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PALERMO - NEW YORK. Operazione antimafia "Old bridge": blitz congiunto polizia - Fbi dall’una e dall’altra parte dell’Oceano

giovedì 7 febbraio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Nella notte ci sono stati una novantina di arresti: sono tutti gli eredi degli storici "Don" siculo-americani. Trenta li hanno catturati nelle borgate palermitane di Passo di Rigano, di Cruillas, di Boccadifalco, nei paesi di Torretta e di Carini. Gli altri li hanno presi a Cherry Hill e a Brooklyn. E’ un’operazione che la polizia italiana e il Federal Bureau of Investigation hanno chiamato in codice. "Old bridge" [...]
Operazione "Old bridge": blitz congiunto polizia-Fbi dall’una e (...)

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> PALERMO - NEW YORK. Operazione antimafia "Old bridge": blitz congiunto polizia - Fbi dall’una e dall’altra parte dell’Oceano ---- IL RITORNO DEI VECCHI PADRINI: LA DROGA UNISCE LE FAMIGLIE OLTREOCEANO (Ansa)

giovedì 7 febbraio 2008

Ansa» 2008-02-07 19:55

MAFIA: OLD BRIDGE, IL RITORNO DEI VECCHI PADRINI

Sono 77, per ora, le persone arrestate nell’ ambito dell’ operazione congiunta di polizia ’Old bridge’, di cui 19 a Palermo (più quattro ordinanze che hanno raggiunto persone già in carcere) e 54 negli Stati Uniti. Altre sette destinatarie del provvedimento emesso dalle autorità americane sono ricercate. Tra queste sono due le figure di spicco: Jackie D’Amico, uomo di vertice della famiglia Gambino e ’capo’ della 18/esima strada di Brooklyn, già arrestato ma poi tornato in libertà, e Nicholas Grozzo, anche lui affiliato alla famiglia Gambino.

Dall’ inchiesta emerge che alcuni di loro hanno riallacciato relazioni sul territorio americano, e in particolare con personaggi inseriti nella famiglia mafiosa americana degli Inzerillo-Gambino. Le indagini sono condotte dal Servizio centrale operativo della polizia di Stato e dalla Squadra mobile di Palermo, coordinati dalla Dda e dalla procura nazionale antimafia.

MAFIA: OLD BRIDGE; IL RITORNO DEI VECCHI PADRINI

di Lirio Abbate

PALERMO - Sull’asse mafioso Palermo-New York rispuntano vecchi padrini di Cosa nostra, anziani uomini d’onore tornati in pista a guidare sulla via del crimine giovani rampolli che si fanno avanti nelle famiglie dell’isola. Nell’inchiesta "Old bridge", che mette in luce gli affari fra clan americani e siciliani, imperniati soprattutto sul traffico internazionale di stupefacenti, tornano alla ribalta anche alcuni imputati già condannati al primo maxi processo a Cosa nostra. Così rientra in cella Filippo Casamento, di 82 anni, indicato come un personaggio di spicco delle cosche, già coinvolto nell’inchiesta "Pizza connection", detenuto negli Stati Uniti ed espulso in Italia nel 2002. E’ rientrato clandestinamente in America nel 2004, dove è stato arrestato oggi. Entrano ed escono dal carcere i boss palermitani, ma anche quelli americani, come Jackie D’Amico, che è stato alla guida della ’decina’ della diciottesima strada di Brooklyn a New York, che oggi però è riuscito a sfuggire all’arresto dell’Fbi. Ritorna dietro le sbarre anche Giovanni Adelfio, 70 anni, suocero dei boss Carlo Greco e Santino Pullarà. Ma c’é anche Francesco Adelfio, 66 anni, già imputato al maxi processo a Cosa nostra, come pure Giovanni Lo Verde, 69 anni. E storico è anche il nome di Domenico Cefalù , detto "Dominique", emigrato alla fine degli anni Settanta negli Stati Uniti, e ritenuto adesso il vicecapo della famiglia mafiosa dei Gambino di New York. Inquisito da Giovanni Falcone per associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, sarebbe stato il ’chimico’ incaricato dai Gambino nella raffinazione della morfina base importata in Sicilia. Infine, il medico Salvatore Emanuele Di Maggio, 59 anni, figlio di Rosario, ex rappresentante della famiglia palermitana di Passo di Rigano. Secondo gli inquirenti negli ultimi periodi avrebbe avuto frequenti contatti con il boss Salvatore Lo Piccolo. Ci sono dunque boss emergenti con parentele "illustri" in Cosa nostra, ma anche nomi "storici" della mafia e del narcotraffico. E tra le nuove leve spiccano i nomi di Giovanni Inzerillo, figlio del boss Salvatore assassinato durante la guerra di mafia degli anni ’80, ritenuto un esponente di rilievo della famiglia di Passo di Rigano. Ma sopratutto quello di Frank Cali’, nato a New York, 43 anni fa, emergente del clan americano dei Gambino, sposato con Rosaria Inzerillo

FRANK CALI’ PRESO A CASA DELL’AMANTE

ROMA - Lo hanno preso a casa dell’amante, in un appartamento di Long Island. E agli agenti dell’Fbi, del Servizio operativo centrale della polizia e della questura di Palermo che lo hanno ammanettato non ha opposto resistenza. Erano circa le 8 in America quando Frank Calì, ritenuto dagli inquirenti il nuovo capomafia della famiglia Gambino, è stato bloccato. Prima i poliziotti si erano presentati nell’abitazione dove ’Franky Boy’ risulta essere residente, ma non l’hanno trovato. Gli uomini che per mesi avevano seguito e studiato le sue mosse sapevano però che c’era un altro posto dove potevano trovarlo, una villetta rossa a Long Island - con un giardinetto curato davanti e le tendine alla finestra della cucina - dove abitava la sua amante. Così si sono presentati all’indirizzo e l’hanno preso. Ai poliziotti Calì non avrebbe detto nulla né opposto resistenza, limitandosi a fare una smorfia con il viso. Una volta ammanettato, il rampollo della famiglia Gambino è salito a bordo di un auto, apparentemente tranquillo, ed è stato portato via

I CONTATTI FRA BOSS SICILIANI E AMERICANI

Il mafioso, Nicola Mandalà, a partire dal 2003, aveva attivato canali e contatti con i boss del mandamento palermitano di "Passo di Rigano", che da sempre ha avuto collegamenti con le famiglie americane della Lcn (La Cosa nostra). E’ quanto emerge dall’ inchiesta Old Bridge. Questi contatti, secondo gli inquirenti, avevano il fine di elaborare e perseguire una strategia di riammissione di alcuni boss che negli anni ’80 erano fuggiti da Palermo per scampare alla guerra di mafia scatenata da Toto’ Riina, e rifugiarsi negli Stati Uniti. Fra gli "scappati" vi erano gli Inzerillo, i quali, dopo un lungo periodo trascorso "in esilio" sarebbero stati fatti ritornare in Sicilia e riammessi negli affari dei boss palermitani, in particolare nel traffico di droga. Gli investigatori non hanno accertato se Mandalà fosse stato autorizzato da Provenzano, con il quale il mafioso aveva nel 2003 un rapporto molto stretto perché ne gestiva la latitanza, oppure se è stato spinto dal capomafia Salvatore Lo Piccolo. Di certo Mandalà ha effettuato diversi viaggi negli Stati Uniti dove ha incontrato Frank Calì e altri affiliati al clan degli Inzerillo di New York sospettati dall’Fbi di essere coinvolti in traffici di droga.

IN INCHIESTA ANCHE ESTORSIONI AD AZIENDE

PALERMO - Sono decine le estorsioni scoperte nell’ambito dell’indagine "Old bridge" della polizia di Stato e vanno da quella alla ditta di "autoservizi Cuffaro", alla "Monti Costruzioni" fino alla catena di negozi "Prima Visione" a Palermo. La conversazione registrata fra il boss Nino Rotolo e il capomafia agrigentino Calogero Di Gioia, mette in evidenza l’estorsione imposta alle "autolinee Cuffaro" di Casteltermini (Agrigento), omonima dell’azienda di famiglia dell’ex presidente della Regione che è di Raffadali. Di Gioia si lamenta di avere saputo che personale della ditta Cuffaro era stato "avvicinato" da soggetti che avevano formulato richieste estorsive con modalità difformi da quelle nel tempo consolidate: "Anche perché effettivamente è vent’anni che non si è fatto vedere nessuno", confida al boss. Rotolo, che ricollega la vicenda ai nuovi assetti del mandamento di Brancaccio, al cui vertice è arrivato Pino Savoca, incarica un suo colonnello, Gianni Nicchi, latitante, di capire cosa sia accaduto. E si scopre che per anni l’azienda è venuta incontro alle richieste di Cosa nostra non versando denaro, ma assumendo persone. Una prassi consolidata interrotta da Savoca, che ha mandato un suo uomo a chiedere 500 euro al mese alla ditta.

LA DROGA UNISCE LE FAMIGLIE OLTREOCEANO

di Lara Sirignano

PALERMO - In principio furono don Tano Badalamenti, Vittorio Mangano, Masino Buscetta: pionieri del grande business della droga tra l’America e la Sicilia. Da Pizza Connection, prima maxi inchiesta sul narcotraffico, a Old Bridge, l’indagine coordinata dalla dda di Palermo, sono passati quasi 30 anni, ma la droga continua a essere comune denominatore degli affari illeciti tra le cosche siciliane e quelle statunitensi. Un business mai interrotto, quello che ha legato i due continenti, negli ultimi anni diventato ancora più intenso. E i nomi delle famiglie Usa coinvolte sono sempre gli stessi: Gambino, Inzerillo. I vecchi padrini della Grande Mela, il traffico l’hanno dato in gestione alle nuove leve come Frank Calì detto ’u Franki’. Mentre le cosche palermitane affidano il denaro frutto delle estorsioni e delle altre attività illecite, perché venga reinvestito in stupefacente, agli emergenti come il palermitano Gianni Nicchi. Ed è proprio seguendo i viaggi oltreoceano di Nicchi, che all’epoca non era ancora latitante, che nel 2003 gli investigatori hanno riannodato i fili del’antica rete della droga che unisce il vecchio al nuovo continente. Il 26 novembre il rampollo del capomafia Nino Rotolo vola a New York insieme ad un uomo storico di Bernardo Provenzano, Nicola Mandalà, capomafia di Villabate. Il 23 dicembre stessa destinazione per altri due mafiosi di spicco, Giuseppe Inzerillo e Salvatore Greco. Il 18 marzo, Mandalà torna negli Usa insieme a un altro boss di Villabate, Enzo Fontana. Tutti i viaggi sono preceduti da fitti appuntamenti con i capi delle principali famiglie palermitane. "Ciò- scrivono i magistrati - va ad avvalorare l’ipotesi che il viaggio fosse stato organizzato in nome e per conto di più famiglie mafiose palermitane associatesi nell’occasione, per la conclusione di un redditizio affare da portare avanti negli Stati Uniti, che poteva essere quello dell’acquisto di una ingente partita di droga". E il ricordo va a Pizza Connection, inchiesta che scoperchiò la pentola del miliardario business della polvere bianca. Nel 1984 si parlava di un giro d’affari di un miliardo e 65 milioni di dollari. Poi fu la volta di Iron Tower, indagine del 1988 che fu la proiezione, negli Usa orientali, di un’inchiesta italiana sulle famiglie mafiose di Torretta e Carini. Un’intuizione, quella degli inquirenti, che portò alla scoperta di un nuovo canale del traffico di droga fra l’Italia e l’America. In carcere finirono i corrieri dell’eroina. Parallelamente gli investigatori scoprirono, a Brooklyn, gli affari dei fratelli Giuseppe e Giovanni Gambino che, dietro attività legali di copertura nel settore alimentare, nascondevano il commercio di stupefacenti. Francesco Inzerillo coordinava i rapporti tra i boss siciliani e cugini americani : l’eroina raffinata in Sicilia, come aveva capito già nel 1979 Boris Giuliano, vicequestore che pagò con la vita proprio le sue intuzioni sui traffici di droga, veniva venduta in America. Nell’isola, dagli Usa, invece giungeva la cocaina americana.


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