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ITALIA. La Legge dei nostri Padri e delle nostre Madri Costituenti ....

PERICLE E ALCIBIADE: I RAGIONEVOLI, I FANATICI E LA COSTITUZIONE. I PRINCIPI, I VALORI, E LA LEGGE 194. Una riflessione di Gustavo Zagrebelsky

sabato 1 marzo 2008 di Federico La Sala
[...] C’è un dialogo classico tra Alcibiade e Pericle, riferito da Senofonte, che ci fa pensare. Il discepolo chiede al maestro, semplicemente: che cosa è la legge? Pericle risponde: ciò che l’assemblea ha deciso e messo per iscritto. Anche la sopraffazione, decisa e messa per iscritto? No, questa non sarebbe legge. È legge solo quella che riesce a “persuadere” tutti quanti, il resto è solo violenza in forma legale. Chi professa valori assoluti non si propone di persuadere ma (...)

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> PERICLE E ALCIBIADE: I RAGIONEVOLI, I FANATICI E LA COSTITUZIONE. I PRINCIPI, I VALORI, E LA LEGGE 194. ---- il diritto per difendersi dalla legge della giungla e il Cavaliere dell’Italia ingiusta (di Antonio Padellaro).

sabato 1 marzo 2008

Il Cavaliere dell’Italia ingiusta

di Antonio Padellaro *

Il figlio del capo di Cosa nostra, boss mafioso anch’egli scarcerato per decorrenza dei termini grazie a una burocrazia lenta e indifferente. La lista dei superevasori nascosti nel paradiso fiscale del Liechtenstein della cui reale identità forse non sapremo mai. Gli arbitraggi del calcio accusati di favorire sempre le società più potenti a scapito delle piccole. Sono tre titoli di stretta attualità che hanno in comune la stessa parola chiave. Ingiustizia. Che nel suo significato più ampio è qualcosa di più e diverso del contrario della parola giustizia, declinabile in molteplici modi. Non la mitica divinità provvista di equanime bilancia rappresentata nelle aule di tribunale o il potere dello Stato depositario del relativo esercizio, perché appartengono a una dimensione troppo elevata rispetto alle umane debolezze. E anche la giustizia come valore etico sociale in base al quale si riconoscono e si rispettano i diritti altrui come si vorrebbe fossero riconosciuti e rispettati i nostri resta un concetto nobile ma purtroppo astratto.

Di ben altro vocabolario avremmo bisogno per orientarci dentro la nuvola nera di risentimento, rabbia e cattivo umore che ci sentiamo gravare addosso soprattutto come italiani. Ingiustizia che è sì mancanza di giustizia ma nelle sue accezioni più minacciose e accidentate. Sopruso. Torto. Arbitrio. Prepotenza. Prevaricazione. Non sono forse sentimenti che frequentiamo ogni giorno, cattive compagnie che ci tirano fuori il peggio?

Gli uomini, ci è stato insegnato, hanno creato il diritto per difendersi dalla legge della giungla.

Per dissuadere attraverso pene e sanzioni adeguatamente severe l’agire dei violenti e dei disonesti. Poi un giorno un magistrato ti spiega che assassini, ladri, bancarottieri, mafiosi, più la fanno grossa, meglio è. Ammazzi la moglie? Con 5 anni te la cavi. Rubi miliardi? Prescrizione assicurata. La legge e i suoi cavilli sono dalla tua. Intanto in prigione ci vanno gli altri, tossicodipendenti e immigrati. Alla fine la stragrande maggioranza dei delitti resta impunita. Parola di Bruno Tinti, giudice e autore di «Toghe rotte» che è già un best-seller. Esagerazioni? Non si direbbe a vedere il giovane Giuseppe Salvatore Riina jr. mentre con un sorrisetto varca il portone del carcere di massima sicurezza di Sulmona. Sì, massima sicurezza. Ecco però che il ministro della Giustizia Scotti chiede molto tardive informazioni. E quello dell’Interno Amato assicura che pur di fronte a un fatto così grave le forze dell’ordine non si scoraggiano. Caute circonlocuzioni che rendono ancora più evidente lo stato d’animo dei funzionari di polizia e degli agenti che incastrarono il figlio di cotanto padre facendolo condannare a 14 anni e 6 mesi per estorsione e associazione mafiosa. Cosa penseranno nel vederlo oggi mostrarsi al mondo e agli amici degli amici di Corleone con il giubbotto moncler e il maglioncino rosa? Immagine che certamente non farà che avvalorare l’amara convinzione ormai radicata nel senso comune del paese. Che ormai in galera ci va soltanto chi è troppo povero o chi è troppo fesso. Come ben sa l’uomo delle leggi ad personam.

Chi paga le tasse invece è soltanto un fesso. Come non pensarlo mentre Berlusconi declama il suo eterno programma di sperperi. Musica per le orecchie degli evasori di cielo di terra e di mare resi di nuovo liberi, se egli tornerà al governo, «dall’atmosfera di minaccia e di terrore che Prodi e Visco hanno introdotto nel nostro Paese». Prendere nota: minaccia e terrore il semplice rispetto della legge. Lui che ha massacrato i conti pubblici si permette di insultare il governo del risanamento e della ritrovata credibilità in Europa. Se torna questa gente aspettiamoci che i furbi e i furbetti di Vaduz vengano additati a pubblico esempio e insigniti di cavalierati al merito. Di lotta all’evasione non se ne sentirà più parlare e nella testa delle giovani generazioni si inculcherà l’idea che i contribuenti onesti sono dei poveracci, dei deboli che il fisco fa bene a tartassare.

In un libro di recente pubblicazione, «Governare il mercato», Vincenzo Visco ha elencato i nemici di quell’Italia che il centrosinistra ha faticosamente rimesso in piedi. «L’incultura, la prepotenza, la ricchezza ostentata e di dubbia provenienza, la malavita, soprattutto quella in guanti bianchi, l’ignoranza, la volgarità, la disonestà intellettuale, l’evasione fiscale, l’assistenzialismo, la prevaricazione dei deboli, l’inconsapevolezza dei bisogni, la manipolazione delle masse, l’informazione addomesticata, il fascismo di ritorno, che invece dei manganelli e dell’olio di ricino usa l’attacco personale, le campagne mediatiche, le falsità costruite ad arte».

Veltroni ha ragione quando condanna la politica dell’odio e della divisione. Ma non può non tener conto dei danni che provoca un senso di ingiustizia diffuso e non placato. Certo non è giusto che ogni auto blu che passa per strada scateni scatti di antipolitica. O che ogni fuorigioco non fischiato allo stadio sia un complotto. Sono i riflessi condizionati di un paese abituato a pensar male per frustrazione, a cui occorre restituire il senso di una netta e rigorosa demarcazione tra il giusto e l’ingiusto, l’onesto e il disonesto. Se no il rischio è di assopirci tutti quanti, tra un taglio dell’Ici e un condono, nella misera rassegnazione del così fan tutti. E di domandarci una mattina: ma il conflitto d’interessi cos’era?

* l’Unità, Pubblicato il: 01.03.08, Modificato il: 01.03.08 alle ore 14.22


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