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ITALIA. L’ITALIA DEL PRESIDENTE PERTINI, L’ARCHIVIO DI CRAXI E LA NASCITA DELL’AZIENDA "FORZA ITALIA". Un "resoconto" di Sebastiano Messina - a cura di pfls

domenica 9 dicembre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] "Caro Bettino - scrive il Cavaliere - grazie di cuore per quello che hai fatto. So che non è stato facile e che hai dovuto mettere sul tavolo la tua credibilità e la tua autorità. Spero di avere il modo di contraccambiarti. Ho creduto giusto non inserire un riferimento esplicito al tuo nome nei titoli-tv prima della ripresa per non esporti oltre misura. Troveremo insieme al più presto il modo di fare qualcosa di meglio. Ancora grazie, dal profondo del cuore. Con amicizia, tuo (...)

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> ITALIA. --- Craxi-Berlinguer il dialogo impossibile.In un saggio di Gennaro Acquaviva la stagione del «duello a sinistra» (di Marcello Sorgi)

martedì 3 gennaio 2012


-  Craxi-Berlinguer il dialogo impossibile
-  Il socialista voleva portare nel 1984 l’«avversario» a Milano per fargli capire la nuova Italia
-  Il comunista arrivò a definire il primo governo a guida Psi come un pericolo per la democrazia
-  In un saggio di Acquaviva la stagione del «duello a sinistra» uno scontro di linee politiche ma anche di caratteri

-  di Marcello Sorgi (La Stampa, 03.01.2012)

La storia degli anni più difficili del «duello a sinistra» - gli anni di Craxi e Berlinguer, il «decennio lungo», come fu definito da Gaetano Quagliariello, cominciato con la morte di Moro e la fine del «compromesso storico» e finito con la caduta della Prima Repubblica - rivive in un interessante volume a cura di Gennaro Acquaviva (che in quel periodo fu a fianco del leader socialista al partito e al governo) e Marco Gervasoni, Socialisti e comunisti negli anni di Craxi, edito da Marsilio.

È un serio tentativo di rileggere in modo non convenzionale l’epoca dei fischi con cui i due leader venivano accolti dalle opposte tifoserie, della rottura più profonda tra i due maggiori partiti della sinistra, della durissima opposizione portata dal Pci berlingueriano al primo governo a guida socialista, fino al tramonto dell’ultima prospettiva unitaria in Europa, travolta, anche questa, dalla tempesta di Tangentopoli che investe in pieno Craxi e il Psi. Un modo di superare, come spiega Acquaviva, «la banalità delle vulgate, come ad esempio quella che tuttora racconta di un dissidio caratteriale esasperato tra Craxi e Berlinguer; o l’altra che imputa l’incomunicabilità tra socialisti e comunisti alle debordanti ambizioni, più da parvenu che da protagonisti, che caratterizzarono allora gli atteggiamenti e i comportamenti del gruppo dirigente del Psi, con ciò muovendo e motivando la dura opposizione condotta, anche dopo il crollo del muro, dai giovani turchi allevati da Berlinguer».

Un lungo solco divideva i due partiti già molto prima dell’inizio del «duello» che ebbe il suo clou nel mezzo degli Anni Ottanta, con lo scontro durissimo sul taglio della scala mobile deciso dal governo Craxi il 14 febbraio 1984, la morte di Berlinguer nel maggio successivo, dopo l’annuncio del referendum che si sarebbe tenuto l’anno dopo e in cui il Pci orfano e ormai post-berlingueriano avrebbe trovato una sconfitta storica.

Ma anche se certo le radici della divisione datavano dal 1956, l’anno dell’invasione dell’Ungheria da parte dell’Urss, e opponevano già Togliatti e Nenni, qualcosa di personale, se non proprio di caratteriale, tra Craxi e Berlinguer c’era di sicuro. Lo dimostrano i molti e gustosi aneddoti, sparsi qui e là tra le pagine degli interventi di Luciano Cafagna, Piero Craveri, Luigi Covatta, Luciano Pellicani, Marc Lazar, per citare i principali, e nelle testimonianze di Emanuele Macaluso, Rino Formica, Claudio Signorile, Gianni Cervetti, Carlo Tognoli, Claudio Petruccioli.

Tra tanti, uno che riguarda il famoso incontro alle Frattocchie, l’antica scuola-quadri del Pci situata in una villa vicino Roma, tra le delegazioni dei due partiti poche settimane prima dell’arrivo di Craxi a Palazzo Chigi. Con ogni evidenza si trattava di cercare di salvare il salvabile, le amministrazioni di sinistra, la collaborazione internazionale, la convivenza nel maggior sindacato, la Cgil, dall’ondata di polemiche che, si capiva, avrebbe accompagnato la formazione del governo a guida socialista, che Berlinguer sarebbe arrivato a definire «pericoloso per la democrazia».

Come ricordano ancora oggi tutti i presenti all’incontro, tutto si svolse in un’atmosfera gelida. Il leader comunista, intervistato qualche giorno dopo, si rifiutò perfino di commentare il clima, definendolo burocraticamente «né particolarmente accentuato in un senso, né in un altro». Il segretario socialista, per dare un’idea della distanza con il suo interlocutore, riferì di aver trovato Berlinguer «fermo alla televisione in bianco e nero». A un certo punto Craxi, disperato per l’incomunicabilità invalicabile del confronto, si era alzato, aveva preso sottobraccio Alfredo Reichlin, uno dei più importanti componenti della delegazione comunista, e gli aveva chiesto: «Senti, secondo te, ci verrebbe a Milano? Perché gli devo fare vedere e capire certe cose di come sta cambiando l’Italia».

Naturalmente Reichlin non aveva l’autorità per convincere il suo segretario a farsi un giro milanese con il leader del Psi. Ma in conclusione, secondo Cafagna, autore con Giuliano Amato del primo saggio intitolato Duello a sinistra, «l’episodio è interessante per comprendere che tipo di rapporto culturale c’era tra Craxi e Berlinguer».


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