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Costituzione. Memoria della Liberazione e Legge dei nostri Padri e delle Madri Costituenti ....

TORINO, FIERA DEL LIBRO 2008. L’ITALIA, LE LEGGI RAZZIALI DEL 1938, E UNA CUPA SINDROME DI IMBARBARIMENTO E REGRESSIONE. Una riflessione di Adriano Prosperi - a cura di Federico La Sala

martedì 6 maggio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] per l’Italia in particolare si tratta di fare i conti una volta per tutte, in modo aperto e senza le consuete facili auto-assoluzioni, con una grande tragedia rimossa della nostra storia. Si pone per questo nostro Paese, dove una maggioranza di destra ha appena ammesso (un po’ a denti stretti, ma tant’è) il valore fondante della Liberazione antifascista del 25 aprile 1945, il problema di capire quale deposito nascosto di violenza, quale profondo, inconsapevole ma non incolpevole fondo (...)

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> TORINO, FIERA DEL LIBRO 2008. L’ITALIA, LE LEGGI RAZZIALI DEL 1938, E UNA CUPA SINDROME DI IMBARBARIMENTO E REGRESSIONE. ---- Torino, è il giorno della protesta: alla Fiera la marcia contro Israele.

sabato 10 maggio 2008

FIERA DEL LIBRO

-  Torino, è il giorno della protesta:
-  alla Fiera la marcia contro Israele

-  Città blindata e serrande abbassate
-  per il corteo a favore della Palestina.

.Attese in piazza circa 7mila persone. .Berlusconi: sono lo 0,00% dell’Italia

di MARCO NEIROTTI (La Stampa, 10/5/2008)

TORINO.Porta Nuova è sempre la solita. La Stazione monumentale, il viavai del lavoro e quello degli affari più o meno limpidi, delle mani leste, di fronte i portici di via Nizza con la loro umanità varia. Da qui al Lingotto ci sono più o meno otto chilometri. Ma non lo si respira, è lontano. Ieri pomeriggio e sera, nella routine di qui, non passavano le polemiche sullo Stato di Israele alla Fiera del Libro. Incamminarsi verso l’antica fabbrica è anticipare un viaggio nella Torino un po’ infastidita e un po’ ironica, un po’ preoccupata e un po’ sabaudamente distaccata per il corteo di oggi.

Non partiranno da Porta Nuova i settemila (secondo i commercianti, ma più probabilmente tre o quattromila). Partiranno da corso Marconi. C’è già qui la prima ironia: ci si incammina dai due palazzi simbolo della «testa» della Fiat, i due centri di comando ora deserti, destinati secondo i progetti, alla Regione, alla Sanità. Ora sono una memoria e la destinazione - ideale perché chiusa dalle forze dell’ordine - è il Lingotto, l’archeologia industriale, la fabbrica con la pista di prova sul tetto, ora centro di fiere e sede del cervello Fiat, con l’ufficio del vecchio senatore Agnelli tornato a pulsare.

Quella della vigilia è una passeggiata tra torinesi che considerano le manifestazioni una scadenza da pagare che incrina un po’ la serenità. Anzi, liquidano il corteo come una brutta escrescenza che ogni tanto spunta e s’infiamma. Certo, le apprensioni ci sono. Basta andare al bar davanti ai due edifici abbandonati di corso Marconi: «Va detto che partendo da qui, da un gran cantiere, hanno un’armeria a disposizione, lì trovano di tutto, spranghe e ogni oggetto utile». Reazione: «Chiudiamo un po’ prima e apriamo quando se ne sono andati».

Appena partiti, i manifestanti svolteranno a destra, via Madama Cristina. E’ la lunga strada commerciale, con le fermate dei mezzi pubblici in mezzo alla carreggiata. Alimentari, acconciature, tabacchi, supermercati, un teatro. E poi quelli che sarebbero gli obiettivi sensibili. Alle spalle della partenza c’è la sinagoga, ancora ieri protetta da una sola pattuglia. Avanti per il percorso: banche, un’agenzia di viaggi, ma oggi chiuse comunque, al di là del corteo. Le oreficerie: «Abbasseremo le saracinesche per qualche ora. Ogni tanto capita».

Più avanti, via Genova, quella che sta tra il Lingotto e il fiume e porta verso la cintura, è la stessa cosa. Ma qui le blindature di negozi, vetrine, portoni si allargheranno a raggera. Perché qui è dove si rischia la bravata di sfondare i blocchi e raggiungere questo palazzo, questo simbolo operaio ora simbolo di cultura che dovrebbe essere pace. Qui si teme uno scontro che generi la dispersione tra le vie di gente «disordinata e senza un perché». Il presidente dei commercianti di via Madama Cristina, Claudio Albera, getta acqua sulle fiamme della paura: «Non è la prima volta che vediamo sfilate di questo tipo, a volte violente e sfuggenti. Non capisco come non abbiano voluto studiare un itinerario alternativo, scegliendo invece una via di commercio proprio il sabato pomeriggio».

In panetteria sembrano informatissimi: «Chiuderemo, certamente.. Lei capirà, arrivano settemila persone armate di spranghe». Dicono che saranno meno, signora. «Non si può mai dire. Ma l’assurdo è che quelli se non riescono a fare quello che gli pare si sfogano con noi». I residenti di via Genova pensano a dove andare a piazzare le auto. Pur continuando a dire che sono «pustole impazzite», più coloriti di Silvio Berlusconi che invece parla di «frange assurde, irrilevanti, che fanno trambusto ma rappresentano lo 0,00 del popolo italiano, che è il più vicino a Israele».

Chi di un corteo fa le spese maggiori è proprio la Fiera, che fino a ieri aveva registrato un calo di presenze del due per cento. E tutto ciò è surreale. Là dentro c’è un clima tranquillo, da famiglie, scuole, coppiette, dibattiti, panini, bibite, libri e libri e libri. Il Lingotto, che sarà lambito dalla protesta, come Porta Nuova, dove arriveranno i contestatori di fuori. Estranei e sereni nei loro universi.


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