Una raccolta di studi sul «Gandhi cattolico», che dall’ateismo della gioventù approdò alla fede
Lanza del Vasto prof di nonviolenza
Calando nell’umano la sua comprensione della Trinità come relazione trasse lo spunto per una dura «battaglia» contro la guerra «abominio del secolo», anticipando molti temi del Concilio
DI LORENZO FAZZINI (Avvenire, 21.03.2009)
Un ponte tra Occidente ed Oriente. Questo è stato Lanza del Vasto, pensatore, mistico, attivista nonviolento in un tempo in cui - il bellicoso primo Novecento - tale posizione sembrava quanto meno fuori luogo. Ma Del Vasto (1901-1981) tale ’ponte’ tra questi due mondi l’ha costruito non su un’improvvisata folgorazione per l’India, quanto in base ad un’argomentazione intellettuale costellata di riflessioni sulla tradizione filosofica d’Occidente.
E in La filosofia di Lanza del Vasto vengono analizzati gli architravi del poliedrico pensiero del pacifista italo-francese (abitò a Parigi dove pubblicò i suoi libri, tra cui il fondamentale La Trinité spirituelle). La giovanile frequentazione di Comte e Darwin lo portò a diventare «un giovane intellettuale ateo e razionalista», come lo tratteggia Frédéric Vermorel nel saggio La Trinità in Lanza del Vasto (il volume raccoglie gli atti di un convegno tenutosi a Pisa). Fu l’incontro intellettuale con il mistico fiammingo Jan Van Ruysbroeck a folgorare il giovane Giuseppe, che nel 1923 ammise: «Mi sono riconciliato con Dio».
Ma episodio determinante per la formazione del neoconvertito fu imbattersi in Tommaso d’Aquino e la sua Summa theologiae, in particolare un passaggio - non dell’Aquinate, ma a lui molto affine: «Dio è relazione, ma relazione non relativa perché è immutabile». Di qui sgorga l’intera struttura del pensiero vastiano: Dio come relazione, non come sostanza immobile, ma rapporto al suo interno e verso il mondo.
Sottolinea Adriano Fabris: «Si tratta dell’assunzione netta, decisa, da parte di Lanza, del rapporto come principio. [...] Il che significa affermare, appunto, per così dire che: ’In principio è il rapporto’». Del Vasto applicò tale pensiero anzitutto nei confronti della Trinità cristiana: «La fede cattolica [...] mostra Dio al di là dell’esteriorità, oltre la materia, nell’essere: il Padre. Mostra Dio in un io più me stesso che io, nel Figlio dell’Uomo, nel Cristo cuore dei cuori. Mostra Dio in un arcobaleno più alto del settimo cielo. Relazione assoluta oltre le relazioni, lo Spirito Santo», scrisse Lanza nel 1964.
Precisa Vermorel: il mistico devoto di Gandhi «si situa nella linea di pensiero che partendo da Dionigi passa da Eckhart per approdare a Nicolò Cusano» in quel «panenteismo, un’affermazione congiunta della radicale trascendenza e della non meno radicale immanenza di Dio rispetto al creato».
Ma parlare di Lanza cattolico non è possibile senza accennare anche al suo impegno ’politico’ in senso ecclesiale, cioè la sua scommessa sulla nonviolenza come valore che, mutuato da Gandhi (lui e l’India, annotava in Viatique, «sono la salvezza del mondo, non c’è altra via di uscita dall’abominio del secolo»), doveva permeare anche la Chiesa cattolica.
Nel saggio dedicato a tale questione da Sergio Tanzarella si racconta la pacifica ’battaglia’ (fatta di digiuno, preghiere, contatti e appelli) di Lanza e dei membri della sua Comunità dell’Arca durante il Concilio Vaticano II perché i padri riconoscessero il valore evangelico della nonviolenza. Un appello cui Giovanni XXIII non restò insensibile: il mercoledì santo del 1963, già malato, Roncalli rispose ad una missiva di Del Vasto inoltrandogli, in anteprima di un giorno, l’enciclica Pacem in terris dove i temi cari al mistico pisano (il disarmo, lo stop alla proliferazione nucleare, la nonviolenza ...) vi erano vieppiù affrontati. E nella Gaudium et spes vi è stato chi - come Anna Carfora - ha rintracciato chiari influssi vastiani, come la lettura della nonviolenza quale ’arma dei deboli’.
Antonino Frago e Paolo Trianni (a cura)
LA FILOSOFIA DI LANZA DEL VASTO
Jaca BooK, Pagine 304, Euro 18.00