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Pianeta Terra. Messaggio evangelico ed Ecumenismo: "DIO NON E’ CATTOLICO" (Carlo Maria Martini). E L’AMORE ( "CHARITAS") NON E’ MAMMONA (Benedetto XVI, Deus caritas est, 2006).

«Et nos credidimus Charitati...»!!! MAZZOLARI E GANDHI (E IL DIO "CARITAS" DI PAPA RAZTZINGER). Gandhi, al pari di un vero cristiano, ha creduto nella Carità. Una nota (1948) di don Primo Mazzolari - e, in allegato, un saggio di Franco Toscani - a cura di Federico La Sala

Pacificare i suoi: far pace con gli altri, inglesi, maomettani. Si è messo di mezzo per fare l’unità. E veniva da una «parte» anche lui! E non l’ha rinnegata.
sabato 2 febbraio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Lo Spirito è come il vento, e soffia dove vuole e fa sorgere ovunque profeti o testimoni di quella Verità, la quale pur essendo costruita come una «Città», non ha mura né verso Oriente né verso Occidente. La Grazia, per strade che solo l’Amore conosce, arriva dove neanche arriva il nostro sogno che come ogni cosa nostra conosce il limite e la misura: (mentre lo Spirito è l’infinito ed è Carità anche più caritativa, se ci scontenta quando le vogliamo porre un limite.
Volevo bene a (...)

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> MAZZOLARI E GANDHI (E IL DIO "CARITAS" DI PAPA RAZTZINGER) --- Avviata la beatificazione. Don Mazzolari: dal Sant’Uffizio agli altari? (di Anselmo Palini).

giovedì 21 maggio 2015

CHIESA

Avviata la beatificazione

Don Mazzolari: dal Sant’Uffizio agli altari?

di ANSELMO PALINI*

Qualcosa sta veramente cambiando nella Chiesa. Prima la beatificazione di Oscar Romero, a oltre 35 anni dal suo martirio e malgrado l’iter sembrasse bloccato poiché l’arcivescovo di San Salvador era ritenuto troppo politicizzato. Ora il nulla osta della Congregazione per le Cause di Santi per l’avvio della causa di beatificazione di don Primo Mazzolari. Il nulla osta è stato firmato dal cardinale prefetto Angelo Amato. La richiesta era stata avanzata dal vescovo di Cremona fin dal febbraio 2013, con l’approvazione unanime dell’episcopato lombardo.

Il postulatore della causa di beatificazione è don Bruno Bignami, presidente della “Fondazione Mazzolari” di Bozzolo (Mn) e autore di numerosi studi e pubblicazioni su don Primo: senza dubbio uno dei più autorevoli conoscitori del pensiero mazzolariano. Inizierà dunque ora la fase diocesana del processo di beatificazione, al termine della quale tutto verrà inviato a Roma per i successivi passaggi.

Don Mazzolari, per tutta la sua vita osteggiato dal Sant’Uffizio che considerò “erronei” molti suoi libri, e aspramente criticato dall’episcopato lombardo, ora viene formalmente “messo sotto esame” per una possibile beatificazione. Come dire che si riconosce la bontà dell’azione e del pensiero di don Primo, il suo essere profeta, non compreso allora dalla Chiesa.

Il primo provvedimento del Sant’Uffizio di censura degli scritti di don Mazzolari è del 1934, l’ultimo del 1960 quando Mazzolari era ormai morto. Una decina sono stati i provvedimenti del Sant’Uffizio presi nei confronti di Mazzolari: gli venivano contestati non aspetti della dottrina, bensì l’opportunità delle sue prese di posizione su tematiche di attualità o su aspetti di tipo pastorale.

Il parroco di Bozzolo ha obbedito alle ingiunzioni del Sant’Uffizio di non scrivere, poi di non dare interviste, poi di non predicare fuori diocesi, poi di restare nella propria parrocchia, ma ha obbedito in piedi, facendo presente che era contestato non su aspetti del dogma, ma su materie opinabili, dove la coscienza morale individuale doveva essere il criterio di giudizio. È stato obbediente ma libero. Pur se con grande sofferenza interiore.

La sua obbedienza comunque è stata soprattutto al Vangelo e a Cristo. Soltanto con l’avvento al soglio pontificio di Giovanni XXIII si ebbe il pieno riconoscimento della completa ortodossia e dell’appassionata fedeltà alla Chiesa di Mazzolari. Giovanni XXIII lo ricevette in Vaticano il 5 febbraio 1959 indicandolo come la «tromba dello Spirito santo in Val Padana », bloccando così un duro provvedimento dell’episcopato lombardo che stava per colpire don Primo.

L’attività di don Primo non si è potuta svolgere in modo lineare. Le censure e le condanne subite per i suoi scritti fanno supporre che don Mazzolari si sia in un certo senso trattenuto dall’esprimersi compiutamente, in quanto ben cosciente del fatto che tutto il suo lavoro sarebbe finito sotto la lente di ingrandimento del Sant’Uffizio e degli incaricati di dare l’imprimatur ecclesiastico ad ogni nuova pubblicazione. Possiamo in un certo qual modo ipotizzare che le pagine migliori di don Mazzolari siano rimaste inedite.

A Bozzolo, sulla tomba di don Primo, posta ora nella chiesa di san Pietro, è scritto solamente «Primo Mazzolari, sacerdote». Don Mazzolari è stato questo innanzitutto, e la sua vita sacerdotale si è svolta sostanzialmente nell’ombra, senza onorificenze né riconoscimenti, in un isolamento rotto solamente dai frequenti viaggi pastorali e dalla visita degli amici più cari, oltre che dalla passione per lo scrivere che sempre lo accompagnò e che fu alla base delle sue fortune quanto delle sue disavventure.

Don Mazzolari era animato da un’ansia pastorale incessante: la Chiesa doveva essere missionaria. I lontani erano al centro della sua attenzione: il Vangelo doveva giungere fino a loro. Nessuno è escluso, ma di tutti e di ciascuno Dio è Padre amorevole. Il tema dei lontani è stato trattato ne La più bella avventura, dove commenta la parabola del Figliol Prodigo, e in numerosi articoli pubblicati sul quindicinale da lui fondato nel 1949, Adesso.

L’immagine della parrocchia di don Primo è quella tradizionale: era figlio del suo tempo e intendeva il ruolo del prete come quello di autentica guida dell’intera comunità anche nel campo non strettamente religioso. Non aveva in mente nulla di rivoluzionario, ma il suo andare oltre le mura del tempio e proporre a tutti le proprie iniziative era già di per sé rivoluzionario per la Chiesa del suo tempo.

Riteneva inoltre che fosse necessaria una rievangelizzazione anche all’interno della cittadella cristiana, dove la fede era spesso ridotta a ritualismo e rimaneva chiusa nelle sagrestie. La sua fede è stata tormentata, non tanto sotto il profilo teologico e dottrinale, quanto per il suo sforzo di dialogo con i lontani e di confronto con le varie problematiche del tempo. Ciò non venne compreso e fu aspramente combattuto.

Quello di Mazzolari è stato un cammino di formazione della coscienza morale lungo e faticoso, a volte anche accidentato, ma accompagnato da una conversione continua, da una sempre nuova capacità di discernimento, secondo un duplice costante riferimento: il Vangelo e la storia. Un Vangelo sganciato dalla storia degli esseri umani per don Mazzolari sfociava in semplice intellettualismo, in formule sterili e disincarnate. Se analizziamo gli scritti di don Primo, constatiamo che sono costruiti riferendosi fondamentalmente ai Vangeli, pochissimo alle lettere di Paolo e ancor meno all’Antico Testamento. Questa centralità di Gesù Cristo e del Vangelo ispira tutta l’azione di Mazzolari.

Fra i temi cari a Mazzolari va ricordato innanzitutto quello della pace. Mazzolari, dopo un percorso accidentato e sofferto, negli anni Cinquanta ha indicato alla Chiesa la strada della pace, mettendo le basi di una sorta di nonviolenza cristiana, teorizzando l’obiezione di coscienza, in piena guerra fredda e quando c’era il rischio di un nuovo conflitto mondiale. Il comandamento cristiano dell’amore non può coniugarsi con le armi e con la guerra. In questo senso il libro Tu non uccidere è assolutamente attuale. Vi è scritto: «La nostra arma di difesa è la giustizia sociale più che l’atomica. Chi pensa di difendere con la guerra la libertà, si troverà in un mondo senza nessuna libertà. Chi pensa di difendere con la guerra la giustizia, si troverà in un mondo che avrà perduto perfino l’idea e la passione per la giustizia. Chi pretende di difendere con la guerra la cristianità, riporterà la Chiesa alle catacombe». Una condanna assoluta della guerra, come quella pronunciata da papa Francesco a Redipuglia il 12 settembre 2014.

Un secondo tema centrale per Mazzolari, e oggi più che mai essenziale in rapporto alla credibilità dell’azione pastorale, è quello dei poveri: il parroco di Bozzolo ha parlato a tutti, ma il suo sguardo preferenziale era per i poveri e per questo ha parlato di “Chiesa di poveri”, una terminologia che poi il Concilio farà propria. «Nei poveri vi è il volto di Cristo», amava ripetere don Primo. Non solo, ma Mazzolari ha anche vissuto da povero. Ha scritto nel suo Testamento: «Non possiedo niente. La roba non mi ha mai fatto gola e tanto meno occupato. Attorno al mio altare come attorno alla mia casa e al mio lavoro non ci fu mai suon di denaro».

Un altro tratto della figura di don Primo oggi assolutamente attuale è la sua convinzione circa un ruolo più attivo, autonomo e responsabile dei laici, che per don Mazzolari devono rappresentare il naturale raccordo, una sorta di ponte, tra la Chiesa e il mondo moderno. I laici devono operare con intelligenza, coraggio e autonomia dentro e fuori la comunità cristiana, devono fare da fermento nel mondo, assumendosi con coraggio le responsabilità delle proprie scelte. La valorizzazione del laicato è il tema centrale della Lettera sulla parrocchia del 1937.

Nel profilo sacerdotale di don Mazzolari è centrale infine l’esperienza della misericordia divina e tra le pagine più significative a questo riguardo vi è la famosa predica del giovedì santo, 3 aprile 1958, su Nostro fratello Giuda. Come non ricordare papa Francesco e il suo «misericordiare», ossia non solo fare opere di misericordia, ma proclamare che Dio è misericordia?

* autore di diversi volumi su don Mazzolari, fra cui “Primo Mazzolari. Un uomo libero”, con postfazione di mons. Loris Francesco Capovilla (Ave, 2009); “Primo Mazzolari. In cammino sulle strade degli uomini” (Ave, 2012); “Sui sentieri della profezia. I rapporti fra Giovanni Battista Montini-Paolo VI e Primo Mazzolari” (Messaggero, 2012)

* Adista 23 MAGGIO 2015 • N. 19


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