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Europa....

L’ITALIA E L’ATTACCO DI COGLIONERIA. Una lettera del 2006 - di Federico La Sala

Il leader del Pdl spiega che «allora le mie parole furono travisate, e io fui costretto a correggerle.».
lunedì 14 aprile 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Le macchine da guerra mediatica funzionano a pieno regime. Altro che follia!: è logica di devastazione e presa del potere. La regola di funzionamento è l’antinomia politico-istituzionale del mentitore ("io mento"). Per posizione oggettiva e formale, non tanto e solo per coscienza personale, chi sta agendo attualmente da Presidente del Consiglio della nostra Repubblica non può non agire che così: dire e contraddire nello stesso tempo, confondere tutte le ’carte’ e ’giocare’ a tutti i (...)

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> L’ITALIA E L’ATTACCO DI COGLIONERIA. ....MADE IN ITALY. Il fatto è che ancora una volta assistiamo a una classe politica e a una classe dirigente che non hanno voluto o non sono state in grado di vedere per tempo il degrado che avanzava, di cogliere i segnali del malaffare che si allargava. Salvo intervenire, poi, in maniera maldestra e inappropriata. O inopportuna. Persino controproducente (di Teodoro Chairelli).

venerdì 4 aprile 2008

Made in Italy

di TEODORO CHIARELLI (La Stampa, 4/4/2008).

Vino e aerei. E, prima, mozzarelle e spazzatura. Binomi impensabili, accostamenti indigesti. Purtroppo, solo a prima vista. Ad accomunare vicende diverse, ma tutte ugualmente emblematiche, è il pesante riflesso che ognuna ha sul «made in Italy», su quel complesso e inimitabile intreccio fra saper fare, stile di vita, intrapresa e gusto che ha sempre caratterizzato nel mondo il nostro Paese.

La vergognosa gestione della monnezza napoletana, oltre a coprirci di ridicolo dall’Europa agli Stati Uniti, ha finito per compromettere, col suo contorno di inquinamento della catena alimentare, un prodotto tipico e apprezzato anche in Giappone e Corea come la mozzarella di bufala.

I nuovi scandali del vino (la presunta truffa del Brunello di Montalcino «impuro» e la ben più grave vicenda dei 70 milioni di litri di intruglio a base di fertilizzanti, acidi e acqua) si abbattono come una clava su un settore simbolo dell’Italia. Un settore che ha impiegato lunghi anni a farsi perdonare e a far dimenticare lo storia del metanolo. Un lavoro lungo e certosino per affermare nel mondo prodotti di qualità, capaci di competere con i vini francesi, soprattutto, ma anche con gli emergenti cileni, spagnoli, americani. Tutto questo rischia ora di essere messo in crisi, spazzato via, da un manipolo di malviventi avvelenatori. Comprensibile lo stupore e la rabbia registrati al Vinitaly di Verona dove il meglio dell’impresa enologica nazionale mette in mostra i suoi gioielli. Facile dire: «Poche mele marce, non bisogna fare di un’erba un fascio», quando i buoi sono già scappati dalla stalla.

Il fatto è che ancora una volta assistiamo a una classe politica e a una classe dirigente che non hanno voluto o non sono state in grado di vedere per tempo il degrado che avanzava, di cogliere i segnali del malaffare che si allargava. Salvo intervenire, poi, in maniera maldestra e inappropriata. O inopportuna. Persino controproducente. Come nel caso dell’Alitalia. La compagnia di bandiera, uno dei simboli dell’«Italian way of life» nel mondo, negli ultimi quindici anni ha subito un progressivo saccheggio da parte di manager incapaci, sindacati incoscienti e politici rapaci, garantendo stipendi e condizioni contrattuali fuori mercato a piloti e assistenti di volo, «tanto l’Alitalia è dello Stato, mica può fallire». Errore. Il film (telenovela?) al quale stiamo assistendo in questi giorni drammatici ha un finale che va proprio in questa direzione.

A forza di tirare, la corda si è spezzata. E anche l’ultima possibilità di salvezza dell’ormai sgangherata compagnia sembra svanire. A meno di un passo indietro della politica pasticciona - che non poco ha contribuito ad affossare la trattativa con Air France - e della giungla sindacale oltranzista e inconcludente. Il presidente dimissionario di Alitalia, Maurizio Prato, ha detto che ci vorrebbe un esorcista. Un ruolo che si addice a Enrico Letta? Chissà. E in fondo Jean-Cyril Spinetta è uno che non molla, uno a cui non piace perdere. Per il volo della salvezza siamo veramente all’ultima chiamata.


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