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Politica, Filosofia, Teologia, e Antropologia ( "A passo d’uomo" - ma non ancora dell’uomo e della donna).

SIMMACO, PREFETTO DI ROMA, E AMBROGIO, VESCOVO DI MILANO. IL "LOGOS" E LA "CHARITAS" NON SI CAPISCONO E SI SCAMBIANO LE PARTI, IERI COME OGGI. Sulla "vecchia" polemica, un incontro di Salvatore Natoli e Rino Fisichella nel Duomo di Milano - a cura di Federico La Sala

mercoledì 24 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] il cristianesimo si può considerare come una delle grandi forme di secolarizzazione. È davvero la religione del Logos [...]. Ora a fronte degli dei ridotti a favola, Simmaco deve cedere e tuttavia la forza della sua argomentazione risiede in questa sua semplice affermazione: «Non si può raggiungere un mistero così grande - dio, il divino - attraverso una sola via (uno itinere)». Qui Simmaco ha un colpo d’ala formidabile: il pagano intuisce per via politica - la libertà dei culti - (...)

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> SIMMACO, PREFETTO DI ROMA, E AMBROGIO, VESCOVO DI MILANO. --- UN VESCOVO ELETTO COME AMBROGIO? (di Riccardo Chiaberge).

lunedì 15 febbraio 2010

Un vescovo eletto come Ambrogio?

di Riccardo Chiaberge (Il Sole-24 Ore, 14 febbraio 2010)

Qualche cronista a corto di metafore ha subito parlato di «primarie diocesane». Altri hanno dato la colpa al serial tv su Agostino, con il vescovo Ambrogio dipinto come un girotondino dell’Impero d’occidente. Comunque sia, quello che sta succedendo a Torino intorno alla successione del cardinale Poletto ha pochi precedenti nella storia recente della chiesa.

Un gruppo di cattolici, riuniti sotto la sigla «Chicco di Senape», ha scritto una lettera alle gerarchie vaticane chiedendo che la designazione del nuovo vescovo «sia preparata da una preghiera comune e da un’ampia consultazione dei parroci, degli altri preti e dei laici nelle parrocchie, nelle associazioni e negli istituti religiosi». È il sogno di un ritorno alle origini, quando le prime comunità cristiane eleggevano liberamente i loro pastori, e insieme una velata protesta contro i metodi autocratici dei vertici romani. Tutto il popolo di Dio dovrebbe essere consultato: le donne, che ai piani alti della Curia salgono soltanto per farei mestieri, ma anche separati e divorziati, conviventi, omosessuali e altri «fedeli che sbagliano». Certo, non siamo ai tempi di Ambrogio e Agostino. Nelle diocesi del terzo millennio rischierebbero di prevalere criteri meno nobili, con le signore che votano in massa per padre Georg o qualche altro prete bello, egli immigrati peruviani o filippini che fanno campagna ciascuno per il proprio candidato. In compenso, il fiuto di tanti papà e mamme aiuterebbe a tenere lontane dai palazzi episcopali certe tonache troppo espansive coi ragazzini.

Giovedì, parlando a Breslavia, il segretario di stato Tarcisio Bertone ha ammonito che la Chiesa non può essere una democrazia, un’istituzione «puramente umana», in cui «l’opinione sostituisce la fede».

Purtroppo, ultimamente, con le istituzioni umane la Chiesa sembra avere in comune più i vizi intrighi, lotte intestine e congiure di palazzo - che le virtù democratiche della trasparenza e del libero dibattito. E il papa è il primo a riconoscerlo. Per cambiare le cose, forse basta davvero un Chicco di Senape: senza indire referendum, si dia ascolto a tutti i credenti, non solo a quelli che sgomitano e fatturano più degli altri.


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