La rete dell’odio
di Umberto De Giovannangeli *
L’antisemitismo naviga in rete. Un odio antico, mai sopito, usa i moderni strumenti della comunicazione. Pervasivi, spesso incontrollabili. Su Internet si danno appuntamento i «moderni» facitori di odio contro l’«Ebreo», ieri come oggi assunto come emblema della diversità che si vorrebbe cancellare. Quella «black list» di 162 docenti universitari non è un caso isolato. Perché il mondo di internet è contagiato da blog che, sotto sigle diverse, diffondono lo stesso pregiudizio.
La loro quantità è impressionante. Inquietante. Crescente: sono ormai migliaia i siti che predicano l’odio razziale, che alimentano il pregiudizio antisemita, che fomentano la violenza, che inneggiano alla distruzione di Israele. Guai a sottovalutarne la pervasità.
Il virus dell’antisemitismo sta crescendo, diversificandosi nella sua esplicitazione. Si odia l’Ebreo perché «domina il mondo»; si odia Israele perché è «lo Stato degli Ebrei». L’Ebreo viene raffigurato con le mani imbrattate di sangue (palestinese) e con le tasche gonfie di dollari. Tutto si tiene. Nulla è affidato al caso. E non è un caso che nel mirino dei «moderni» antisemiti siano finiti docenti universitari, vale a dire «trasmettitori» di cultura. Ebrei e insegnanti. Doppiamente pericolosi. Doppiamente nemici. Come lo furono in un passato che non passa, i docenti ebrei cacciati dalle università e dai licei del Regno d’Italia dal regime fascista. Quella lista della vergogna non è altro che la riedizione, moderna, dei falò dei libri bruciati dai nazisti nella notte dei cristalli.
Senza memoria non c’è futuro di libertà: è bene ricordarlo oggi, di fronte ad un fatto di una gravità enorme. Il salto di qualità non deve sfuggire: non siamo più solo alla reiterazione di vecchi slogan antisemiti. Siamo alla formulazione di vere e proprie liste di proscrizione, con tanto di nomi e cognomi. Centossesssantadue persone, donne e uomini da mettere alla berlina se non da indicare come bersaglio. Di nuovo tornano a riecheggiare, sinistramente, concetti demonizzanti quale la «Lobby ebraica», cavallo di battaglia del peggiore antisemitismo. A cui si accompagna la definizione degli ebrei come «minoranza etnica». Sono le stesse accuse che venivano rivolte agli ebrei nel ventennio fascista; accuse che rievocano le leggi razziali che - proprio settant’anni fa - portarono all’espulsione dei professori ebrei dalle università. Non è solo un passato che non passa. Perché dietro la lista della vergogna c’è anche altro. Che parla ai democratici, che interroga la sinistra. Che reclama a pesare ogni parola. Non si tratta di condannare, con la massima determinazione, gli eredi di Eichmann. Questo è scontato.
Il problema è un altro: quella «black list» non è composta solo da docenti ebrei. Quella lista riporta nomi, cognomi e università di appartenenza di 162 persone, poi rivelatesi non tutte docenti né tutte ebree, selezionate sulla base degli elenchi dei nomi presenti nella petizione pubblica proposta dalla comunità ebraica di Roma contro il boicottaggio attuato dalle università inglesi nei confronti di Israele.
Israele. Visto come «lo Stato del Male». Lo Stato carnefice. E come tale da combattere. Osteggiare. Annientare. L’antisemitismo si maschera con l’antisionismo. Gli estremi si toccano. Sarà solo una causalità temporale, ma non può non far riflettere che la «lista di prosrizione» accompagna le polemiche scatenate dal boicottaggio invocato contro la Fiera internazionale del Libro «colpevole» di aver voluto Israele e i suoi scrittori come Paese ospite della ventunesima edizione. Sia chiaro: i propugnatori del boicottaggio non hanno nulla a che vedere con gli estensori della «black list». Tuttavia, demonizzare Israele, mettere alla gogna la sua cultura. alimenta, al di là delle volontà soggettive, l’antisemitismo. E questa è una responsabilità imperdonabile.
* l’Unità, Pubblicato il: 09.02.08, Modificato il: 09.02.08 alle ore 9.37