Il reclamo del sostituto procuratore di Catanzaro è stato rigettato dalla Cassazione
"Solo il capo della Procura ha la facoltà di ricorrere alla Suprema corte"
Why not, respinto ricorso De Magistris
Vizio di forma: "L’avocazione era legittima"
Il magistrato: "Me l’aspettavo ma io non demordo e vado avanti" *
ROMA - La procura generale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto dal pm Luigi De Magistris contro il provvedimento del 19 ottobre scorso con il quale il pg di Catanzaro ha avocato a sé l’inchiesta Why not.
Lo rende noto il pg della Suprema Corte Gianfranco Ciani, spiegando che "la procura generale della Cassazione ha ritenuto che legittimato al reclamo contro il provvedimento di avocazione sia soltanto il capo dell’ufficio, cioè il procuratore della Repubblica, non anche gli altri magistrati ad esso appartenenenti".
"Me l’aspettavo", commenta De Magistris. "Era l’unico appunto che potevano spendere, anche se io non lo condivido affatto e c’è letteratura sufficiente per dimostrarlo, ma così è andata. Io però non demordo; vado avanti anche se la scelta della Cassazione mi amareggia e delude".
L’avocazione era stata disposta dal procuratore generale facente funzioni Dolcino Favi, sostenendo che, dopo la richiesta avanzata dal ministro della Giustizia di trasferire De Magistris, il pm era incompatibile con l’inchiesta in cui proprio Clemente Mastella risultata tra gli iscritti nel registro degli indagati.
De Magistris avrebbe potuto rimettere il fascicolo nelle mani di un collega oppure il procuratore capo avrebbe potuto provvedere d’ufficio alla sostituzione del pm, ma nessuno dei due magistrati ritenne incompatibile la posizione del sostituto con l’inchiesta Why not e il procuratore generale avocò l’indagine scatenando la dura reazione di De Magistris: "Ci avviamo al crollo dello stato di diritto. Siamo alla magistratura degli Anni Trenta, siamo tornati a un ordinamento giudiziariogerarchizzato proprio dell’epoca fascista".
Ora la tranche dell’inchiesta che riguarda l’ipotesi di reato contestata al Guardasigilli - finanziamento illecito ai partiti, abuso d’ufficio e concorso in truffa - pende davanti al Tribunale dei ministri. Sarà quell’ufficio a valutare se i reati ipotizzati sono stati commessi da Mastella quando già era ministro oppure prima. Quanto al presidente del Consiglio Romano Prodi(i reati ipotizzati nei suoi confronti sarebbero stati commessi quando ricopriva la carica di presidente della Commissione dell’Unione Europea) e agli altri indagati, l’inchiesta rimarrà a Catanzaro e sarà coordinata dalla Procura generale.
* la Repubblica, 9 novembre 2007 - ripresa parziale