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Genere UmaNO: Donne e Uomini..... "Due Soli"(Dante)!!!

LA VIOLENZA DEL TAPPO DELLO SPUMANTE. GLI UOMINI CONTRO LE DONNE: UN FEMMINICIDIO. 24 novembre, manifestazione nazionale a Roma per spezzare la connivenza e il silenzio su questa violenza e su questa guerra - a cura di pfls

sabato 24 novembre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] La manifestazione di sabato a Roma vuole spezzare proprio questo silenzio. "Una occasione per prendere parola nello spazio pubblico", come dice Monica Pepe del comitato "controviolenzadonne" che vorrebbe un corteo di sole donne. E Lea Melandri: "Manifestiamo per dire che la violenza non è un problema di pubblica sicurezza, né un crimine di altre culture da reprimere con rimpatri forzati, e che per vincerla va fatta un’azione a largo raggio". Va fatta una legge, concordano tutti. (...)

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> LA VIOLENZA DEL TAPPO DELLO SPUMANTE. GLI UOMINI CONTRO LE DONNE: UN FEMMINICIDIO. .... Persistenze patriarcali? Magari: le persistenze prima o poi si esauriscono, la violenza sulle donne invece prospera, sotto qualunque cielo, qualunque dio e qualunque regime politico (di Ida Dominijanni).

domenica 25 novembre 2007

Il movente della libertà

di Ida Dominijanni (il manifesto, 24.11.2007)

C’è da sempre un modo e uno solo per salvare il corpo femminile dalla violenza maschile che lo riduce a cosa e lo assale di preferenza nel chiuso delle case, nell’intimità dell’amore e nell’ipocrisia della famiglia: uscire nell’aperto della strada e trasformarsi in corpo politico. Fu il gesto rivoluzionario del femminismo, ed è ancora l’unica barriera simbolica efficace, più efficace di qualunque legge e di qualunque proclama sulla sicurezza. Quel gesto si ripete oggi nelle strade di Roma, promosso da una generazione di giovani donne che la libertà guadagnata dalle generazioni precedenti non ha reso immune da stupri, botte, maltrattamenti, omicidi a movente sessuato: prima causa di morte e di invalidità permanente per le donne di tutto il mondo, così dicono i dati ufficiali.

Persistenze patriarcali? Magari: le persistenze prima o poi si esauriscono, la violenza sulle donne invece prospera, sotto qualunque cielo, qualunque dio e qualunque regime politico, dove i diritti sono scritti e dove non lo sono, nei piani bassi e nei piani alti dell’istruzione e della scala sociale. Non è l’oppressione, bensì la libertà femminile a muoverla: è questo il paradosso a cui cercare risposta.

Vendetta del sesso forte, deprivato del suo privilegio e messo in crisi nelle sue certezze? Troppo semplice, troppo frontale. Il conflitto fra i sessi segue vie più asimmetriche, e riguarda sempre poste in gioco epocali. Una di queste poste ha a che fare per l’appunto con il senso della libertà. Scambiare la libertà femminile per disponibilità (sessuale), o per assimilazione ai metri di misura dell’altro sesso, è ciò che forse rende cieco lo sguardo maschile di fronte al desiderio femminile, violenta la mano di fronte a un rifiuto. E ottusa la mente, sempre pronta a riconoscere la violenza degli uomini «altri» - islamici, rumeni...- rimuovendo la propria, o a cercare soluzione nella tolleranza zero o nei pacchetti sicurezza.

Non senza eccezioni tuttavia. Se qualcosa di nuovo è venuta a interrompere la sequenza liturgica di un 25 novembre uguale al precedente e al successivo, è proprio un inizio di parola pubblica maschile contro la violenza maschile, che rompe il muro dell’omertà e il velo dell’incomprensibilità. E’ una parola maschile che serve a sanzionare e a capire, e a trovare la strada di relazioni più libere fra donne e uomini, e dunque più umane. Per questo la manifestazione di oggi avrebbe dovuto accoglierla e incoraggiarla, non lasciarla ai margini, come il frutto buono della semina femminile. Per questo i troppi uomini ancora complici, o ancora silenti, dovrebbero seguirne l’esempio. Rotti i muri frontali, del resto, anche per le donne c’è di che interrogarsi. Le torturatrici di Abu Ghraib, o l’imitatrice parigina del massacro di Meredith, stanno lì a ricordarci che la violenza ci riguarda non solo come vittime, ma come un riflesso dell’altro che ha lasciato l’impronta.


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