FIERA DEL LIBRO
Torino, è il giorno della protesta:
alla Fiera la marcia contro Israele
Città blindata e serrande abbassate
per il corteo a favore della Palestina.
.Attese in piazza circa 7mila persone. .Berlusconi: sono lo 0,00% dell’Italia
di MARCO NEIROTTI (La Stampa, 10/5/2008)
TORINO.Porta Nuova è sempre la solita. La Stazione monumentale, il viavai del lavoro e quello degli affari più o meno limpidi, delle mani leste, di fronte i portici di via Nizza con la loro umanità varia. Da qui al Lingotto ci sono più o meno otto chilometri. Ma non lo si respira, è lontano. Ieri pomeriggio e sera, nella routine di qui, non passavano le polemiche sullo Stato di Israele alla Fiera del Libro. Incamminarsi verso l’antica fabbrica è anticipare un viaggio nella Torino un po’ infastidita e un po’ ironica, un po’ preoccupata e un po’ sabaudamente distaccata per il corteo di oggi.
Non partiranno da Porta Nuova i settemila (secondo i commercianti, ma più probabilmente tre o quattromila). Partiranno da corso Marconi. C’è già qui la prima ironia: ci si incammina dai due palazzi simbolo della «testa» della Fiat, i due centri di comando ora deserti, destinati secondo i progetti, alla Regione, alla Sanità. Ora sono una memoria e la destinazione - ideale perché chiusa dalle forze dell’ordine - è il Lingotto, l’archeologia industriale, la fabbrica con la pista di prova sul tetto, ora centro di fiere e sede del cervello Fiat, con l’ufficio del vecchio senatore Agnelli tornato a pulsare.
Quella della vigilia è una passeggiata tra torinesi che considerano le manifestazioni una scadenza da pagare che incrina un po’ la serenità. Anzi, liquidano il corteo come una brutta escrescenza che ogni tanto spunta e s’infiamma. Certo, le apprensioni ci sono. Basta andare al bar davanti ai due edifici abbandonati di corso Marconi: «Va detto che partendo da qui, da un gran cantiere, hanno un’armeria a disposizione, lì trovano di tutto, spranghe e ogni oggetto utile». Reazione: «Chiudiamo un po’ prima e apriamo quando se ne sono andati».
Appena partiti, i manifestanti svolteranno a destra, via Madama Cristina. E’ la lunga strada commerciale, con le fermate dei mezzi pubblici in mezzo alla carreggiata. Alimentari, acconciature, tabacchi, supermercati, un teatro. E poi quelli che sarebbero gli obiettivi sensibili. Alle spalle della partenza c’è la sinagoga, ancora ieri protetta da una sola pattuglia. Avanti per il percorso: banche, un’agenzia di viaggi, ma oggi chiuse comunque, al di là del corteo. Le oreficerie: «Abbasseremo le saracinesche per qualche ora. Ogni tanto capita».
Più avanti, via Genova, quella che sta tra il Lingotto e il fiume e porta verso la cintura, è la stessa cosa. Ma qui le blindature di negozi, vetrine, portoni si allargheranno a raggera. Perché qui è dove si rischia la bravata di sfondare i blocchi e raggiungere questo palazzo, questo simbolo operaio ora simbolo di cultura che dovrebbe essere pace. Qui si teme uno scontro che generi la dispersione tra le vie di gente «disordinata e senza un perché». Il presidente dei commercianti di via Madama Cristina, Claudio Albera, getta acqua sulle fiamme della paura: «Non è la prima volta che vediamo sfilate di questo tipo, a volte violente e sfuggenti. Non capisco come non abbiano voluto studiare un itinerario alternativo, scegliendo invece una via di commercio proprio il sabato pomeriggio».
In panetteria sembrano informatissimi: «Chiuderemo, certamente.. Lei capirà, arrivano settemila persone armate di spranghe». Dicono che saranno meno, signora. «Non si può mai dire. Ma l’assurdo è che quelli se non riescono a fare quello che gli pare si sfogano con noi». I residenti di via Genova pensano a dove andare a piazzare le auto. Pur continuando a dire che sono «pustole impazzite», più coloriti di Silvio Berlusconi che invece parla di «frange assurde, irrilevanti, che fanno trambusto ma rappresentano lo 0,00 del popolo italiano, che è il più vicino a Israele».
Chi di un corteo fa le spese maggiori è proprio la Fiera, che fino a ieri aveva registrato un calo di presenze del due per cento. E tutto ciò è surreale. Là dentro c’è un clima tranquillo, da famiglie, scuole, coppiette, dibattiti, panini, bibite, libri e libri e libri. Il Lingotto, che sarà lambito dalla protesta, come Porta Nuova, dove arriveranno i contestatori di fuori. Estranei e sereni nei loro universi.