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Politica, Filosofia, Teologia, e Antropologia ( "A passo d’uomo" - ma non ancora dell’uomo e della donna).

SIMMACO, PREFETTO DI ROMA, E AMBROGIO, VESCOVO DI MILANO. IL "LOGOS" E LA "CHARITAS" NON SI CAPISCONO E SI SCAMBIANO LE PARTI, IERI COME OGGI. Sulla "vecchia" polemica, un incontro di Salvatore Natoli e Rino Fisichella nel Duomo di Milano - a cura di Federico La Sala

mercoledì 24 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] il cristianesimo si può considerare come una delle grandi forme di secolarizzazione. È davvero la religione del Logos [...]. Ora a fronte degli dei ridotti a favola, Simmaco deve cedere e tuttavia la forza della sua argomentazione risiede in questa sua semplice affermazione: «Non si può raggiungere un mistero così grande - dio, il divino - attraverso una sola via (uno itinere)». Qui Simmaco ha un colpo d’ala formidabile: il pagano intuisce per via politica - la libertà dei culti - (...)

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> SIMMACO, PREFETTO DI ROMA, E AMBROGIO, VESCOVO DI MILANO. IL "LOGOS" E LA "CHARITAS" NON SI CAPISCONO E SI SCAMBIANO LE PARTI, IERI COME OGGI. ---- Salvatore Natoli:Natoli: «La Chiesa faccia risuonare Cristo nella società» (a cura di Lorenzo Fazzini - Intervista).

giovedì 21 gennaio 2010

intervista a Salvatore Natoli

Natoli: «La Chiesa faccia risuonare Cristo nella società»

a cura di Lorenzo Fazzini (Avvenire, 21 gennaio 2010)

Più predicazione spirituale della Chiesa, meno strumentalizzazione (bipartisan) della fede dalla politica. Puntando maggiormente sulla dimensione spirituale (non spiritualistica) del messaggio evangelico. Solo così secondo il filosofo Salvatore Natoli, docente di filosofia teoretica all’università Bicocca di Milano, il confronto tra credenti e non credenti può riprendere quota.

Come può ripartire il dialogo tra laici e cattolici?

«Il cristianesimo è resurrezione, ma soprattutto liberazione dalla morte. E la prassi del darsi reciproco è centrale nella comunità cristiana. In questo aspetto anche i non credenti vedono che la rivelazione possiede qualcosa che fa bene agli uomini. Penso, in particolare, al tema del ’prendersi cura’: tale dimensione fa crescere la fiducia tra le persone e abbassa le tensioni. In questo mondo fatto di scontri, questo territorio è praticabile sia da chi ha fede sia da chi non crede. Per dirla con Spinoza, "homo homini Deus": l’uomo può diventare salvezza per l’altro».

Su quali argomenti vede praticabile tale confronto?

«Vi è un percorso su cui è più facile trovare una reciproca permeabilità, e un altro dove essa è più difficile. Il primo è appunto il prendersi cura: la modernità ha distrutto le comunità naturali dove la cura tra le persone era il semplice stare insieme: penso alla famiglia. E cosa meglio del cristianesimo è indice di questo prendersi a cuore degli esclusi? Anche la tradizione politica di ispirazione cattolica (cito Sturzo) faceva riferimento a questo ideale. Lo stesso cardinale Tettamanzi si è mosso in questa direzione ’universalistica’, per cui tra cristianesimo e diritti umani non vi è contraddizione ».

E l’itinerario più difficile?

«È quello dei diritti della libertà, un frutto maturo della modernità. Già il cristianesimo fa appello alla libertà come proposta mentre la democrazia ne è garanzia. Ma sui temi estremi della vita e della morte ora la Chiesa presenta il diritto naturale come valore assoluto, mentre per una lettura ’laica’ ciò rimane un nodo controverso. Lo sviluppo tecnologico ha cambiato profondamente il quadro d’insieme: quando si nasce e si muore? Quanto c’è di naturale nell’’artificiale’? L’autodeterminazione non è più naturale dell’artificiale? Certo, la Chiesa può esprimere le sue posizioni, ma non può imporle alla politica».

Lei cita il caso della solidarietà e la bioetica come elementi di ’dialogo facile’ e di quello ’difficile’ tra Chiesa e non credenti. Ma, rovesciando la prospettiva, non vi è un altrettanto rischio di strumentalizzazione?

«Certo. E ci vuole davvero lucidità ed equilibrio. La Chiesa ha il diritto di convertire, ma non di travalicare il campo. Poi vi è anche chi, secondo una prospettiva ’sociale’, usa la comunità ecclesiale a proprio vantaggio sui temi dei migranti. Ora, tanto più la Chiesa è spirituale, tanto meno è strumentalizzabile. Spirituale non vuol dire spiritualistica, ma partire dalla predicazione, ovvero dal fatto che il referente diretto della Chiesa non deve essere l’agone politico quanto la società intera».

Cattolici più attivi e meno militanti, dunque?

« Sì. Esemplifico: la risposta della Chiesa alla chiusura verso la mobilità delle persone consiste nel fatto che lei è abituata all’accoglienza. I cattolici non dicono che bisogna accogliere gli immigrati: li accolgono già. E quando parla dell’aborto, la Chiesa deve soprattutto cercare di convincere la gente a generare figli. A mio giudizio, compito della Chiesa è la pastoralità: produrre convinzione, entrare nelle coscienze piuttosto che in politica. Penso alla capacità di attrazione di una persona come il cardinale Martini, che suscitava una domanda di spiritualità. Bisogna riuscire a far sorgere la domanda: la figura di Gesù Cristo può pesare nella vita degli uomini? I cattolici devono far risuonare nella società il quesito di Cristo: Voi, chi dite che io sia?».


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