Operazione "Old bridge": blitz congiunto polizia-Fbi dall’una e dall’altra parte dell’Oceano
Due anni d’indagini: nel mirino le famiglie Inzerillo, Gambino, Di Maggio
90 arresti tra Palermo e New York
Presi i boss del nuovo patto Italia-Usa
E’ la vecchia mafia sconfitta dai corleonesi che cercava di rialzare la testa
Affari enormi e nuovi per riconquistare i territori e il potere perduti
di ATTILIO BOLZONI *
ROMA - E’ la più grande retata antimafia dai tempi della "Pizza Connection". I boss di Palermo e quelli di New York, la "famiglia" Inzerillo e la "famiglia" Gambino, un attacco a Cosa Nostra che da una parte all’altra dell’Atlantico stava prepotentemente tornando sulla scena mondiale dei grandi traffici.
Nella notte ci sono stati una novantina di arresti: sono tutti gli eredi degli storici "Don" siculo-americani. Trenta li hanno catturati nelle borgate palermitane di Passo di Rigano, di Cruillas, di Boccadifalco, nei paesi di Torretta e di Carini. Gli altri li hanno presi a Cherry Hill e a Brooklyn. E’ un’operazione che la polizia italiana e il Federal Bureau of Investigation hanno chiamato in codice. "Old bridge".
Questa retata è comunque solo l’inizio di una più vasta iniziativa anticrimine pianificata fra Italia e Usa, il primo degli assalti alle "famiglie" della Cosa Nostra di New York.
Da almeno due anni gli investigatori erano sulle tracce dei Padrini americani alleati degli Inzerillo, dei Mannino, dei Di Maggio e dei Gambino. Li hanno seguiti giorno dopo giorno, ascoltati con le microspie, filmati nei loro spostamenti. Hanno scoperto le loro società e i loro nuovi affari. Soprattutto hanno scoperto un patto fra "siciliani" e "americani" dopo più di due decenni di dominio mafioso corleonese. Una strategia di ristrutturazione di Cosa Nostra che puntava "all’antico".
Così le tradizionali consorterie criminali volevano ritrovare nuove opportunità e nuovi mercati dopo l’èra di Totò Riina. Così gli "scappati" - i mafiosi sfuggiti alla morte nella guerra fra cosche degli Anni Ottanta - volevano riconquistare territori. Erano tornati tutti nelle loro borgate di Palermo, erano pronti a riprendersi tutto.
Sono personaggi importanti quelli scivolati nell’indagine della polizia italiana e dell’Fbi, le ordinanze di custodia cautelare sono state firmate a Palermo dai procuratori Giuseppe Pignatone, Maurizio De Lucia, Domenico Gozo, Roberta Buzzolani, Michele Prestipino, Nino Di Matteo e Guido Lo Forte; a New York i mandati di arresto sono stati ordinati dal procuratore distrettuale.
Il primo nome è quello di Francesco Paolo Augusto Calì, meglio conosciuto a Brooklyn come Frank o Franky Boy. E’ considerato l’"ambasciatore" di Cosa Nostra americana nell’impresa di mettere ordine nei rapporti con le "famiglie" di Palermo. Sin dalla fine del 2003 molti mafiosi siciliani sono volati dall’Italia a New York per incontrarlo, per fare business, per riferire proprio a Franky Boy come andavano le cose in Sicilia. Da più di dieci anni Franky Boy è un "wiseguy", un uomo d’onore della "famiglia" Gambino.
Ci sono due collaboratori dell’Fbi - uno è Frank Fappiano e l’altro Micheal Di Leonardo - che ai poliziotti americani hanno rivelato tutte le attività di Frank Calì all’interno dell’organizzazione dei Gambino d’America.
"Frank è amico nostro, è il tutto di là", confidava in una telefonata il mafioso Gianni Nicchi - uno degli uomini d’onore siciliani che hanno fatto la spola fra Palermo e gli States per un commercio di stupefacenti - al suo capomandamento Antonino Rotolo. Era chiaro che "è il tutto di là" voleva dire che era Frank a comandare a New York.
Se "di là" è stato arrestato l’"ambasciatore" della Cosa Nostra americana, a Palermo è finito nell’inchiesta Giovanni Inzerillo, il figlio secondogenito di Totuccio, uno dei grandi capimafia siciliani prima dell’avvento dei Corleonesi. Giovanni Inzerillo fa l’imprenditore edile come ufficialmente lo era anche il padre, ha 36 anni, secondo gli investigatori ha "debuttato" in Cosa Nostra in un summit tenuto l’11 agosto del 2003 al ristorante "Al Vecchio Mulino" di Torretta, un paesino a una ventina di chilometri da Palermo sulla strada provinciale che porta a Trapani.
Quel giorno, al "Vecchio Mulino", si riunirono una quindicina di mafiosi - c’erano anche il cugino Giuseppe Inzerillo e gli zii Giovanni Angelo Mannino e Calogero Mannino - per discutere il loro gran rientro nella Cosa Nostra palermitana. Qualche mese dopo a Giovanni Inzerillo fu affidato il compito di accompagnare il vecchio boss Filippo Casamento prima a Toronto e poi a New York, un viaggio di affari per incontrare in Canada uomini d’onore di origine italiana come Michele Modica e Michele Marrese.
E’ Filippo Casamento un altro dei mafiosi coinvolti nel blitz di questa notte. Già sottocapo della "famiglia" di Boccadiflaco (prima che i Corleonesi prendessero il potere) e fra gli organizzatori dei traffici della "Pizza Connection", Filippo Casamento è fra i protagonisti del ritorno in Sicilia degli Inzerillo. E’ stato lui a "garantire" per gli eredi di quelli che erano una volta i padroni di Passo di Rigano.
L’inchiesta sugli Inzerillo e sui Gambino per il momento non spiega fino in fondo cosa è accaduto negli ultimi mesi nella mafia siciliana e in quella del New Jersey, ma di certo rivela che il "piano" degli Inzerillo di riconquistare Palermo è fallito. I boss della mafia storica siculo-americana sono stati fermati proprio mentre si stavano riorganizzando. Anche loro stessi avevano intuito che non sarebbero andati molto lontano.
E’ stata una microspia a svelare le loro paure. Era il 30 agosto del 2007 quando Giovanni Inzerillo e suo cugino Giuseppe erano andati insieme a trovare in carcere lo zio Francesco, rinchiuso nella casa circondariale di Torino. Si sono salutati, hanno cominciato a fare commenti sul loro "ritorno" a Palermo già raccontato dai giornali italiani, hanno manifestato tutte le loro paure. Ogni loro frase è stata registrata. Ecco lo sfogo di Francesco Inzerillo ai suoi due nipoti in visita al carcere di Torino: "Qua c’è solo da andare via e basta.. se non fai niente devi pagare, se fai devi pagare per dieci volte.. Bisogna andarsene dall’Europa, non dall’Italia, dovete andare via dall’Europa perché non si può più stare, qua futuro non ce n’è, sei sempre sotto controllo, è tutta una catena e una catenella, bisogna andarsene in Sud America... basta essere incriminato per l’articolo 416 bis e automaticamente scatta il sequestro dei beni. Cosa più brutta della confisca dei beni non c’è".
Ansa» 2008-02-07 19:55
MAFIA: OLD BRIDGE, IL RITORNO DEI VECCHI PADRINI
Sono 77, per ora, le persone arrestate nell’ ambito dell’ operazione congiunta di polizia ’Old bridge’, di cui 19 a Palermo (più quattro ordinanze che hanno raggiunto persone già in carcere) e 54 negli Stati Uniti. Altre sette destinatarie del provvedimento emesso dalle autorità americane sono ricercate. Tra queste sono due le figure di spicco: Jackie D’Amico, uomo di vertice della famiglia Gambino e ’capo’ della 18/esima strada di Brooklyn, già arrestato ma poi tornato in libertà, e Nicholas Grozzo, anche lui affiliato alla famiglia Gambino.
Dall’ inchiesta emerge che alcuni di loro hanno riallacciato relazioni sul territorio americano, e in particolare con personaggi inseriti nella famiglia mafiosa americana degli Inzerillo-Gambino. Le indagini sono condotte dal Servizio centrale operativo della polizia di Stato e dalla Squadra mobile di Palermo, coordinati dalla Dda e dalla procura nazionale antimafia.
MAFIA: OLD BRIDGE; IL RITORNO DEI VECCHI PADRINI
di Lirio Abbate
PALERMO - Sull’asse mafioso Palermo-New York rispuntano vecchi padrini di Cosa nostra, anziani uomini d’onore tornati in pista a guidare sulla via del crimine giovani rampolli che si fanno avanti nelle famiglie dell’isola. Nell’inchiesta "Old bridge", che mette in luce gli affari fra clan americani e siciliani, imperniati soprattutto sul traffico internazionale di stupefacenti, tornano alla ribalta anche alcuni imputati già condannati al primo maxi processo a Cosa nostra. Così rientra in cella Filippo Casamento, di 82 anni, indicato come un personaggio di spicco delle cosche, già coinvolto nell’inchiesta "Pizza connection", detenuto negli Stati Uniti ed espulso in Italia nel 2002. E’ rientrato clandestinamente in America nel 2004, dove è stato arrestato oggi. Entrano ed escono dal carcere i boss palermitani, ma anche quelli americani, come Jackie D’Amico, che è stato alla guida della ’decina’ della diciottesima strada di Brooklyn a New York, che oggi però è riuscito a sfuggire all’arresto dell’Fbi. Ritorna dietro le sbarre anche Giovanni Adelfio, 70 anni, suocero dei boss Carlo Greco e Santino Pullarà. Ma c’é anche Francesco Adelfio, 66 anni, già imputato al maxi processo a Cosa nostra, come pure Giovanni Lo Verde, 69 anni. E storico è anche il nome di Domenico Cefalù , detto "Dominique", emigrato alla fine degli anni Settanta negli Stati Uniti, e ritenuto adesso il vicecapo della famiglia mafiosa dei Gambino di New York. Inquisito da Giovanni Falcone per associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, sarebbe stato il ’chimico’ incaricato dai Gambino nella raffinazione della morfina base importata in Sicilia. Infine, il medico Salvatore Emanuele Di Maggio, 59 anni, figlio di Rosario, ex rappresentante della famiglia palermitana di Passo di Rigano. Secondo gli inquirenti negli ultimi periodi avrebbe avuto frequenti contatti con il boss Salvatore Lo Piccolo. Ci sono dunque boss emergenti con parentele "illustri" in Cosa nostra, ma anche nomi "storici" della mafia e del narcotraffico. E tra le nuove leve spiccano i nomi di Giovanni Inzerillo, figlio del boss Salvatore assassinato durante la guerra di mafia degli anni ’80, ritenuto un esponente di rilievo della famiglia di Passo di Rigano. Ma sopratutto quello di Frank Cali’, nato a New York, 43 anni fa, emergente del clan americano dei Gambino, sposato con Rosaria Inzerillo
FRANK CALI’ PRESO A CASA DELL’AMANTE
ROMA - Lo hanno preso a casa dell’amante, in un appartamento di Long Island. E agli agenti dell’Fbi, del Servizio operativo centrale della polizia e della questura di Palermo che lo hanno ammanettato non ha opposto resistenza. Erano circa le 8 in America quando Frank Calì, ritenuto dagli inquirenti il nuovo capomafia della famiglia Gambino, è stato bloccato. Prima i poliziotti si erano presentati nell’abitazione dove ’Franky Boy’ risulta essere residente, ma non l’hanno trovato. Gli uomini che per mesi avevano seguito e studiato le sue mosse sapevano però che c’era un altro posto dove potevano trovarlo, una villetta rossa a Long Island - con un giardinetto curato davanti e le tendine alla finestra della cucina - dove abitava la sua amante. Così si sono presentati all’indirizzo e l’hanno preso. Ai poliziotti Calì non avrebbe detto nulla né opposto resistenza, limitandosi a fare una smorfia con il viso. Una volta ammanettato, il rampollo della famiglia Gambino è salito a bordo di un auto, apparentemente tranquillo, ed è stato portato via
I CONTATTI FRA BOSS SICILIANI E AMERICANI
Il mafioso, Nicola Mandalà, a partire dal 2003, aveva attivato canali e contatti con i boss del mandamento palermitano di "Passo di Rigano", che da sempre ha avuto collegamenti con le famiglie americane della Lcn (La Cosa nostra). E’ quanto emerge dall’ inchiesta Old Bridge. Questi contatti, secondo gli inquirenti, avevano il fine di elaborare e perseguire una strategia di riammissione di alcuni boss che negli anni ’80 erano fuggiti da Palermo per scampare alla guerra di mafia scatenata da Toto’ Riina, e rifugiarsi negli Stati Uniti. Fra gli "scappati" vi erano gli Inzerillo, i quali, dopo un lungo periodo trascorso "in esilio" sarebbero stati fatti ritornare in Sicilia e riammessi negli affari dei boss palermitani, in particolare nel traffico di droga. Gli investigatori non hanno accertato se Mandalà fosse stato autorizzato da Provenzano, con il quale il mafioso aveva nel 2003 un rapporto molto stretto perché ne gestiva la latitanza, oppure se è stato spinto dal capomafia Salvatore Lo Piccolo. Di certo Mandalà ha effettuato diversi viaggi negli Stati Uniti dove ha incontrato Frank Calì e altri affiliati al clan degli Inzerillo di New York sospettati dall’Fbi di essere coinvolti in traffici di droga.
IN INCHIESTA ANCHE ESTORSIONI AD AZIENDE
PALERMO - Sono decine le estorsioni scoperte nell’ambito dell’indagine "Old bridge" della polizia di Stato e vanno da quella alla ditta di "autoservizi Cuffaro", alla "Monti Costruzioni" fino alla catena di negozi "Prima Visione" a Palermo. La conversazione registrata fra il boss Nino Rotolo e il capomafia agrigentino Calogero Di Gioia, mette in evidenza l’estorsione imposta alle "autolinee Cuffaro" di Casteltermini (Agrigento), omonima dell’azienda di famiglia dell’ex presidente della Regione che è di Raffadali. Di Gioia si lamenta di avere saputo che personale della ditta Cuffaro era stato "avvicinato" da soggetti che avevano formulato richieste estorsive con modalità difformi da quelle nel tempo consolidate: "Anche perché effettivamente è vent’anni che non si è fatto vedere nessuno", confida al boss. Rotolo, che ricollega la vicenda ai nuovi assetti del mandamento di Brancaccio, al cui vertice è arrivato Pino Savoca, incarica un suo colonnello, Gianni Nicchi, latitante, di capire cosa sia accaduto. E si scopre che per anni l’azienda è venuta incontro alle richieste di Cosa nostra non versando denaro, ma assumendo persone. Una prassi consolidata interrotta da Savoca, che ha mandato un suo uomo a chiedere 500 euro al mese alla ditta.
LA DROGA UNISCE LE FAMIGLIE OLTREOCEANO
di Lara Sirignano
PALERMO - In principio furono don Tano Badalamenti, Vittorio Mangano, Masino Buscetta: pionieri del grande business della droga tra l’America e la Sicilia. Da Pizza Connection, prima maxi inchiesta sul narcotraffico, a Old Bridge, l’indagine coordinata dalla dda di Palermo, sono passati quasi 30 anni, ma la droga continua a essere comune denominatore degli affari illeciti tra le cosche siciliane e quelle statunitensi. Un business mai interrotto, quello che ha legato i due continenti, negli ultimi anni diventato ancora più intenso. E i nomi delle famiglie Usa coinvolte sono sempre gli stessi: Gambino, Inzerillo. I vecchi padrini della Grande Mela, il traffico l’hanno dato in gestione alle nuove leve come Frank Calì detto ’u Franki’. Mentre le cosche palermitane affidano il denaro frutto delle estorsioni e delle altre attività illecite, perché venga reinvestito in stupefacente, agli emergenti come il palermitano Gianni Nicchi. Ed è proprio seguendo i viaggi oltreoceano di Nicchi, che all’epoca non era ancora latitante, che nel 2003 gli investigatori hanno riannodato i fili del’antica rete della droga che unisce il vecchio al nuovo continente. Il 26 novembre il rampollo del capomafia Nino Rotolo vola a New York insieme ad un uomo storico di Bernardo Provenzano, Nicola Mandalà, capomafia di Villabate. Il 23 dicembre stessa destinazione per altri due mafiosi di spicco, Giuseppe Inzerillo e Salvatore Greco. Il 18 marzo, Mandalà torna negli Usa insieme a un altro boss di Villabate, Enzo Fontana. Tutti i viaggi sono preceduti da fitti appuntamenti con i capi delle principali famiglie palermitane. "Ciò- scrivono i magistrati - va ad avvalorare l’ipotesi che il viaggio fosse stato organizzato in nome e per conto di più famiglie mafiose palermitane associatesi nell’occasione, per la conclusione di un redditizio affare da portare avanti negli Stati Uniti, che poteva essere quello dell’acquisto di una ingente partita di droga". E il ricordo va a Pizza Connection, inchiesta che scoperchiò la pentola del miliardario business della polvere bianca. Nel 1984 si parlava di un giro d’affari di un miliardo e 65 milioni di dollari. Poi fu la volta di Iron Tower, indagine del 1988 che fu la proiezione, negli Usa orientali, di un’inchiesta italiana sulle famiglie mafiose di Torretta e Carini. Un’intuizione, quella degli inquirenti, che portò alla scoperta di un nuovo canale del traffico di droga fra l’Italia e l’America. In carcere finirono i corrieri dell’eroina. Parallelamente gli investigatori scoprirono, a Brooklyn, gli affari dei fratelli Giuseppe e Giovanni Gambino che, dietro attività legali di copertura nel settore alimentare, nascondevano il commercio di stupefacenti. Francesco Inzerillo coordinava i rapporti tra i boss siciliani e cugini americani : l’eroina raffinata in Sicilia, come aveva capito già nel 1979 Boris Giuliano, vicequestore che pagò con la vita proprio le sue intuzioni sui traffici di droga, veniva venduta in America. Nell’isola, dagli Usa, invece giungeva la cocaina americana.
Mafia, al setaccio le carte di uno studio legale
Gela, i clan volevano uccidere il sindaco
Caccia al tesoro dei boss
I segreti a New York
Dalle scommesse al gioco d’azzardo sul web fino alle tangenti: tutti gli affari negli Usa
di FRANCESCO VIVIANO *
PALERMO - Il cuore degli affari della multinazionale Cosa nostra americana è all’interno di uno studio di avvocati ed esperti in transazioni finanziarie internazionali di Brooklyn. Lì è custodito il tesoro di Frank Calì e della sua "famiglia", quella dei Gambino, e degli Inzerillo. Un tesoro valutato in decine di milioni dollari, frutto di attività illecite non solo negli Usa ma anche in Italia dove Calì avrebbe investito parte della sua fortuna accumulata in pochissimi anni della sua fulminea carriera all’interno di Cosa nostra americana, dove era diventato il vero e proprio "amministratore delegato" delle società della mafia. Ed è sui soldi di Frank Calì, arrestato l’altro ieri nella retata compiuta tra la Sicilia e gli Stati Uniti, che gli investigatori americani hanno puntato la loro attenzione.
E mentre l’operazione scattata giovedì fra gli Stati Uniti e l’Italia svela i segreti dei nuovi padrini, in Italia i magistrati scoprono un piano per un attentato delle cosche. Bersaglio: Rosario Crocetta. il sindaco Pdci di Gela che in passato ha lottato contro i clan arrivando a licenziare la moglie del boss assunta dal Comune perché ritenuta nullatenente.
Al piano, i magistrati della Dda di Caltanissetta sono arrivati attraverso intercettazioni e col ritrovamento di alcuni "pizzini". "È il mio compleanno, compio 57 anni - commenta Crocetta - e scopro dell’attentato. Davvero un bel regalo della mafia". Crocetta ha ricevuto solidarietà bipartisan da decine di esponenti politici, dal Pdci e An.
Progetti di attentati sventati a Gela e strategie finanziarie sotto osservazione sull’asse New York-Palermo. Nel mirino, soprattutto, Calì, "Franky Boy", uno degli arrestati del blitz della polizia di giovedì. Una retata dalla quale sono riusciti a scappare in una dozzina: ma ieri uno dei latitanti, Jackie D’Amico, si è consegnato all’Fbi.
L’indagine finanziaria delinea il ruolo di spicco dello studio legale di Brooklyn che gestisce operazioni finanziarie, intermediazioni per l’acquisto di immobili, e il controllo di numerose società per conto di "Franky boy". L’analisi dell’Fbi sui flussi finanziari riferibili al gruppo mafioso di New York Calì-Inzerillo, ha consentito di individuare numerose società americane che operano nel settore delle costruzioni e della distribuzione di prodotti alimentari, con un giro d’affari di milioni di dollari. Il clan mafioso di Calì, come ha sostenuto il procuratore distrettuale del Queens, Richard Brown, gestiva le bische clandestine elettroniche, le scommesse sul football ed il baseball, l’edilizia, il gioco d’azzardo, la prostituzione e la gestione dei detriti e dei rifiuti, al controllo dei sindacati. Molte delle attività si svolgevano sull’isola di Staten Island.
La famiglia Gambino controllava anche la gestione dei detriti provocati dalla costruzione di una pista per le gare automobilistiche Nascar, a Staten Island, chiedendo un pizzo per tonnellata trasportata e trattata dai camion del clan. Il sistema di bische elettroniche gestito nel Queens da Corozzo, che "non è stato ancora arrestato" secondo Brown, era ingegnoso e ruotava intorno ad almeno quattro siti web, uno dei quali in Costa Rica, ed era molto redditizio, permettendo di finanziare altre attività malavitose.
* la Repubblica, 9 febbraio 2008.
I BOSS AVEVANO TAGLIEGGIATO QUARANTA COSTRUTTORI
Le mani della mafia su Ground Zero
di MONICA CERAVOLO ( La Stampa, 9/2/2008) *
PALERMO Avevano esteso i tentacoli perfino sul cantiere di Ground Zero. I gangster finiti nella rete dell’operazione Old Bridge avevano taglieggiato una quarantina di costruttori e chiesto tangenti in dieci grandi cantieri nell’area di New York. I segreti di Cosa Nostra continuano a emergere dagli atti giudiziari (170 pagine) relativi al blitz di polizia e Fbi a New York e a Palermo che ha decapitato la famiglia Gambino.
A Ground Zero, nel luogo della tragedia dell’11 settembre 2001, l’impresa edile del New Jersey «Nacirema Industries», specializzata nel movimento terra, aveva tra le sue fila - come «addetto alle vendite» - Nicholas Calvo, uno degli arrestati.
Gli arresti hanno decapitato i vertici del clan Gambino, cancellando le ultime vestigia del regno del leggendario John Gotti. Giovedì sera si è consegnato all’Fbi, a New York, Jackie D’Amico, 71 anni, reggente della famiglia ed ex aiutante di campo di Gotti. Non era finito nelle maglie della retata perchè non era stato trovato nelle sue case in New Jersey e a Manhattan. Al carcere di Palermo si è invece consegnato Giovanni Adelfio, 70 anni, boss di Villagrazia. A Cesenatico è stato arrestato Gaetano Savoca, 40 anni, marito di una figlia del boss Vernengo.
L’operazione Old Bridge è stata in parte ispirata dalle informazioni del pentito Joseph Vollaro, proprietario di una ditta di camion a Staten Island. Le manette sono scattate in contemporanea a Palermo e a New York (dov’era l’alba). In carcere 73 persone, oltre alle quattro che erano già in cella. In 19 sono stati arrestati in Sicilia, 54 in Usa.
Dall’inchiesta emerge che vecchi e nuovi boss erano ritornati insieme per ricostituire l’asse Palermo-New York, per fare affari illeciti e rimettere in piedi il business della droga. Avevano riallacciato legami che si erano spezzati ai tempi in cui a comandare, in Sicilia, c’era Riina. Ora il progetto si è infranto con l’arresto dei capi, a cominciare da Frank Calì e Filippo Casamento, i responsabili delle famiglie mafiose americane che tengono i legami con i clan di Palermo.
Francesco (Frank) Calì ha 43 anni, è nato a New York da genitori siciliani, secondo l’Fbi è il personaggio emergente nella famiglia Gambino. I suoi affari girano attorno a diverse società di New York. Era in contatto coi boss palermitani, in particolare Antonino Rotolo (arrestato) e Gianni Nicchi, latitante, ritenuto sicario di Cosa nostra. Filippo Casamento, 82 anni, è indicato dall’Fbi come vicino alla famiglia Inzerillo. Era rientrato negli Usa illegalmente nel 2004, vivendo sotto falso nome. È considerato il killer di Pietro Inzerillo, assassinato nel New Jersey nel gennaio 1982.