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Pianeta Terra. "Pietà per il mondo, venga il nuovo sapere" (Michel Serres: Distacco, 1986)

ITALIA: GIORNO DELLA MEMORIA (LEGGE 211, 20 LUGLIO 2000). LAGER DI WIETZENDORF, 1944. Basilica di S. Ambrogio, Natale 2000: il Presepio degli Internati Militari Italiani. In memoria di Enzo Paci e a onore del Cardinale Martini. Una nota del prof. Federico La Sala

lunedì 8 settembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Uscire dai cerchi di filo spinato che delimitano dappertutto il nostro presente storico è la scommessa. Come fecero i militari italiani internati nel lager tedesco di Wietzendorf (cfr. il Presepio del lager - Natale 1944, ricostruito nella Basilica di sant’Ambrogio, a Milano, nel Natale 2000) e fece Enzo Paci, anch’egli in un[nello stesso, fls] lager tedesco nel 1944 (cfr. Nicodemo o della nascita, in Della Terra..., cit., pp. 120-125), oggi non possiamo che riaprire la mente e il (...)

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> LAGER DI WIETZENDORF, 1944. Basilica di S. Ambrogio, Natale 2000 ---- CARLO M. MARTINI, PAOLO VI ED ENZO PACI. L’attenzione ai non credenti (di Carlo Sini)

sabato 1 settembre 2012

L’attenzione ai non credenti

di Carlo Sini (l’Unità, 1 settembre 2012)

Ho incontrato per la prima volta il cardinale Martini in occasione della preparazione dei programmi per la Cattedra dei non credenti. Mi accolse nel suo studio in Arcivescovado, in ora serale. Nella penombra mi venne incontro con quel fare semplice e cordiale, mai affettato e mai impostato, che tutti coloro che lo conoscevano ricordavano e ammiravano in lui. Il tratto accogliente contrastava, senza che lui certo se ne avvedesse, con quella sua figura singolarmente alta e ieratica che non poteva non colpire chi per la prima volta lo incontrava e che comunque restava impressa poi nella memoria.

Parlammo del dialogo che, qualche giorno dopo, ci avrebbe visti insieme nell’aula magna della Università degli studi di Milano. L’argomento di quell’anno, per la Cattedra, era il tempo e io avevo proposto di concentrare il mio intervento su Agostino. Mi aspettavo qualche discreta domanda relativa alla impostazione che intendevo dare al discorso, ma con signorile distacco e discrezione Martini non vi fece il minimo cenno.

Si trattava semplicemente di un contatto preliminare per conoscerci un po’ e fu soprattutto lui a parlare di sé, del suo amore per gli studi teologici, purtroppo da tempo limitati dai suoi incarichi pastorali, della sua convinzione che la ricerca vive di libertà: l’iniziativa della Cattedra dei non credenti era pensata appunto in questo spirito di carità e di apertura.

Parlava con una modestia non affettata e con una serenità di tono che da un lato attraevano alla confidenza, dall’altro e nel contempo imponevano un istintivo riserbo. Da tempo avevo maturato una meditata stima per questo arcivescovo di Milano che coraggiosamente si adoperava e si esponeva in favore dei diritti del lavoro e della giustizia sociale e si batteva per l’accoglienza dei fratelli che venivano da lontano.

Per la mia relazione all’università mi preparai con molto impegno, naturalmente: anche i non credenti hanno, a loro modo, un’anima; ma Martini, prendendo dopo di me la parola, disse letteralmente: «Il professor Sini ci ha messo in parete!» Alludeva scherzosamente, con questa metafora da scalatori, ai passaggi forse troppo ardui della mia relazione. Per parte sua, abbassò considerevolmente il livello e il tono: parlava per i suoi credenti e per il buon popolo di Dio, senza nessuna pretesa di ben figurare. Anche in questo lo ammirai: a ognuno la sua parete e la sua parte, con reciproco rispetto e trasparente onestà.

Un seconda volta incontrai Martini in occasione della enciclica «filosofica» di papa Woityla: si trattava di un convegno organizzato dalla diocesi milanese per il quale ero invitato a portare una interpretazione «laica» del testo. Non feci mistero della mia posizione critica su certe tesi, ma Martini non mi ascoltò: dopo aver aperto i lavori e ringraziato i presenti, se ne andò, adducendo impegni improrogabili.

Aveva fatto il suo dovere, organizzando al meglio la manifestazione; ebbi però l’impressione che dell’enciclica non fosse entusiasta. Se ripenso alla conversazione privata all’Arcivescovado e ai suoi riferimenti al modo di intendere gli studi religiosi, l’insistenza dell’enciclica in favore di una filosofia universale che caratterizzerebbe l’intera umanità, consapevole o inconsapevole, non poteva trovarlo consenziente, o così mi parve e mi pare.

La grande e nobile figura di Martini mi ricorda ciò che disse Enzo Paci in occasione del discorso di Paolo V all’ONU: se un papa parla così, noi non possiamo che rallegrarcene. Lo spirito soffia dove vuole e non chiede a noi di decidere dove, come e per chi. La Cattedra per i non credenti ne è stato un segno indelebile.


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