni alibi cade. Il partito democratico, «sogno di una vita» di Veltroni (e Prodi), è diventato realtà, e ha scelto al suo vertice la personalità che con più tenacia e coerenza ha perseguito questo progetto. Se c’è un «nuovo» oltre le ideologie, i partiti, i compromessi socialdemocratici novecenteschi, adesso ci sono tutte le condizioni perché mostri la sua consistenza. Se non la mostrerà, vorrà dire che non c’è.

Ma quel surplus imprevisto domanda anche di essere analizzato con criteri meno prevedibili di quanto stia accadendo in queste ore. La quantità infatti sembra fare aggio su qualsiasi interrogativo sul significato di questa massiccia corsa al seggio, e la parola «partecipazione» rimbalza da un commento all’altro coprendo una segnaletica più ambivalente. Certo, il nuovo partito registra un clamoroso successo. Certo, il partito editorial-imprenditoriale che da via Solferino soffia sul vento dell’antipolitica registra una clamorosa smentita. Alcune domande impertinenti bussano tuttavia sotto l’evidenza dei numeri. E’ lecito, ad esempio, dubitare di una «partecipazione» che si esaurisce nella mobilitazione elettorale di un giorno, e che malgrado l’enfasi sui poteri di scelta del cittadino è chiamata a esprimersi su scelte e priorità tutte decise dall’alto, e tutte filtrate dalle grandi agenzie di costruzione dell’opinione pubblica? E’lecito rammentare che la partecipazione prevede un’azione più continuativa, un’esposizione al rischio personale e collettivo più alta, una costruzione anche dal basso dell’agenda delle questioni e dell’ordine del discorso?

Non sono domande depressive, e neppure «snob», come teme Pietro Folena. L’Italia è un paese strano, che ha nella passione politica una sua peculiare e vitale forma di espressione. Che questa passione non sia ancora spenta malgrado le troppe prove a cui è stata sottoposta, e che si esprima dove può e come può, dalle piazze alle file per le primarie, è un bene da custodire e alimentare. Da troppo tempo tuttavia questa passione si esaurisce in picchi di presenza sporadici, che lasciano inalterato il corso principale delle cose. Più che una festa democratica, sono i riti di quella che taluni chiamano post-democrazia. Per il Pd, in questo momento, è una grande risorsa. Per tutti, nel Pd e anche a sinistra del Pd, è anche un grosso problema.


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