Inviare un messaggio

In risposta a:
Eu-ropa. Eu-angelo: In principio era - la vita, non la morte!!!

2 NOVEMBRE. "CELESTE E’ QUESTA CORRISPONDENZA D’AMOROSI SENSI". LA LEZIONE DI FOSCOLO. I VIVI RICORDANO I VIVI (E ANCHE I MORTI) - a cura di pfls

"I diritti degli dèi Mani siano sacri" (XII Tavole).
giovedì 2 novembre 2017 di Maria Paola Falchinelli
[...]
A egregie cose il forte animo accendono
l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta. Io quando il monumento
vidi ove posa il corpo di quel grande
che temprando lo scettro a’ regnatori
gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime grondi e di che sangue;
e l’arca di colui che nuovo Olimpo
alzò in Roma a’ Celesti; e di chi vide
sotto l’etereo padiglion rotarsi
piú mondi, e il Sole irradïarli immoto,
onde all’Anglo che tanta ala (...)

In risposta a:

> 2 NOVEMBRE. "CELESTE E’ QUESTA CORRISPONDENZA D’AMOROSI SENSI". ---- Dialogo sulla vita con chi non c’è più (di Emanuele Trevi)

sabato 2 novembre 2013

Dialogo sulla vita con chi non c’è più

di Emanuele Trevi (Corriere della Sera, 2 novembre 2013)

Non solo c’è il giorno dei Morti che tra tutte le feste, a mio parere, è quella capace di esprimere un grado altissimo di gentilezza d’animo e spirito poetico, ma ogni tanto il calendario, come fosse un padrone di casa desideroso di strafare, ci regala anche il weekend dei Morti, e allora si sentono pronunciare delle frasi che assumono involontariamente un tono arcaico, da antica leggenda: cosa fai il weekend dei Morti, sarà bel tempo il weekend dei Morti...

Nessuno di noi può saperlo con certezza, ma sarebbe una vera consolazione filosofica pensare che dall’altra parte, lo stesso giorno, i morti festeggino il giorno dei Vivi, che a volte si può trasformare (ammesso che anche laggiù esistano le settimane) nel weekend dei Vivi. E così come noi facciamo una passeggiata al cimitero, loro potrebbero scegliere una breve visita in un centro commerciale, in un cinema multisala, in un giardino pubblico.

Naturalmente, nel caso nostro come nel loro, l’invisibile dovrebbe essere l’ingrediente fondamentale della ricorrenza. Sicuramente è così per noi, costretti a pensare alla morte come a sipario di stoffa scura e pesante, che non lascia nessuna possibilità di dare almeno una sbirciatina. Tu puoi credere che ci sia qualcosa, oltre quel sipario, oppure essere convinto che non ci sia nulla, o ancora oscillare nell’incertezza: la verità è che di fronte a questo argomento tutte le distinzioni tra gli uomini crollano, perché non possiamo fidarci di nessuno, e viviamo nella consapevolezza che quando toccherà a noi niente sarà come lo avevamo immaginato.

Dunque questa festa dei Morti e le visite nei cimiteri e tutte le altre forme di celebrazione che si possono immaginare assumono anche un profondo significato filosofico e civile, e quasi vorrei dire politico, perché ricordando chi non c’è più noi veniamo a patti con la presenza dell’invisibile e di conseguenza con la nostra ignoranza. E non c’è nulla di più prezioso tra tutte le cose che possa pensare e sentire l’umanità della consapevolezza dell’essere sostanzialmente all’oscuro di tutto.

Quando noi crediamo di aver superato o in qualche modo aggirato l’ignoranza, fatalmente diamo il peggio di noi. L’individuo che dimentica di non sapere nulla diventa una caricatura di se stesso; quanto alle collettività, il ripudio dell’ignoranza conduce irresistibilmente sul piano inclinato dell’aggressività e del fascismo. Ed ecco i morti, evocati dalla loro festa e a volte dal loro weekend, che arrivano a rimetterci un poco in sesto lo spirito, ricordandoci che noi viviamo nel mondo come un acaro vive nella moquette: non avendo idea, in poche parole, di che diavolo si tratti.

Quanto ai morti, come accennavo, non riesco a immaginare un’esistenza ultraterrena se non in condizioni di ignoranza invertite ma identiche. Credo insomma che non vedano la vita come noi non vediamo la morte.

La più bella invenzione, a questo proposito, spetta a Giacomo Leopardi, che in una delle Operette morali racconta che in certi rarissimi momenti, separati l’uno dall’altro da migliaia di anni, in occasione di certi allineamenti di astri, i morti tornano nel mondo per una notte.

Leopardi immagina che, appena svegli, cantino in coro una specie di inno alla vita. E proprio all’inizio di questo bellissimo inno, la vita viene definita «stupenda», che però, nell’uso dell’italiano che fa Leopardi, non significa affatto qualcosa come «bellissima», bensì incomprensibile, capace di destare un infinito stupore.

«Arcana e stupenda», definiscono i morti di Leopardi la nostra vita, e ci conviene fidarci di loro, che hanno tutto il tempo di pensarci su. È esattamente quello che noi potremmo dire della morte, come se invece del contrario della vita essa ne fosse lo specchio più fedele, e viceversa.

E poi, devo confessare che trovo davvero consolante l’idea che gli enigmi non si sciolgano nemmeno dall’altro lato del sipario. Dal ramo nodoso dell’ignoranza pende questo frutto meraviglioso che è lo stupore. Se Adamo ed Eva avessero mangiato quello, invece che la dannata mela, tutto il mondo sarebbe diventato l’Eden e nessuno avrebbe cacciato nessuno da nessuna parte.

Ed è anche vero che lo stupore non ci restituisce nulla di chi abbiamo perso, non sa lenire la nostalgia e il rimpianto, e semmai li rende più acuti. Ma almeno ci mette, noi e loro, sullo stesso piano, e fa della nostra vita una specie di palestra, di preparazione: dall’ignoranza transitoria all’ignoranza eterna.


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: