Consiglio d’Europa: garantire «aborto legale» *
Garantire alle donne il «diritto all’aborto legale e senza rischi per la salute». Lo chiede espressamente il Consiglio d’Europa con una risoluzione che raccomanda anche la depenalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza. Il testo, presentato da una deputata socialista, è il primo in cui si parla esplicitamente di “diritto delle donne ad abortire”. Alle donne che scelgono l’interruzione di gravidanza devono essere infatti offerti sostegno e cure medico-psicologiche e soprattutto supporto finanziario. Bisogna operare per la rimozione di tutti gli ostacoli e le condizioni che restringono la possibilità di abortire senza rischi per la salute. Quanti tra gli Stati aderenti non abbiano già provveduto dovranno «rispettare la libera scelta delle donne» e «superare le restrizioni, di fatto o di diritto, all’accesso a un aborto senza rischi».
L’aborto deve essere considerato l’extrema ratio, la soluzione a cui ricorrere in ultima istanza, e non deve mai essere adottato come «un metodo di pianificazione familiare». Il divieto dell’aborto non è conduce affatto alla sua diminuzione bensì all’aumento delle pratiche clandestine e traumatiche e alla diffusione di quello che viene chiamato il “turismo abortivo”. La legge lo consente per salvare e tutelare la vita della madre in quasi tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa; nella maggioranza è anche permesso per altre ragioni o entro un determinato lasso di tempo. Il rapporto, redatto dalla Commissione sulle Pari Opportunità per le donne e gli uomini del Consiglio d’Europa e presentato dalla parlamentare socialista Gisela Wurm, ha evidenziato che sebbene la maggior parte dei paesi europei consenta l’aborto in caso di pericolo di vita della madre, in diversi paesi, quali Andorra, l’Irlanda, Malta, Monaco e la Polonia l’aborto è illegale o severamente limitato.
Secondo il Consiglio d’Europa, nelle scuole dovrebbe essere prevista, obbligatoriamente, l’educazione sessuale e sentimentale, adeguata naturalmente all’età e al sesso, per evitare gravidanze indesiderate e di conseguenza il ricorso all’aborto. La costruzione di una cultura di rispetto della donna passa soltanto attraverso campagne di sensibilizzazione sociale, che contrastano anche ogni tentativo di strumentalizzazione e di cattiva informazione di una materia così delicata, che investe la vita di migliaia di persone.
Si tratta, però, di una risoluzione, la “1607”, che non ha valore «vincolante» per gli Stati membri. L’assemblea, che raccoglie i parlamentari di 47 Paesi europei in rappresentanza di 800 milioni di europei, l’ha approvata con 102 voti a 69 dopo un dibattito di 4 ore e l’esame di 72 emendamenti.
Secondo il Vaticano, però, la donna non dovrebbe abortire. Il «diritto all’aborto è un falso diritto», attacca l’Osservatore romano, in un articolo di prima pagina firmato da mons. Elio Sgreccia, presidente della Pontificia accademia per la vita. Per Sgreccia non si deve garantire alle donne «il diritto effettivamente d’accesso all’aborto sicuro e legale». La risoluzione sull’aborto del Consiglio d’Europa contiene «un’affermazione contraria ai diritti umani». Quell’atto è, a suo parere, un «pericoloso precedente in quanto introduce per la prima volta in un documento internazionale un nuovo diritto, quello di aborto legale e senza rischi per la salute».
* l’Unità, Pubblicato il: 26.04.08, Modificato il: 27.04.08 alle ore 14.42