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Dio è amore ("charitas") e il cristianesimo non è un cattolicismo!!!

IL "PADRE NOSTRO" NON E’ QUELLO DI PAPA BENEDETTO XVI. IL "DIO" DEI NOSTRI PADRI E DELLE NOSTRE MADRI NON CI INDUCE IN TENTAZIONE!!! Un errore teologico ed esegetico nel libro di Papa Ratzinger. Una nota di Renato Pierri - a cura di pfls

venerdì 9 novembre 2007 di Maria Paola Falchinelli
Ancora un errore nel libro del Papa
Caro direttore,
potrebbe mai Dio ricorrere ad un mezzo cattivo per raggiungere un fine buono? Impossibile, giacché andrebbe contro la sua natura. Non sarebbe Dio, non sarebbe Amore. Ed ecco l’astuzia di Satana: far credere che il Signore possa imprimere piaghe nelle mani dei santi (stimmate), oppurre mandar loro ogni sorta di malanni.
Far credere che Dio si metta, almeno per quanto riguarda il mezzo, sullo stesso piano dei suoi crocifissori. Davvero (...)

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> IL "PADRE NOSTRO" ---- Tutti sanno, o credono di sapere, che cosa significhi "rimettere un debito" (di di Adriano Prosperi - Debiti, giustizia, colpa: le vere parole di Gesù .

venerdì 25 novembre 2011

Debiti, giustizia, colpa le vere parole di Gesù

di Adriano Prosperi (la Repubblica, 25 novembre 2011)

Chiedersi che cosa fosse Gesù di Nazareth non per noi ma per i suoi contemporanei: questo è ciò che distingue il libro di Mauro Pesce - Da Gesù al cristianesimo (Morcelliana) - dalla immensa foresta di libri su Gesù che cresce ogni giorno. E la via che l’autorevole storico del Cristianesimo dell’Università di Bologna ci propone è quella di una ricerca filologica e storica sui significati delle parole di Gesù in quei due primi secoli dell’era volgare in cui furono la fede di una setta ebraica: il che non può che risvegliare la curiosità di coloro che hanno incontrato quelle stesse parole trasformate in istituzioni e pratiche sociali nelle epoche successive delle società cristiane.

Vediamone almeno un esempio. Tutti sanno, o credono di sapere, che cosa significhi "rimettere un debito". Specialmente di questi tempi, in cui alle tante forme storiche, morali e materiali, giuridiche e religiose del debito si è aggiunta quella che va sotto il nome di "debito sovrano". Ma se oggi sono gli economisti a tenere il campo, non si può certo dimenticare che per millenni il loro posto è stato occupato da teologi, moralisti, predicatori, tutti impegnati a interpretare e tradurre nella vita quotidiana la frase del "Padre nostro" dove a Dio Padre si chiede di "rimettere a noi i nostri debiti, come anche noi abbiamo rimesso ai nostri debitori"(Matteo, 6,12). Da quella frase doveva dipartirsi il lunghissimo percorso che ha istituzionalizzato nelle società cristiane la divisione tra peccato morale e colpa giuridica e ha lungamente elaborato i significati del rito della confessione.

Ma che cosa voleva dire esattamente Gesù di Nazareth? Per rispondere, osserva Pesce, bisogna partire dal dato di fatto che Gesù era un ebreo e non un "cristiano" e dunque comunicava coi suoi ascoltatori nel contesto della lingua e della tradizione ebraica. Se vogliamo intendere il significato letterale delle sue parole bisogna dunque mettere tra parentesi tutto ciò che ne è nato da quando sono state tradotte dall’aramaico nel greco dei Vangeli e poi in tutte le lingue del mondo. Si pensi anche solo ai sacramenti del battesimo e della confessione, al loro potere di "rimettere" i peccati. Tutto questo non c’era ancora nell’orizzonte ebraico di Gesù. Qui il bisogno di cancellare o riparare le colpe aveva ricevuto la forma del giubileo.

Come lo descrive il capitolo 25 del Levitico, giubileo significava riconciliazione e ricomposizione dell’intera società, liberazione dai debiti, ritorno di ognuno nella propria famiglia e nei propri beni, sospensione delle preoccupazioni ordinarie - nutrirsi, vestirsi e così via. Lo si doveva annunciare nel "giorno dell’espiazione" perché la rigenerazione richiedeva un rito di perdono delle colpe involontarie e di risarcimento del male fatto. Come nota Pesce, il nesso tra espiazione e remissione è documentato nei manoscritti del Mar Morto: il che ci introduce nell’orizzonte mentale del giudaismo dei tempi di Gesù, quando col profeta Isaia conversione umana e perdono divino si erano da tempo legati all’idea di una restaurata giustizia e di una prospettiva di speranza escatologica.

La remissione generale del "Pater noster" si comprende dunque come passaggio di purificazione ed espiazione legato all’annunzio dell’imminente avvento del Regno di Dio: un Dio padre del suo popolo, simile a quei sovrani dell’Oriente antico che all’inizio del loro regno concedevano ai sudditi l’amnistia e sospendevano la legge ordinaria per restaurare una superiore giustizia.


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