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PIANETA TERRA. Una buona iniziativa ....

CHIEDERE AL MONDO INTERO UNA MORATORIA CONTRO L’ABORTO CLANDESTINO E CONTRO IL CELIBATO ECCLESIASTICO. I BAMBINI MAI NATI SOLIDARIZZANO CON IL CARDINALE TRUJILLO E PLAUDONO ALLA CAMPAGNA INTERNAZIONALE BENEDETTA DA PAPA RATZINGER - a cura di pfls

Obiettivo finale: «Arrivare ad una moratoria sull’aborto come quella sulla pena di morte votata dall’Onu».
giovedì 24 gennaio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] ...Atlanta: l’arcivescovo ha un figlio
La famiglia dell’arcivescovo Earl Paulk, alla fine, ha dovuto ammettere tutto pubblicamente, sconvolgendo così tutta la comunità di fedeli. Il 34enne D.E. Paulk, conosciuto da tutti come il nipote del ministro, in realtà è suo figlio. [...] L’ex nipote ora figlio, che ha scoperto la verità solo ora, ha dichiarato che tutta la vicenda "è stato un male necessario per riportare tutti noi nelle braccia del Signore" [...]
[...] Venti milioni di (...)

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> CHIEDERE AL MONDO INTERO UNA MORATORIA CONTRO L’ABORTO E CONTRO IL CELIBATO ECCLESIASTICO. I BAMBINI MAI NATI SOLIDARIZZANO CON IL CARDINALE TRUJILLO E PLAUDONO ALLA CAMPAGNA INTERNAZIONALE BENEDETTA DA PAPA RATZINGER - ... In questo campo abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare, tutto quello che dovevamo fare?» (L’Arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi)!!!

domenica 3 febbraio 2008

Il Papa ringrazia i medici romani per il manifesto anti-aborto

«Rianimare feti anche contro la madre» *

Non c’è un riferimento esplicito al manifesto dei neonatologi cattolici di Roma ma domenica all’Angelus papa Benedetto XVI rincara l’invettiva contro l’aborto. È del resto la 30° Giornata della Vita per la Chiesa Cattolica romana. E così, arriva l’appello a «tutelare e promuovere» la vita umana «sia prima della nascita che nella sua fase terminale». E diretto anche se annoverato in un richiamo generico arriva anche il ringraziamento a tutti quelli che « secondo le proprie possibilità, professionalità e competenze - ammonisce il Pontefice - si senta sempre spinto ad amare e servire la vita, dal suo inizio al suo naturale tramonto». E il documento reso pubblico alla vigilia della Giornata cattolica per la Vita più il richiamo antiabortista del Papa danno, come al solito, spazio a alcuni politici dell’Udc, da Cesa a Buttiglione, per applaudire e schierarsi nel codazzo.

Ma cosa avevano detto i neonatologi antiabortisti di alcune università come La Sapienza, Tor Vergata, La Cattolica e il Campus Biomedico? Avevano detto che nel caso in cui un feto nasca vivo dopo un’interruzione di gravidanza, il medico neonatologo deve intervenire per rianimarlo, «anche se la madre è contraria, perché prevale l’interesse del neonato». A sostenerlo in particolare è Domenico Arduini, direttore della clinica di ostetricia e ginecologia dell’università di Tor Vergata, uno dei firmatari del documento condiviso dalle università romane di medicina secondo cui va rianimato qualsiasi prematuro che mostri segni di vitalità.

«Un neonato vitale, in estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio ed assistito adeguatamente». È quanto viene affermato in un documento approvato ieri dai direttori delle cliniche ginecologiche delle facoltà di medicina delle università romane, Tor Vergata, La Sapienza, Cattolica e Campus Biomedico.

Il documento è stato discusso nel corso del convegno al Fatebenefratelli dedicato alla giornata della vita in relazione alla prematurità estrema. «Con il momento della nascita la legge - afferma il documento - attribuisce la pienezza del diritto alla vita e quindi all’assistenza sanitaria. L’attività rianimatoria esercitata alla nascita dà il tempo necessario per una migliore valutazione delle condizioni cliniche, della risposta alla terapia intensiva e delle possibilità di sopravvivenza, e permette di discutere il caso con il personale dell’unità ed i genitori». Tuttavia, sostengono i firmatari, «se ci si rendesse conto dell’inutilità degli sforzi terapeutici, bisogna evitare ad ogni costo che le cure intensive possano trasformarsi in accanimento terapeutico». Il documento si riallaccia alle problematiche emerse in questi ultimi mesi circa i limiti dell’aborto in relazione all’avanzamento delle tecniche rianimatorie e di sopravvivenza del feto. Alcune preoccupazioni erano state espresse dai vescovi italiani, mentre le società scientifiche dei neonatologi hanno prodotto diverse linee guida per adeguare gli interventi. «Nell’immediatezza della nascita - ha spiegato Cinzia Caporale, componente del Cnb - il medico deve agire in scienza e coscienza sulla opzione di rianimare, indipendentemente dai genitori, a meno che non si palesi un caso di accanimento terapeutico». Secondo Caporale il medico deve quindi rianimare sempre, decidendo caso per caso.

Nell’ipotesi in cui il feto sopravviva all’aborto «non ritengo necessario chiedere il consenso della madre. In questo caso infatti si esercita un’opzione di garanzia con cui si tutela un individuo fragile e vulnerabile, qual è il neonato, in un fase in cui non si hanno certezze cliniche». Una volta che però la rianimazione ha avuto inizio e la situazione clinica evolve in modo sfavorevole, «con mezzi di cura troppo onerosi rispetto ai risultati che si possono ottenere non c’è l’obbligo di cura, ma è anzi doveroso moralmente sospendere la terapia». Nicola Colacurci, dell’Università di Napoli, ricorda come il problema della rianimazione dei feti prematuri sia «stato ampiamente discusso, e non siamo mai riusciti a elaborare un documento condiviso. Anche perché la legislazione italiana è pazzesca, con due leggi, la 40 e la 194, in contraddizione tra loro. Servirebbe chiarezza». Di fatto si potrebbe creare il paradosso di una legge che con una mano consente alla madre di abortire entro un certo termine, e con l’altra obbliga il neonatologo a intervenire sul feto. Per questo, spiega Colacurci, «ci vorrebbe una legge che fissi il limite temporale oltre il quale intervenire sul feto. 18, 20, 22 settimane? È lo stato che deve dirci come intervenire, non si può ogni volta, come è successo spesso, correre il rischio di venire denunciati per omissione di soccorso».

Nella Giornata della Vita parla anche l’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi dice espressamente di non voler fare «un rimprovero, una denuncia, un’accusa alla società civile». Il suo è un invito e testimoniare ogni giorno che la vita è un dono sempre e comunque e che per ciò va difesa, sostenuta e aiutata seguendo l’esempio di Gesù che per la vita ha donato tutto se stesso. Bisogna cercare di fare «un’azione concertata» a cui collaborano singole persone, istituzioni e risorse, bisogna saper offrire gesti di ascolto, di accompagnamento di vicinanza, ma sempre «in termini delicati - sottolinea l’arcivescovo di Milano -, rispettosi e insieme credibili e forti affinchè situazioni problematiche o negative di una vita, in particolare nascente, minacciata di essere soppressa possano ricevere una risposta coerente al vero e al bene di ogni persona, soprattutto nelle situazioni più disperate». Il cardinale non ignora il «dibattito sui più diversi problemi della vita umana, sotto l’incalzare inarrestabile delle scoperte scientifiche e delle applicazioni tecnologiche e sotto il peso schiacciante delle questioni politico legislative, delle condizioni sociali precarie di vita di persone e famiglie, dei poteri forti e dei grandi interessi economici». Si tratta di elementi che rendono «più acuta, anzi fondamentale e decisiva - prosegue - la problematica etica della vita umana, soprattutto ai suoi inizi e prima della nascita come pure al suo epilogo». Ma l’arcivescovo non parla mai esplicitamente della legge 194. Pone una sola domanda ai cristiani: «In questo campo abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare, tutto quello che dovevamo fare?». «È un esame di coscienza - conclude - che si impone, non per una facile o falsa auto assoluzione, ma per un salto di qualità, un impegno rinnovato e deciso a fare di più e meglio».

* l’Unità, Pubblicato il: 03.02.08, Modificato il: 03.02.08 alle ore 14.35


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