Ansa» 2008-04-20 14:02
STUPRO, LA MAMMA DELLA STUDENTESSA: MAI PIÙ IN ITALIA
"Mai più in Italia". Sono le parole, pronunciate in inglese, dalla madre della ragazza africana, che questa mattina ha fatto visita alla figlia ricoverata nell’ospedale San Filippo Neri. La donna, dall’atteggiamento riservato e discreto, è uscita dalla stanza del reparto di chirurgia d’urgenza dopo circa due ore. Al termine dell’orario di visita la madre della studentessa si è diretta verso la fermata del treno regionale Roma-Viterbo per fare ritorno a casa, nel quartiere Olgiata. A far visita alla ragazza anche un’amica, anche lei africana, che ha commentato: "Sarebbe potuto accadere anche a me".
ROMENO CON PRECEDENTI MA MAI AGGRESSIONI
Giovedì notte Joan Rus, 37 anni, il cittadino romeno accusato di aver accoltellato e violentato una studentessa africana a Roma, ha fatto quello che nella criminalità comune viene chiamato "salto di qualità". Ha agito per la prima volta armato e con una violenza spropositata. Il ritratto del romeno, ora in carcere con l’accusa di tentato omicidio, sequestro di persona e violenza sessuale, viene tracciato in queste ore dagli investigatori dei carabinieri di Roma, ai quali sono arrivati tramite il consolato romeno i precedenti penali di Joan Rus: alcuni furti e la permanenza in carcere per tre volte, sempre in Romania. Non ha mai agito armato, sempre secondo le autorità romene, e non ha mai aggredito persone. E’ ancora da chiarire quando l’uomo sia arrivato in Italia visto che, della lingua italiana conosce sì e no tre o quattro parole. Giovedì notte però la violenza e la rabbia lo hanno spinto a fare quello che non aveva ancora commesso, usare la violenza in un paese, l’Italia, dove, hanno stabilito gli investigatori anche attraverso l’esame delle impronte digitali, non aveva ancora mai avuto problemi con la giustizia.
Era comunque armato e il coltello adesso, trovato dagli investigatori subito dopo l’aggressione alla studentessa africana del Lesotho, si trova nei laboratori della scientifica dei carabinieri e diventerà oggetto centrale del futuro dibattimento contro Joan Rus. Quello che i carabinieri vogliono adesso accertare è se il cittadino romeno, che dal momento dell’arresto non ha più detto una parola chiudendosi in un totale silenzio, frequentasse la stazione ferroviaria de La Storta o altri luoghi, per commettere furti e rapine. A questo proposito i carabinieri stanno analizzando le denunce di questo tipo fatte negli ultimi mesi per capire se il romeno possa essere stato coinvolto in episodi ancora sconosciuti. Quello che gli investigatori escludono è che comunque l’uomo abbia agito sotto l’effetto di alcol o droga. Resta poi ancora da individuare in quale delle baracche disseminate attorno alle campagne della via Cassia abbia vissuto fino a giovedì notte. I testimoni connazionali finora ascoltati dai carabinieri non sono stati di grande aiuto. La studentessa trentunenne aggredita e poi ricoverata all’ospedale San Filippo Neri ha passato una notte più tranquilla in ospedale e le sue condizioni continuano a migliorare. Anche questa mattina aveva accanto la madre ed alcune connazionali che studiano all’università La Sapienza e, per il momento, gli investigatori dell’Arma, avendo comunque concluso l’attività investigativa, non hanno intenzione di riascoltarla. Preferiscono farle superare la choc e il ricordo della terribile avventura circondata solo dai suoi familiari.
PER RUS IPOTESI GIUDIZIO IMMEDIATO
Per Joan Rus si profila una richiesta di giudizio immediato. In ambienti investigativi si sottolinea che non sussistono dubbi sulla responsabilità del cittadino straniero e se gli ulteriori accertamenti tecnici dovessero rafforzare il quadro accusatorio il pubblico ministero Erminio Amelio, titolare degli accertamenti, potrebbe optare per la soluzione di un processo in tempi rapidi, così come è accaduto già per Nicolae Mailat, l’assassino di Giovanna Reggiani. Il magistrato, che nei prossimi giorni andrà nel carcere di Regina Coeli per interrogare Rus, ha già affidato ai carabinieri del Ris l’incarico di esaminare gli abiti dell’aggressore e della vittima affinché siano identificate le tracce biologiche presenti. Allo stesso tempo sono in corso esami anche sul coltello intriso di sangue che il romeno impugnava ancora quando è stato arrestato.
Ha sbagliato fermata del treno che da circa un mese prendeva tutti i giorni, è scesa ad una fermata precedente ed ha trovato violenza e rabbia. Improvvisamente nel giro di pochi istanti una studentessa universitaria africana, di 31 anni, proveniente dal Lesotho, è stata aggredita, accoltellata e violentata, in una zona di campagna, da un romeno, arrestato subito dopo dai carabinieri, avvertiti da due persone che avevano assistito alla scena.
Teatro di un’altra storia di violenza e degrado è ancora una volta una stazione ferroviaria di Roma, quella della Storta sulla via Cassia, nella periferia così come successe ad ottobre per Francesca Reggiani, aggredita, rapinata e uccisa sempre da un romeno all’uscita della stazione di Tor di Quinto, nello stesso quadrante della città. "Un angosciante copione che sembra ricalcare l’aggressione di Tor di Quinto", dice oggi un investigatore dei carabinieri e le modalità di quanto avvenuto nella tarda serata di giovedì a Roma sembrano confermarlo. Per un giorno intero i carabinieri hanno cercato di non far trapelare la notizia per avere un quadro investigativo "chiaro e senza sbavature".
Hanno voluto appurare se Joan Rus, 37 anni, avesse agito da solo o con un complice. Il romeno ha fatto tutto da solo. Ha visto la giovane studentessa, laureata, che frequenta un master in economia nella facoltà di scienze politiche alla Sapienza, a Roma da pochi mesi, figlia di un funzionario dell’ambasciata del Lesotho, l’ ha avvicinata, strattonata per portarla con sé nelle campagne circostanti. Al primo tentativo di reazione della vittima, l’ha ferita con una coltellata all’addome e l’ha trascinata via tappandole la bocca. Questa violenza gli è stata fatale perché il romeno è stato notato da due passeggeri che hanno fermato una pattuglia di carabinieri che passava nella zona per alcuni controlli. Le ricerche sono state tempestive e immediate. La vittima e l’aggressore sono stati trovati in un luogo appartato che circonda la stazione. Lui arrestato, lei è stata portata di corsa in ospedale. La giovane è fuori pericolo, è ricoverata nel reparto di chirurgia d’urgenza dell’ospedale San Filippo Neri, e secondo quanto accertato dai medici oltre al taglio all’addome aveva evidenti segni di violenza sessuale.
La donna in nottata è stata operata e la ferita non ha interessato organi interni. Ancora scossa e ancora incapace di credere a quello che le era successo, commossa, oggi ha detto che "vorrei incontrare quei due angeli, quelle due persone che hanno chiamato i carabinieri e mi hanno salvato. Sono degli angeli e vorrei incontrarli. Voglio continuare i miei studi qui a Roma". L’aggressore ora è nel carcere di Regina Coeli. Dovrà rispondere di tentato omicidio, violenza sessuale e sequestro di persona. Proprio oggi, anche sulla scorta delle indagini dei carabinieri che hanno anche trovato il coltello insanguinato, il gip Andrea Bardaro, ha convalidato l’arresto ed emesso l’ordinanza di custodia in carcere. Resta ora da stabilire, ha spiegato ancora un investigatore se il romeno, che abitava nelle baracche abusive disseminate nelle campagne attorno alla stazione, abbia dato generalità vere.
Al momento dell’arresto l’uomo non aveva documenti e risulta in Italia senza lavoro e senza fissa dimora. Sembra non abbia precedenti ma particolari più concreti sulla vita di Joan Rus potranno arrivare soltanto al termine di uno scambio di informazioni tra gli investigatori italiani, il consolato romeno e la polizia locale alla quale i carabinieri hanno fornito copia delle impronte digitali dell’uomo. Era uno dei tanti romeni, e non solo, che ruotano attorno alle stazioni ferroviarie, dice un investigatore, uno dei tanti, dicono anche alcuni passeggeri della linea regionale Roma-Viterbo, che ogni sera spaventano i passeggeri.
E adesso tutti dicono, così come accadde per la vicenda Reggiani. che quella stazione era "buia e pericolosa".