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SVOLTA USA. Riprendere il cammino della liberazione, insieme .... Yes, We can.

OBAMA BARACK. La sua filosofia consiste nel dire, anche se sgradevole, la verità - di Barbara Spinelli

domenica 10 febbraio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Cosa significa quando Obama scandisce: yes we can - uno slogan che ha ammaliato i blog e, in Italia, Veltroni? Vuol dire che la politica si fa trascendendo le divisioni di razza, di genere e di schieramenti, ma non significa la cancellazione di differenze. Significa che il futuro, di nuovo centrale dopo un’era dominata dall’istante brevissimo, esige che ciascuno ripensi il domani senza inibizioni. Significa che si può riaprire alla speranza, e che la politica in quanto tale deve (...)

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> OBAMA BARACK. La sua filosofia consiste nel dire, anche se sgradevole, la verità ----- la complessità del rapporto tra leadership efficace e comunicazione (di Joseph S. Nye).

sabato 5 settembre 2009

E’ l’arte di comunicare che fa il leader

di JOSEPH S. NYE (la Stampa, 5/9/2009)

Il miglior esempio attuale di leadership basata sull’abilità di comunicare è forse Barack Obama che, a questo punto della presidenza, ha dato tre volte più interviste di George W. Bush e tenuto quattro volte più conferenze di Bill Clinton nello stesso periodo. Alcuni critici si stanno ora chiedendo se tutto questo parlare sia una buona cosa. Tutti i leader capaci di ispirare comunicano in modo efficace. Winston Churchill attribuì spesso il suo successo alla padronanza delle frasi inglesi. I greci antichi avevano scuole di retorica per affinare le loro capacità. Cicerone lasciò il segno nel senato romano dopo aver studiato l’arte oratoria.

Le doti retoriche aiutano a creare il «soft power», la capacità di attrarre e persuadere con la cultura e gli ideali politici. Martin Luther King jr trasse vantaggio dall’essere cresciuto nella tradizione di una Chiesa afro-americana, ricca di ritmi e parole dette ad alta voce. Clinton era capace di combinare il senso teatrale con l’arte di raccontare storie e una generica abilità di comunicare un argomento.

L’eloquenza e la retorica ispirata, però, non sono le uniche forme di comunicazione con cui i leader formulano i temi e creano senso per i loro seguaci. Alan Greenspan, l’ex capo della Federal Reserve, non era certo un parlatore ispirato, ma i mercati e i politici pendevano da ogni sua parola, e lui adattava le sfumature del suo linguaggio per rafforzare la direzione in cui voleva pilotare la politica monetaria. Purtroppo, come ha dimostrato la crisi del 2008, sarebbe stato meglio se il Congresso avesse cercato di farlo comunicare in modo più chiaro.

Anche i segnali non-verbali sono importanti. Simboli ed esempi possono essere molto efficaci. Alcuni leader capaci di ispirare il loro pubblico non sono grandi oratori: non lo era il Mahatma Gandhi, ma il simbolismo del suo abito contadino bianco e del suo stile di vita parlavano più delle parole. Se si confrontano quelle immagini con le foto giovanili di Gandhi, vestito come un avvocato inglese, si vede bene come avesse perfettamente compreso la comunicazione simbolica. Quando organizzò la famosa Marcia del Sale del 1930, si assicurò che venisse mantenuto un passo lento, che permetteva di far crescere il dramma e la tensione. La marcia era stata progettata per comunicare, e non per l’apparente ragione di opporsi al monopolio del governo coloniale sulla produzione del sale.

Anche T. E. Lawrence (Lawrence d’Arabia) aveva capito come si comunica con i simboli. Quando, finita la prima guerra mondiale, andò alla Conferenza di Pace di Parigi, indossò abiti beduini per drammatizzare la causa araba. Un anno dopo, alla Conferenza del Cairo dove si negoziavano i confini della regione, passò all’uniforme dell’ufficiale britannico.

I leader devono però saper comunicare anche a tu per tu o nei piccoli gruppi. In alcuni casi, la comunicazione ravvicinata è più importante della retorica pubblica. Le capacità organizzative - cioè l’abilità di attirare e ispirare una cerchia ristretta ma efficace di seguaci - può compensare l’insufficienza retorica, esattamente come una retorica pubblica efficace può parzialmente compensare modeste capacità organizzative. Hitler era abilissimo nel comunicare sia con un pubblico lontano sia con la cerchia degli intimi. Stalin faceva assegnamento soprattutto su questi ultimi. Harry Truman era un oratore modesto, ma abilissimo ad attrarre e gestire eccellenti consiglieri.

Una buona capacità narrativa è una grande fonte di «soft power», e la prima regola che gli scrittori imparano è: «mostrare, non raccontare». Franklin Roosevelt usava la storia della canna per innaffiare il giardino, prestata al vicino la cui casa andava a fuoco, per spiegare agli americani, prima della seconda guerra mondiale, il complesso patto lend-lease, con cui avrebbe fornito materiale da guerra agli alleati. Ronald Reagan era un maestro negli aneddoti ben scelti.

Fare l’esempio giusto è un’altra forma cruciale di comunicazione. Quando Singapore, nel 2007, alzò gli stipendi dei funzionari di governo, il primo ministro Lee Hsien Loong annunciò che lui personalmente vi avrebbe rinunciato, anticipando così le perplessità del pubblico. Dopo la recente crisi finanziaria, alcuni manager si sono ridotti i compensi per comunicare le loro preoccupazioni per i dipendenti e l’opinione pubblica.

Durante la campagna elettorale 2008, Obama si è rivelato un comunicatore di grande talento. Non solo il suo stile retorico era efficace ma, dopo che alcuni commenti incendiari del suo pastore avevano minacciato di far deragliare la campagna, fece uno dei più bei discorsi sulla razza dai tempi di King. Anche adesso continua a comunicare in modo efficace, ma un presidente americano ha un problema di doppio pubblico. A volte la retorica che funziona bene in patria - come il secondo discorso inaugurale di Bush - suona ipocrita a orecchie straniere. Il discorso inaugurale di Obama, invece, è stato recepito bene sia in patria sia all’estero.

I sondaggi hanno dimostrato che, con una serie di discorsi di politica estera - in particolare quello del Cairo al mondo musulmano - Obama è riuscito a riprendere una parte del «soft power» americano. Ma una leadership efficace è comunicata anche da azioni e politiche. A questo punto, è troppo presto per capire se le politiche di Obama rafforzeranno o ridurranno gli effetti delle sue parole. Aspettando i risultati, ci aiuta ricordare la complessità del rapporto tra leadership efficace e comunicazione.

© Project Syndicate 2009


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