Lager, crimine di gente comune
La vita di un medico nazista viene alla luce nel racconto di una nipote che descrive l’orrore di cui si macchiò lo zio
La «trasfigurazione» da persona perbene in mostro capace di eliminare i malati incurabili nel castello di Hartheim, dove morirono 18mila pazienti. «Pensavo che l’eutanasia fosse un beneficio per loro»
di ANTONIO AIRÒ (Avvenire, 29.03.2008)
«Una semplice casalinga cinquantenne», così si definisce Mireille HorsingaRenno. Le atrocità del nazismo restavano sempre per lei inaccettabili e indimenticabili, ma in un certo senso erano ormai lontane dalla sua normale vita quotidiana. Nello scartabellare un foglio ingiallito, strappato da un quaderno, scopre un ’banale’ albero genealogico che le rivela l’esistenza, fino ad allora ignota, di un lontano parente, Georg Renno, un medico, la cui carriera si era dipanata negli anni del III Reich di Hitler. Anche questo parente era stato certamente un nazionalsocialista come milioni di tedeschi in quei tragici anni. Forse più fervente di altri, ma questo elemento non cancellava il desiderio della donna di ritrovare le sue radici «per poterle un giorno trasmettere ai miei figli». Vuole saperne di più su Georg Renno, col quale era riuscita finalmente a mettersi in contatto, con una insistente, ostinata ricerca.
Quando nel luglio del 1981, Mireille Renno incontra a Bockenheim, un Comune della Renania, il medico (che le chiede subito di chiamarlo Onkel Georg, cioè zio) conosce e apprezza un interlocutore intelligente, colto, cortese, generoso, un esperto melomane, un eccellente flautista. «Georg era inesauribile di qualsiasi cosa si parlasse, aveva conoscenze in tutti i campi e affascinava il suo uditorio. Che conversatore brillante». Il rapporto tra i due si interruppe bruscamente quando questo uomo di gran classe, di cultura ed eleganza rare, dichiarò con naturalezza, senza alcun rimorso che «le camere a gas non sono mai esistite... è propaganda americana», Mireille, scopre che lo ’zio’ è un nazista convinto per il quale le inumane crudeltà del regime di Hitler non erano in fondo che «una ragionevole strage». «Avevo davanti a me - scrive con sorpresa e sgomento la donna - due personaggi diversi, riuniti in una sola persona. Quello che conoscevo e quello che era stato una volta».
Da questi incontri deriva una sorta di ossessione che spinge Mireille Renno a ricercare senza sosta la verità, anche quella più dolorosa e incredibile. «Avevo solo scoperto uno scheletro nell’armadio della mia famiglia». La lettura di un libro del 1993 aggiunge un altro crudele tassello. Informa che «un certo dottor Renno» era direttore responsabile di uno stabilimento di sterminio di malati ’incurabili’ nel castello di Hartheim a pochi chilometri da Mathausen, uno dei lager più tristemente noti. Era proprio lo zio Georg che si presentava a lei. Nel castello, questi anziché cercare di conservare la vita ai malati mentali ( e talvolta erano solo degli alcolisti) era diventato un consapevole e non pentito ’dottore della morte. «Pensavo che l’eutanasia fosse un beneficio per il malato...» avrebbe affermato quando negli anni 60 fu processato, ma senza alcuna conseguenza tanto che morì tranquillamente nella sua bella abitazione nel 1997.
La scoperta dei crimini del dottor Renno consentono a Mireille di compiere un viaggio nell’inferno di uno sterminio di massa (altro che ’ragionevole’) che aveva ad Hartheim uno dei più efficienti centri di eutanasia. Qui venne messa a punto una tecnica in un mix di organizzazione, rendimento, rapidità di esecuzione, che sarebbe stata presa a modello nei lager della Polonia e della Slesia. In questi centri, in base alla disposizione T4 di Hitler del 1939, già nell’agosto del 1941 si era registrata, con meticolosità tedesca, l’uccisione di oltre 70.000 essere umani, dei quali ben 18 mila proprio a Hartheim.
Dalla stazione di Linz, i malati ’incurabili’ (e quindi non produttivi) venivano quasi quotidianamente trasferiti su pullman con i vetri oscurati e condotti al castello. Qui erano spogliati, fotografati, gassati e quindi cremati. «Neanche un’ora dopo il loro arrivo sono passati tutti nella camera a gas», annota la Renno. E talvolta il sadismo si aggiungeva a questa barbarie continua che non risparmiava nemmeno i bambini (e prevedeva anche il prelievo del cervello dei morti per consentire esperimenti scientifici). Così ad Hartheim si ospitavano i gerarchi nazisti per farli assistere alle dimostrazioni di gasaggio; e il dottor Renno partecipava alle riprese di un film di propaganda sull’eutanasia mentre il comandante del lager promuoveva feste crudeli tra le mura del castello.
Con uno stile asciutto, in pagine dove la scoperta della vera natura dello ’zio’ Georg si alterna alla documentazione di questo sterminio di massa, la Renno coinvolge il lettore in un viaggio nel peggiore inferno che si possa immaginare. Un viaggio che si conclude con una certa amarezza: «dovevo accettare l’idea che non avrei mai saputo che cosa aveva condotto Onkel Georg a collaborare con l’orrore nazista».
Mireille Horsinga-Renno
UNA RAGIONEVOLE STRAGE
Lindau. Pagine 206. Euro 15